La Cassazione con la sentenza n. 20741 del 14 maggio 2013 interviene nell’ambito della perdita, volontaria oppure involontaria, dei documenti e scritture contabili. In particolare nella vicenda di cui si sono occupati gli Ermellini ha avuto origine dallo smarrimento delle scritture contabili mentre era in corso un controllo nei confronti del contribuente infedele, inoltre nella fattispecie durante il controllo viene rinvenuto un CD contenente una copia parziale (il cui contenuto corrisponde a tutte le operazioni effettuate, anche quelle omesse nei conti ufficiali e… introvabili) delle scritture. Il reato configurato per tale comportamento è quello previsto dall’art. 10 del D.Lgs. n. 74/2000 (occultamento di documenti contabili).
Per tale illecito il contribuente è stato condannato a quindici mesi dalla Corte d’appello di Lecce che rigettava anche la richiesta di prescrizione dei commessi fino al 2004 poiché il delitto ha natura permanente fino al momento del controllo. Inoltre il giudice di appello ha ritenuto inverosimili le giustificazioni addotte in ordine al mancato rinvenimento delle scritture contabili e inoltre ha rilevato che la mancata presentazione delle dichiarazione dei redditi e ai fini IVA costituiva prova della finalità perseguita dal C. con la sua condotta
L’imputato, tramite il proprio difensore, proponeva ricorso, su due doglianze, alla Suprema corte lamentando un trattamento sanzionatorio reputato eccessivo. Il ricorso è stato reputato inammissibile ai sensi dell’art. 581 lettera e) c.p.p. il cui contenuto, come evidenzia la Corte Suprema, prescrive chiaramente che l’impugnazione deve contenere una specifica critica della sentenza impugnata, mentre nella fattispecie si limita semplicemente a richiedere la rivisitazione del materiale istruttorio e una nuova e più favorevole determinazione del trattamento sanziona torio; in definitiva, mira a sollecitare una diversa valutazione nei merito, il che non è consentito nel giudizio di legittimità.
Peraltro, osserva il Collegio della Suprema corte, il giudice d’appello “attraverso un percorso argomentativo coerente e del tutto immune da vizi logici ha già risposto alle critiche che oggi vengono riproposte circa la valenza del CD rom rinvenuto (considerato – condividendo le argomentazioni del primo giudice – un documento e una fonte diversa da quella la cui tenuta è imposta dalla legge), circa la finalità di evasione fiscale perseguita dall’imputato, circa l’inapplicabilità della prescrizione (attesa la natura permanente del reato) e circa l’impossibilità di concedere benefici”.
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