COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE FIRENZE – Sentenza 06 maggio 2013, n. 63
Tributi – Imposte sui redditi e IVA – Accertamento – Verifica movimentazioni bancarie – Prelevamenti e versamenti – Giustificazioni – Validità
Fatto e svolgimento del rapporto contenzioso
Con sentenza n. 339/04/10 la Commissione Tributaria Provinciale di Grosseto -sez.4- accoglieva il ricorse presentato dal sig. (…), esercente l’attività di maestro di tennis, avverso l’avviso di accertamento IVA, IRPEF ed IRAP 2005 con il quale l’Agenzia delle Entrate di Grosseto determinava un maggior imponibile di € 65.586,00 quale maggior reddito di lavoro autonomo risultante da movimentazioni bancarie non giustificato e non documentato.
Con ordinanza emessa il 18 gennaio 2010 veniva accolta l’istanza con la quale il contribuente chiedeva la sospensione dell’esecuzione della cartella di pagamento emessa a seguito dell’iscrizione a titolo provvisorio della metà delle maggiori imposte accertate per complessivi € 22.043,90.
Osservava il Collegio:
a) quanto alle doglianze di illegittimità dell’avviso di accertamento- di cui ai punti 1) per violazione dell’art. 7, comma 1, legge 212/2000, art.42, comma 2, DPR 600/73 e art. 56, ultimo comma, DPR 633/72, mancando l’allegazione ed indicazione nell’avviso di accertamento della autorizzazione del Direttore Regionale dell’Agenzia delle Entrate; 2) per omessa comunicazione e notifica dell’inizio e conclusione delle attività di verifica e controllo in violazione dello Statuto dei diritti del contribuente, art. 12, comma 2, e art. 10 della legge 212/2000; 3) per violazione dell’art. 32 DPR 600/73 e 51 DPR 633/72 dovuta ad eccesso di potere in merito alla procedura di acquisizione dei dati bancari; 4) per violazione dell’art. 32 n. 2 del DPR 600/73 in merito all’omessa allegazione dei documenti acquisiti ai sensi e per gli effetti del n. 7 dello stesso articolo per i quali era stata richiesta la relativa giustificazione già all’atto della consegna dei questionari – che giuste le determinazioni cui era pervenuta la Suprema Corte con la sentenza n. 25142 depositata il 30.11.2009, i dati bancari relativi ai prelevamenti e ai versamenti acquisiti dalla finanza nel corso dell’attività di polizia giudiziaria, una volta trasmessi agli uffici, fanno scattare le medesime presunzioni delle informazioni ottenute attraverso l’ordinaria procedura amministrativa, trattandosi di norme sostanziali ancorché inserite in un contesto procedurale, legate all’applicazione in campo tributario dei principi generali sulle presunzioni che la legge trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato; è lo stesso art. 32 DPR 600/73 che fa scattare le presunzioni prò fisco dei prelevamenti e dei versamenti non giustificati non solo se i dati siano stati acquisiti attraverso la procedura ordinaria ma anche in altri tre casi e cioè per acquisizione diretta presso gli intermediari, indagini in materia di accise e imposte sui consumi, rilevamento dei dati nel corso di attività di polizia giudiziaria; sul punto la Corte di Cassazione con una precedente sentenza (n. 15172 del 26.06.2009) aveva statuito che in tema di accertamento l’art.51, secondo comma, dei DPR n. 633/1972 e l’art. 32, n.7, del DPR n. 600/1973, consentono all’Amministrazione finanziaria di rettificare su basi presuntive la dichiarazione del contribuente utilizzando i dati relativi ai movimenti su conti bancari, ammettendo la prova liberatoria da parte del contribuente; l’invito al contribuente a fornire dati, notizie e chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei conti bancari costituisce una mera facoltà da esercitarsi in piena discrezionalità e non un obbligo, conseguendone che dal mancato esercizio della facoltà non deriva alcuna illegittimità della rettifica operata in base ai relativi accertamenti, né scade a presunzione semplice la presunzione legale posta, che consente di riferire i movimenti bancari all’attività svolta dal contribuente, gravando su quest’ultimo l’onere di fornire la prova contraria;
b) quanto alla non applicabilità con effetto retroattivo della presunzione legale che equipara i prelevamenti dal conto corrente ai ricavi d’impresa o professione introdotta con legge 311/2004 (che ha novellato l’art. 32,comma 1, DPR 600/73) – di non condividere l’affermazione del contribuente con riferimento all’art. 32, punto 2, che relativamente ai prelevamenti, prima della modifica, disponeva già che “sono posti come ricavi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario, i prelevamenti annotati negli stessi conti e non risultanti dalle scritture contabili”;
c) che il ricorso doveva essere accolto in punto di merito avendo il ricorrente provato, con la documentazione presentata in sede contenziosa, le ragioni delle movimentazioni bancarie richieste dalla legge.
La sentenza è stata appellata dall’Ufficio ricordando che dallo svolgimento dell’attività ispettiva, svolta da funzionari dell’Agenzia tra i soggetti esercenti attività professionale con redditi al di sotto della media della categoria di appartenenza, erano stati acquisiti in copia i conti correnti bancari e postali del contribuente e non avendo lo stesso fornito risposte ad alcune domande formulate nel questionario, è stato notificato avviso di accertamento in applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. e) DPR 600/73 per le somme non giustificate.
Nel merito, rispetto ai movimenti contestati, ribadisce:
a) quanto ai prelevamenti per € 30.000,00, effettuati dal conto (…) intestato a (…) e (…),(€ 20.000,00 in data 8 luglio, € 5.000,00 il 16 agosto ed € 5.000,00 il 4 novembre, tutti in contanti) giustificati come prestito a favore di un amico per far fronte ad un debito con Equitalia, “che non può essere riconosciuto valore giustificativo a scritture private tese a giustificare le movimentazioni” e che comunque differiscono le date e gli importi fra i movimenti recuperati ed i documenti presentati;
b) quanto all’accredito di € 17.000,00 su (…) per passaggio tra fondi che il documento prodotto su modulo RAS è insufficiente a dimostrare la provenienza della somma depositata, poiché la documentazione depositata risulta priva di data certa e non è chiara la riferibilità della sottoscrizione;
c) quanto al movimento sul conto 3280 presso il (…) per € 3.640,00 in addebito ed € 4.600,00 in accredito non è sufficiente affermare che il conto è riconducibile unicamente al genitore;
d) per l’addebito di € 496,00 l’Ufficio riconosce lo sgravio del relativo importo a fronte dell’assegno prodotto in copia che ne indica il beneficiario;
e) per l’accredito di € 5.500,00 sottolinea la diversa giustificazione fornita dal contribuente, prima di somma proveniente dal conto del padre successivamente di bonifico in favore del padre e trasmesso il 23 giugno da (…), e che la giustificazione non dimostra la non rilevanza dell’operazione ai fini della determinazione del reddito.
Al totale delle somme sopra elencate pari ad-€ 57.596,00, delle quali l’Ufficio giustifica solo € 496,00, devono essere aggiunte movimentazioni per € 4.350,00 (€ 3.850,00 in entrata ed € 500,00 in uscita) che il ricorrente asserisce essere state regolarmente riportate nella dichiarazione Unico 2006, ma senza fornire i giustificativi.
Eccepisce quindi che il contribuente non ha dimostrato che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari e che i versamenti sono stati registrati in contabilità o sono irrilevanti ai fini della determinazione del reddito e sostiene che per convalidare le proprie ragioni deve provare per ogni operazione di conto corrente che le giustificazioni addotte sono riconducibili alla singola movimentazione di conto corrente contestata.
Il contribuente si è quindi costituito in giudizio ed ha presentato le proprie controdeduzioni eccependo:
a) la inammissibilità dell’appello per carenza di legittimazione attiva del firmatario l’atto di impugnazione non risultando allegata all’atto la delega del rappresentante l’Agenzia, soggette diverso dal sottoscrittore;
b) la inammissibilità dell’appello per omessa indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione della sentenza in violazione dell’art. 53 del D.Lgs. 546/1992, ripercorrendo semplicemente le considerazioni svolte nel primo grado di giudizio;
Ribadisce quindi tutti i motivi di illegittimità dell’avviso di accertamento già formulati nel ricorso introduttivo ivi inclusa l’applicazione retroattiva della legge 311/2004 così come nel merito conferma le giustificazioni già svolte in primo grado relativamente ai movimenti bancari oggetto di ripresa fiscale.
Ha fatto seguito memoria illustrativa del contribuente che ribadisce e sottolinea le controdeduzioni, esposte in sede di costituzione in giudizio.
Motivi della sentenza
La Commissione preliminarmente fa presente di condividere l’affermazione del rappresentante dell’Ufficio il quale ha confermato la sussistenza della delega conferita dal Direttore Provinciale al Capo Area Legale a sottoscrivere l’atto di appello sottolineando nel contempo che la delega ha rilevanza interna alla Pubblica Amministrazione essendo comunque certi il soggetto sottoscrittore e l’Agenzia di provenienza dell’atto; il Collegio ritiene altresì che le responsabilità per atti non autorizzati ricadono sempre sul sottoscrittore incompetente per gli effetti ad esso riconducibili dall’ente di appartenenza.
Anche la richiesta di dichiarazione della inammissibilità dell’impugnazione per violazione dell’art. 53 del D.Lgs. 546/1992 avanzata dal contribuente non è accoglibile e questo in quanto l’Ufficio ha sottolineato che la sentenza, esprimendosi nel merito, non ha motivato la propria decisione, limitandosi a condividere le ragioni del contribuente semplicemente riconoscendo validità di prova alla documentazione dallo stesso prodotta per giustificare te movimentazioni bancarie.
Questo Organo conviene inoltre con la sentenza in ordine al respingimento di tutti i motivi di illegittimità dell’avviso di accertamento formulati dal contribuente nel ricorso introduttivo e confermati nella propria costituzione in giudizio, ivi inclusa l’applicazione retroattiva della legge 311/2004, e condivide le argomentazioni in essa svolte con riferimento sia alla legittimità della procedura amministrativa seguita ai fini dell’accertamento, come supportata dalle sentenze della Corte di Cassazione n. 25142 depositata il 30.11.2009 e n. 15172 del 26.06.2009, sia alla constatazione che l’equiparazione dei prelevamenti dal conto corrente ai ricavi d’impresa o professione era già prevista, prima della modifica introdotta dalla legge 311/2004, dall’art. 32, punto 2, del DPR 600/73, nel caso che il contribuente non avesse indicato il soggetto beneficiario, i prelevamenti annotati negli stessi conti e non risultanti dalle scritture contabili.
Il Collegio conviene altresì nel merito con la sentenza impugnata, riconoscendo che il contribuente ha correttamente fornito la documentazione necessaria a comprovare che le movimentazioni contestate non avevano avuto alcun effetto sul reddito conseguito nel 2005.
In particolare sottolinea:
– per i prelevamenti di € 30.000.000,00, come articolati nel tempo, è indicato il soggetto destinatario delle somme con motivazioni del tutto interne alla sfera personale del contribuente; una diversa valutazione delle stesse presuppone una inversione dell’onere della prova a carico dell’Ufficio, che non può limitarsi semplicemente a negare il valore giustificativo delle scritture private presentate a supporto;
– per l’accredito di € 17.000,00 su (…) il contribuente ha fornito le ragioni dell’accredito relativo ad operazioni, non per cassa, per rinnovo del fondo di provenienza azionario passato in fondo (…) obbligazionario, consistente quindi in un disinvestimento ed un investimento della stessa somma; spetta quindi all’Ufficio dimostrare la insussistenza della operazione non risultando sufficiente disconoscere la inidoneità della documentazione prodotta;
– anche per i movimenti sul c/c bancario presso il (…), del tutto marginali per la loro consistenza, non è giustificata la ripresa fiscale con la semplice affermazione che i) conto non è riconducibile unicamente al genitore, risultando quest’ultimo unico intestatario dei conto sin dal 1971;
– per il movimento di € 5.500,00 sul c/c cointestato con il padre (…) la parte ha dimostrato che trattasi di bonifico a favore del padre comunicato da (…) e, nonostante l’eccepita diversa giustificazione fornita nel tempo, risulta essere operazione attivata e riscontrabile presso soggetto esterno nei confronti al quale poteva rivolgersi l’Ufficio per verificare la idoneità della documentazione presentata;
Del tutto complementari appaiono le contestazioni per le restanti movimentazioni per un importo di € 4.350,00 riportate, a detta del contribuente, nel dichiarazione dei redditi e per le quali l’Ufficio contesta impropriamente la generica mancanza di giustificativo.
P.Q.M.
Conferma la sentenza impugnata; condanna l’Ufficio al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessivi € 500,00 (cinquecento,00) oltre accessori di legge.
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