CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 maggio 2013, n. 12909
Lavoro – Lavoro subordinato – Lavoro autonomo – Illegittimo licenziamento – Risarcimento del danno – Retribuzione – Emolumenti.
Svolgimento del processo
Con sentenza non definitiva, depositata in data 15 ottobre 2005, il Tribunale di Milano, dopo avere accertato l’esistenza tra la E. s.r.l. e L. De V. di un rapporto di lavoro subordinato e l’illegittimità del licenziamento di quest’ultimo, assunto dal 1994 con un contratto di agenzia avente per oggetto la promozione di contratti di vendita di prodotti alimentari surgelati e congelati, condannava la società a reintegrarlo nel posto di lavoro e a risarcirgli il danno in misura corrispondente alla retribuzione spettante ai sensi dell’art. 18, comma 5 SL, avendo il De V. rinunciato alta reintegrazione.
Avverso tale decisione e, successivamente anche avverso quella definitiva del 26 maggio 2006, diretta alla determinazione del quantum, proponeva appello la E., contestando la qualificazione del rapporto come subordinato anziché come autonomo, in quanto contraria alla volontà espressa dalle parti e alle modalità di esecuzione del rapporto, rivendicando la legittimità del recesso anche se qualificato come disciplinare per giusta causa, criticando la stessa quantificazione della retribuzione fatta dal CTU e adottata nella sentenza definitiva.
L’appellato resisteva, proponendo, a sua volta, appello incidentale. Con sentenza del 25 giugno-16 settembre 2008 la Corte d’appello di Milano condivideva, sulla base del materiale probatorio acquisito, quanto ritenuto dal primo Giudice circa la sussistenza di un rapporto dì lavoro subordinato e circa la illegittimità dell’intimato licenziamento, stante la inconsistenza dei fatti addebitati (ritardo nel versamento in banca delle somme incassate, omessa riparazione dì un cancello elettrico cui era seguito un furto di merci che si trovavano sul camion e calo del fatturato), nell’esecuzione di incombenze e di adempimenti allo stesso De V. assegnatigli.
Pertanto.-aggiungeva la Corte territoriale- tenuto conto dell’illegittimità del licenziamento, al De V. era stato giustamente riconosciuto dal primo Giudice il risarcimento del danno in ragione della retribuzione, la cui misura era stata
determinata sulla scorta dei calcoli effettuati dal consulente tecnico, in accordo con i consulenti di parte. Doveva, poi, essere respinto anche l’appello incidentale del De V. riguardante il compenso per il patto di non concorrenza, non risultando che l’obbligo fosse stato esteso oltre l’ambito di cui all’art. 15 del contratto, che ricadeva nella previsione dell’art. 2105 c.c., mentre andavano assorbite le domande oggetto di appello incidentale, condizionato all’accoglimento dell’appello principale, circa la natura di agenzia del rapporto. Doveva, dunque, essere emessa la condanna della società appellante alla corresponsione del tfr che, una volta cessato il rapporto per rinuncia alla reintegrazione,di veni va conseguenza naturale, nella misura non contestata indicata dall’appellante incidentale.
Nella conferma delle rimanenti parti era ricompresa oltre alla sentenza non definitiva anche la definitiva.
Per la cassazione di tale pronuncia ricorre la E. s.l, con cinque motivi. Resiste L. De V. con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato.
Motivi della decisione
Va preliminarmente disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c).
Con i primi due motivi di ricorso principale la E. srl denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 1742, 1748 c.c., nonché omessa e/o insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della confroversia, ed, ancora violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c. in relazione alla volontà espressa dalle parti di costituire e mantenere un rapporto di lavoro autonomo, nonché omessa e/o insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia.
Più in dettaglio, la ricorrente con i suddetti motivi lamenta che il Giudice del gravame abbia omesso di accertare il vincolo etero-durettivo e, contestualmente, abbia ritenuto applicabili alcuni indici sussidiari della subordinazione. Lamenta ancora che detto Giudice non abbia attribuito la dovuta rilevanza alla volontà delle parti dì costituire e mantenere in essere ìm rapporto di lavoro di natura autonoma, omettendo inoltre di considerare una circostanza decisiva al fine di accertare il contenuto di detta volontà (ovvero la proposta di trasformazione del rapporto autonomo in rapporto subordinato, come da documento prodotto dallo stesso De V.).
Le censure sono destituite di fondamento, avendo la Corte territoriale adeguatamente illustrato i motivi per cui aderiva alle argomentazioni del Giudice di primo gratto” fondate su una “complessa istruttoria” e sulla consolidata giurisprudenza di legittimità.
La Corte d’appello, infatti, ha espresso piena condivisione alle argomentazioni del primo Giudice circa l’esistenza di “chiari sintomi” di subordinazione, individuati, nell’accurata motivazione, nei seguenti elementi : il potere direttivo datoriale (tratto tipico della subordinazione), “esercitato de die in diem attraverso la ripetuta specificazione della prestazione lavorativa richiesta”; i frequenti e prolungati controlli cui il De V. era sottoposto da parte del capo-area; l’inserimento del De V. nell’organico aziendale con mansioni di coordinatore degli altri dipendenti “per i quali rappresentava il referente per l’illustrazione dei prodotti, la soluzione dei problemi e te strategie di mercato, oltre che per le ferie e i permessi e persino per la selezione del personale”. A ciò era da aggiungersi, quali ulteriori eleménti idonei ad escludere il rapporto di agenzia “l’assenza di un organizzazione con proprio rischio”, la continuità ed esclusività della prestazione, l’orario di lavoro, ed, infine, la sottomissione del lavoratore al potere disciplinare datoriale, esercitato con il licenziamento per giusta causa.
Nella sua indagine, inoltre, la Corte d’Appello non ha mancato di valutare anche la volontà delle parti, desumendo dalle dichiarazioni rese dal Direttore Generale signor Paolino, in sede dì interrogatorio formale, ulteriori elementi a sostegno della natura subordinata del rapporto.
Di nessun pregio = inoltra la questione di cui al secondo motivo degnazione nella parte in cui il ricorrente censura la decisione della Corte per avere, a suo dire omesso di considerare una circola decisiva al fine di accertare il contenuto della volontà delle parti di costituire e mantenere un rapporto di lavoro di natura autonoma, ovvero assento rifiuto da parte de De V. di trasformare il rapporto da autonomo in subordinato. La questione è da ritenersi inammissibile in questa sede in quanto non risulta 0sollevata nella fase di gravame.
Con il terzo motivo, proposto in via subordinata, la ricorrente denuncia violazione dell’art 2119 c.c. nonché omessa e/o Sufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia in relazione al fatti posti alla tese del recesso.
Il motivo è infonda, in quanto gli episodi su cui la società fonda il recesso sono risultati, all’esito dell’ istruirla del Tribunale, “taluno non riconducibile al ricorrente e taluno di gravità alquanto limitata”, come si legge nella motivazione della sentenza non definitiva.
La Corte d’appello ha condiviso i rilievi de. primo Giudice circa l’inconsistenza dei fatti addebitati al De V. (ritardo nel versamento in banca delle somme incassate; omessa riparazione di un cancello elettrico cui era seguito un furto di merci che si trovavano sul camion; il calo del fatturato nell’esecuzione di incombenze e di adempimenti aventi chiara fonte in un normale rapporto di lavoro subordinato.
Ha precisato come anche su tale problematica l’istruttoria avesse approfondito alcuni aspetti delle vicende, chiarendo le modalità della riscossione per evitare le rapine mentre l’obbligo riguardava la custodia degli incassi non il versamento in banca che oltretutto sembrava cadesse in prossimità delle ferie natalizie; gli autocarri frigoriferi su cui si erano vergati ripetuti furti (denunciati dal De V., il quale aveva quindi i poteri di rappresentanza della società propri di un quadro) erano di norma collocati, in prossimità delle prese di corrente, parte all’interno e parte all’esterno del capannone, mentre non si era chiarito quali fossero i difetti del cancello; era invece contestata la circostanza del calo di fatturato, essendovi sul punto documenti contrastanti.
Non ravvisandosi in tale argomentazione i denunciati vizi motivazionali e le specificate violazioni di legge, il motivo va disatteso.
Va disatteso anche il quarto ed ultimo motivo con cui la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2099 c.c.. e dell’art. 18, comma 5, legge 20 maggio 1970 n. 300, lamenta che il Giudice d’appello abbia ritenuto, del tutto erroneamente e immotivatamente di dover quantificare la retribuzione globale di fatto ai fini della deteminazione del risarcimento del danno sulla base della seconda tipologia di calcolo prospettata dalla perizia del CTU.
Il motivo non può trovare accoglimento, avendo la Corte territoriale dato conto della sua determinazione, osservando che, stante l’illegittimità del licenziamento, al De V. andava riconosciuto il risarcimento del danno in ragione della retribuzione, la cui misura era stata correttamente determinata dal primo Giudice sulla scorta dei calcoli effettuati dal consulente tecnico, in accordo con i consulenti di parte, prescegliendo tra le ipotesi sottopostegli quella che ricomprendeva tra gli emolumenti le erogazioni fatte in misura costante cosi da farne ritenere il carattere retributivo (ex plurimis, Cass. 15360/2002; Cass. n. 16638/2003).
Per quanto precede il ricorso principale va rigettato con assorbimento di quello incidentate condizionato.
Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale. Condanna la ricorrente principale alle spese di questo giudizio, liquidate in € 50,00 per esborsi ed in € 3.500,00 per compensi professionali oltre accessori di legge.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 524 depositata l' 11 gennaio 2023 - Il credito al trattamento di fine rapporto, se, in effetti, è esigibile soltanto con la cessazione del rapporto di lavoro subordinato, matura (ed è, come tale, certo nell’an e…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 9621 depositata l' 11 aprile 2023 - Nel riparto di competenza tra il giudice del lavoro e quello fallimentare il discrimine va individuato nelle rispettive speciali prerogative, spettando alla cognizione: a) del…
- TRIBUNALE di UDINE - Sentenza n. 88 depositata il 23 marzo 2023 - Ove il contratto collettivo preveda per l'ipotesi di cessazione dell'appalto a cui sono adibiti i dipendenti un sistema di procedure idonee a consentire l'assunzione degli stessi, con…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 404 depositata il 10 gennaio 2023 - Nell’ipotesi di licenziamento intimato in epoca anteriore al trasferimento la norma di garanzia di cui all’art. 2112 c.c. può operare solo a condizione che sia successivamente…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 4350 depositata il 19 febbraio 2024 - In base alla continua prestazione di un orario di lavoro pari a quello previsto per il lavoro a tempo pieno, un rapporto di lavoro nato come a tempo parziale possa…
- TRIBUNALE DI BARI - Ordinanza 12 maggio 2022 - Nel licenziamento per superamento del periodo di comporto per malattia la tempestività del licenziamento non può risolversi in un dato cronologico fisso e predeterminato e la valutazione del tempo decorso…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- E’ onere del notificante la verifica della c
E’ onere del notificante la verifica della correttezza dell’indirizzo del destin…
- E’ escluso l’applicazione dell’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9759 deposi…
- Alla parte autodifesasi in quanto avvocato vanno l
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 7356 depositata il 19…
- Processo Tributario: il principio di equità sostit
Il processo tributario, costantemente affermato dal Supremo consesso, non è anno…
- Processo Tributario: la prova testimoniale
L’art. 7 comma 4 del d.lgs. n. 546 del 1992 (codice di procedura tributar…