CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA 05 APRILE 2013, N. 8419
Svolgimento del processo
Il Fallimento della P. s.r.l. in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di ………, depositata il 21 aprile 2005, che ha rigettato l’appello proposto dalla Curatela avverso la sentenza resa dal Tribunale di Treviso il 30.5.2001. Con tale sentenza era stata rigettata, per intervenuta prescrizione del diritto, la domanda di condanna proposta nel dicembre 1993 dal Fallimento nei confronti di (..) e (..) (poi rinunciata nei confronti di quest’ultimo), già co-amministratori della società fallita, al pagamento della somma complessiva di lire 185.903.565, corrispondente ad una parte cospicua dei ricavi della attività sociale, che parte attrice assumeva distratta, nel periodo 1979/1985, dalle casse sociali e confluita in un conto corrente bancario personale cointestato ai due amministratori, anziché nel conto corrente normalmente utilizzato dalla società. La Corte d’appello ha, in sintesi, condiviso i rilievi del Tribunale secondo cui il termine prescrizionale nella specie applicabile è quello quinquennale previsto dall’art. 2947 comma 1 cod.civ. a decorrere dalla commissione del fatto, irrilevante essendo nella specie la ricorrenza, nel fatto illecito stesso, anche degli estremi del reato di appropriazione indebita, per il quale il codice penale (art. 646) prevede una pena massima detentiva di tre anni e quindi un termine prescrizionale di cinque anni che coincide con quello previsto per l’azione civile dal citato comma 1 dell’art. 2947. Da tale coincidenza deriva infatti, secondo la Corte di ………, l’inapplicabilità nella specie del comma 3 del medesimo articolo, a prescindere quindi dalla data e dal contenuto del decreto del G.I.P. competente che aveva disposto l’archiviazione del procedimento penale nei confronti dell’A. per detto reato in quanto estinto per amnistia ai sensi del D.P.R. n. 75/1990. La Corte ha altresì confermato, ancorché correggendone in parte la motivazione, la statuizione di inammissibilità della diversa configurazione del fatto illecito de quo alla stregua del delitto di bancarotta ex artt. 216 e 223 L.Fall., formulata in memoria in corso di causa dal Fallimento, ritenendo trattarsi di mutamento della domanda in quanto avente ad oggetto uno dei presupposti di fatto assunti a fondamento della pretesa risarcitoria azionata.
Al ricorso resiste, con controricorso, l’intimato (..).Parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod.proc.civ.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è basato su tre motivi.
1.1. Con il primo si censura – sotto il profilo della falsa applicazione dell’art. 2947 cod.civ., o in subordine della omessa o insufficiente motivazione – l’individuazione del termine prescrizionale applicabile al reato corrispondente al fatto illecito dedotto con l’azione civile. Si sostiene che la Corte di merito, ritenendo il termine di prescrizione di tale reato equivalente a quello quinquennale stabilito per l’illecito civile dall’art. 2947 comma 1 c.c., ha implicitamente, ma erroneamente, fatto riferimento ad un reato di appropriazione indebita semplice, laddove invece, nel corso di questo giudizio civile, la Curatela aveva sempre allegato la sussistenza di due circostanze aggravanti, previste dall’art. 61 nn. 7 e 11 del codice penale, in considerazione delle quali la pena edittale superava i cinque anni, con conseguente prescrizione del reato – e quindi dell’illecito civile, a norma dell’art. 2947 comma 3 cod.civ. – in dieci anni, termine non ancora decorso al momento della notifica della citazione in primo grado. Aggiunge la Curatela ricorrente che comunque la applicabilità nel caso in esame, erroneamente esclusa dalla Corte di merito, del disposto dell’art. 2947 comma 3 cod.civ, deriva anche dalla configurabilità del fatto illecito di distrazione, dopo la declaratoria del fallimento, come bancarotta fraudolenta ex artt. 216 e 223 L.Fall., del quale sussistono tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, previsti dalla legge.
1.2. Con il secondo motivo viene sottoposta a censura, sotto il profilo della falsa applicazione degli artt. 184 e 189 cod.proc. civ. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla legge n. 353/1990), la ritenuta inammissibilità, in quanto domanda nuova in corso di causa, della prospettazione di una ulteriore tesi difensiva in diritto circa la configurabilità nei fatti di distrazione della ipotesi di reato prevista dagli artt. 216 e 223 L.Fall. Assume la Curatela che i fatti dedotti sin dall’inizio sono rimasti gli stessi, che non vi è stato alcun mutamento del peti tura o della causa petendi atteso che il riferimento alle norme penalistiche non ha mai integrato la causa della domanda ma si è reso necessario ai fini della individuazione del termine di prescrizione, a fronte della eccezione di prescrizione sollevata da controparte.
1.3. Con il terzo motivo, infine, viene denunciata la omessa o insufficiente motivazione sulla ritenuta superfluità delle considerazioni della Curatela appellante in ordine alla sussistenza di aggravanti del reato di appropriazione indebita, alla conseguente inapplicabilità della causa di estinzione di tale reato per amnistia, alla mancanza di prova di un provvedimento di archiviazione.
2. I primi due motivi – che, attesa la connessione, possono esaminarsi congiuntamente – sono fondati, avendo la Corte di merito errato nell’escludere l’applicabilità nella specie del disposto del comma terzo dell’art. 2947 cod.civ. e nel ritenere preclusa all’attore, per il divieto di mutamento della domanda previsto dagli artt. 184 e 189 c.p.c. (nel testo da applicare ratione temporis essendo la causa iniziata nel dicembre 1993), la nuova deduzione in corso di causa circa la ricorrenza, nell’ illecito civile già allegato quale causa petendi, degli elementi propri del reato di bancarotta fraudolenta, onde contrastare l’eccezione di prescrizione sollevata ex adverso.
2.1. Su quest’ultimo punto va invero osservato che, contrariamente a quanto argomentato nella sentenza impugnata, con la suddetta condotta processuale l’attore si è limitato a prospettare una nuova tesi difensiva in diritto, con una diversa qualificazione sotto il profilo penale – ai soli fini della determinazione del termine prescrizionale da applicare nella specie – del fatto illecito civile allegato in citazione. Se infatti si considera la originaria contestazione, da parte della Curatela, del fatto generatore della dedotta responsabilità civile (distrazione dalle casse sociali di una parte cospicua dei ricavi della attività sociale, confluita in un conto corrente bancario personale cointestato ai due amministratori, anziché nel conto corrente normalmente utilizzato dalla società), la qualificazione giuridica di tale condotta, sotto il profilo penalistico, in termini di bancarotta fraudolenta per distrazione anziché di (meno grave) appropriazione indebita di beni della società dipende essenzialmente dalla sopravvenuta dichiarazione di fallimento della società stessa (cfr. ex multis Cass.pen. n. 37298/10; n. 37567/03; n. 1605/1966), che nella specie è evidentemente incontroversa sin dall’inizio della causa. La Corte di merito ha dunque falsamente applicato la regola processuale del divieto di mutamento della domanda in corso di causa.
2.2. Ciò ha comportato la falsa applicazione anche dell’art. 2947 comma 3 cod.civ. La Corte di merito, infatti, assunto rettamente il presupposto di applicazione di tale disposizione – che cioè per il fatto dannoso de quo, considerato come reato, la legge penale stabilisca una prescrizione più lunga di quella del diritto al risarcimento (cfr. Sez.3 n. 5693/01) – ha poi omesso (per la insussistente preclusione anzidetta) di esaminare la ricorrenza nella specie di tale presupposto con riguardo alla prescrizione stabilita per il reato di bancarotta fraudolenta previsto dagli artt. 216-223 L.fall., che, a norma dell’art. 157 n. 2 cod.pen., è di quindici anni (in ragione della pena massima di dieci anni prevista dalla norma incriminatrice), ben superiore quindi alla prescrizione quinquennale stabilita per l’illecito civile dall’art. 2949 cod.civ.
3. La sentenza è pertanto cassata, restando assorbito il terzo motivo di ricorso, e la causa deve conseguentemente essere rinviata alla Corte territoriale, che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame attenendosi ai principi di diritto sopra esposti, regolando anche le spese di questo giudizio di cassazione.
PQM
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di ………, in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio di cassazione.
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