COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI ALESSANDRIA – SENTENZA DEL 2 APRILE 2013, N. 33/5/13
In fatto
La ricorrente X nonché i suoi soci (..) e (..), impugnavano tre diversi avvisi di accertamento relativi, i primi due, all’anno 2005 (notificati alla società ed ai soci ed impugnati da tutti separatamente) ed il terzo l’anno 2006 notificato alla sola società e per essa al suo socio accomandatario (..) (che impugnava nella qualità). Detti avvisi rettificavano il reddito ai fini delle imposte dirette e il volume d’affari ai fini della determinazione dell’Iva dovuta.
Lamentavano i ricorrenti la violazione del principio del contraddittorio nella fase precontenziosa e la violazione degli artt. 51 comma 2 n. 2 DPR 633/72 ed art. 32 comma 1 DPR 600/73 per aver omesso di redigere processo verbale delle richieste dell’Ufficio e delle risposte del contribuente. Lamentavano inoltre i ricorrenti una carenza di motivazione dell’atto impugnato, la violazione dei già citati artt. 51 DPR 633/72 e art. 32 DPR 600/73 per eccesso di potere ed infine la infondatezza, illegittimità ed arbitrarietà dell’atto in relazione alle contestazioni riguardanti le rimanenze iniziali, finali ed le irregolarità delle fatture contabilizzate in quanto generiche nella descrizione delle forniture e/o prestazioni cedute.
Chiedevano conseguentemente i ricorrenti in via preliminare dichiararsi la inesistenza o nullità degli atti singolarmente impugnati e nel merito declaratoria di nullità o illegittimità o infondatezza o gravosità dell’atto impugnato.
Si costituiva ritualmente l’Agenzia Entrate contestando compiutamente le eccezioni dei ricorrenti e chiedendo la reiezione dei ricorsi; depositava inoltre, prima dell’udienza di discussione, memoria illustrativa.
I ricorsi venivano riuniti stante la connessione soggettiva ed oggettiva. I ricorsi sono fondati e dovranno essere accolti per i seguenti motivi.
Anzitutto occorre esaminare la eccezione di carenza di legittimazione svolta dal socio (..) in ordine all’avviso ad esso notificato. Osserva questa Commissione che la circostanza relativa alla cancellazione della società del registro delle imprese giustifica la notifica dell’avviso ai soci che in base ai principi civilistici divengono rispettivamente illimitatamente responsabili gli accomandatari e responsabili limitatamente alla quota conferita gli accomandanti: è evidente che la pretesa tributaria nei confronti dell’accomandante soffrirà tale limitazione. L’eccezione è quindi infondata.
Quanto alla eccepita violazione del principio del contraddittorio nella fase precontenziosa e alla violazione degli artt. 51 comma 2 n. 2 DPR 633/72 ed art. 32 comma 1 DPR 600/73 per avere l’Ufficio omesso di redigere processo verbale delle richieste dell’Ufficio e delle risposte del contribuente si osserva come non vi sia obbligo per l’Amministrazione di redigere alcun processo verbale: l’Ufficio ha contestato alla parte la ritenuta irregolarità della documentazione fiscale chiedendo di visionare i documenti contabili; dall’esame degli stessi e della dichiarazione reddituale l’Ufficio, ritenendo applicabile l’art. 39 del DPR 600/73 provvedeva a notificare gli avvisi di accertamento. Anche questa eccezione è destituita di fondamento.
Sulla violazione degli artt. 51 DPR 633/72 e art. 32 DPR 600/73 per eccesso di potere si ribadisce quanto già osservato in relazione alla superiore eccezione. La richiesta di visionare i documenti, la richiesta di produzioni integrative al contribuente unitamente all’attivazione del procedimento per adesione richiesto dalla parte ha sicuramente adempiuto ad ogni onere di instaurazione di un corretto contraddittorio né di eccesso di potere potrà parlarsi rientrando nelle specifiche competenze dell’Agenzia il procedere a rettifiche la cui legittimità dovrà essere esaminata con le questioni di merito che infra verranno affrontate. Anche questo rilievo, quindi, non potrà essere accolto. Quanto alla rilevata carenza di motivazione dell’atto impugnato si rileva come l’avviso, sia pur succintamente, riporti tutti gli elementi che consentono al destinatario di conoscere il processo logico-giuridico che ha seguito l’Ufficio nel procedere ai rilievi ed al conseguente accertamento. Basti leggere la motivazione ove recita: “rettifica delle rimanenze iniziali. In mancanza degli elementi previsti dagli artt. 92, 93, 109 DPR 917/86 si ricupera il valore delle rimanenze …”. Quanto sopra unitamente alla premessa di fatto circa l’attività di indagine svolta fa ritenere adeguatamente e non contraddittoriamente motivato l’atto emesso dall’Ufficio, l’eccezione è infondata. Si esamina, infine, la questione relativa alla contestata infondatezza/illegittimità/arbitrarietà dell’atto. Non v’è dubbio che la contabilità tenuta dalla disciolta società abbia più di un aspetto irregolare: la stessa parte ricorrente da atto che uno dei due immobili acquistati dalla società ed indicato (almeno come ammontare) tra le rimanenze iniziali è stato venduto nel corso dell’anno 2005 ma è stato egualmente contabilizzato come rimanenza finale. Ed ancora le fatture costituenti passività non risultano tutte quietanzate. Tali fatti sono appunto indizio di non corretta tenuta della contabilità ma occorre esaminare partitamente le contestazioni dell’Ufficio.
La contestazione riguardante le rimanenze iniziali e finali può essere trattata unitariamente: nel modello unico 2005 sono state indicate rimanenze iniziali per €. 49.840,00 e le finali per €. 35.000,00. Il primo dato sarebbe secondo l’Ufficio erroneo in quanto avrebbe dovuto essere indicato in €. 50.370,00 mentre il secondo, sostiene la stessa parte ricorrente, avrebbe dovuto essere indicato in €. 9.570,00 (essendo stato alienato un cespite). Quanto alla differenza circa il dato relativo alle rimanenze iniziali, il cui importo è di €. 570,21, si rileva come la differenza, dovuta ad errore (quale che ne sia stata la causa), sia tutto sommato modesta e quindi non rilevante al punto da non ritenerlo attendibile. Diverso discorso riguarda il valore della rimanenza finale. Rettamente l’Ufficio non ha ritenuto attendibile tale dato ma, stante la incertezza circa la conoscenza dei dati analitici relativi (parte ricorrente afferma esser stati offerti in visione gli atti di acquisto e di aver “consegnato” le fatture relative ai costi notarili e relativi oneri mentre l’Ufficio sostiene il contrario) non pare invocabile la preclusione di cui all’art. 32 DPR 600/73. Se da un lato non si può tenere in considerazione la rimanenza finale per l’anno 2005 di €. 9.570,00 e conseguentemente riconoscere un più elevato componente negativo, stante la dichiarazione modello unico presentata dalla ricorrente e la impossibilità di questo giudice di deliberare ultra petita, non si può neppure (per le considerazioni sopra svolte) accedere a quanto sostenuto dell’Ufficio che non prendendo in considerazione gli elementi attivi e passivi ha azzerato le conseguenti passività. Dovrà, conseguentemente per l’annualità 2005, esser riconosciuto il componente negativo pari ad €. 14.840,00 risultante dalla dichiarazione. Per l’anno 2006 dovrà invece essere conteggiata una rimanenza iniziale di €. 9.750,00.
In ordine alle fatture. Non ritiene questa Commissione che la descrizione delle prestazioni contenute nelle fatture sia carente; la indicazione “lavori di ristrutturazione” o “messa in sicurezza di soletta” descrive indubbiamente il contenuto della prestazione fatturata; è vero che manca un contratto di appalto e segnatamente un capitolato ma occorre considerare che trattasi di interventi non particolarmente rilevanti, effettuati in favore di un soggetto (società con due soli soci che opera nel settore immobiliare ma necessita di modeste opere di manutenzione degli immobili) che per dato di comune conoscenza non sempre ricorre ad incarichi formali, diversa situazione se il committente fosse un condominio od in impresa che opera in grandi interventi, d’altra parte la forma scritta non è richiesta dal legislatore per il contratto d’appalto o d’opera né “ad substantiam”, né “ad probationem”, potendo detti contratti essere conclusi anche “per facta concludentia”. L’Agenzia Entrate segnala che pende procedimento penale in relazione alla contestata falsità di fatture emesse dalla ditta Ma. che è una delle ditte fornitrici della società X. Non è purtroppo dato sapere quale esito abbia avuto tale procedimento che era fissato nel 2011 avanti il GUP e non è quindi possibile valutare tale elemento, elemento che atterrebbe comunque le sole fatture emesse da tale ditta. Non priva di pregio, viceversa, l’osservazione circa il fatto che non tutte le fatture risultano quietanzate, tale elemento unitamente al fatto che il pagamento delle fatture non è stato contabilizzato in quanto effettuato con assegni provenienti da conti diversi rispetto a quello (non più esistente) della società, fa ritenere che le sole fatture quietanzate o quelle per le quali esista la prova certa del pagamento siano da considerarsi deducibili: dall’esame della documentazione agli atti appare quindi non provato il pagamento della fattura della ditta Y dell’importo di €. 10.000,00 oltre IVA di €. 2.000,00. Entro tale limite le fatture dovranno ritenersi correttamente contabilizzate e ciò anche in riferimento alla fattura Cr. il cui pagamento, occorre ricordarlo, è avvenuto nel corso dell’anno 2006. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese di lite.
PQM
La commissione, in parziale accoglimento del ricorso annulla gli avvisi impugnati ad eccezione:
1) della ripresa derivante dal minor importo riconosciuto quale componente negativo in relazione alla fattura di complessivi €. 12.000,00 rilasciata dalla ditta Y;
2) dell’imponibile risultante per l’anno 2006 dal diverso importo delle rimanenze iniziali come specificato in parte motiva. Manda all’Agenzia delle Entrate il ricalcolo delle imposte dovute e relative sanzioni se e in quanto dovute. Compensa integralmente le spese di lite.
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