La Corte di Cassazione con la sentenza n. 22187 del 23 maggio 2013 interviene nell’ambito della bancarotta fraudolente per la cessione dell’attività. I giudici di appello avevano accolto la tesi del pubblico Ministero secondo cui anche se l’imputato aveva “ceduto l’azienda a terza persona pochi giorni prima che il principale creditore del T. (X), depositasse istanza di fallimento, non può essere dubbio che l’imputato si sia reso responsabile dei delitti a lui ascritti, atteso che l’azienda, quando era stata ceduta, aveva i magazzini vuoti, che la merce a suo tempo fornita dalla X non era stata reperita, che i libri e la documentazione contabile non è mai pervenuta alla A.M. e comunque non è stata consegnata integralmente al curatore.”
Per cui secondo gli Ermellini la condotta sospetta non è sufficiente per arrivare addirittura a una condanna. Pertanto viene rimessa in discussione la responsabilità del titolare di una ditta individuale fallita in merito alla accusa del “delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale”.
Per i giudici di legittimità nella sentenza di appello sono stati messi “in evidenza”, chiariscono i giudici della Cassazione – che riaffidano la questione alla Corte d’Appello –, “alcuni elementi di sospetto” nelle azioni compiute dal titolare della ditta, come “la cessione dell’azienda pochi giorni prima dell’istanza di fallimento” da parte del “principale creditore”. Epperò, tale tesi è eccessivamente ‘virtuale’: per il giudice di appello “la cessione” va valutata come “espediente truffaldino”, ma “tale conclusione”, viene sottolineato in Cassazione, non è stata sostenuta da “alcuna verifica dibattimentale”. Come si può ignorare, ad esempio, il fatto che la persona a cui è stata ceduta la ditta sia “comparsa innanzi a un notaio” per sigillare l’operazione?
Evidentemente, per dare corpo alla tesi colpevolista, quella delineata in secondo grado e conclusasi con una condanna per “bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale”, sono necessari elementi maggiormente “concludenti”. E riuscire ad ottenerli sarà compito dei giudici della Corte d’Appello.
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