CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 giugno 2013, n. 24843
Reati fiscali – Dichiarazione fraudolenta – Sequestro – Fideiussione da parte di un terzo – Riduzione della misura – Non sussiste
Ritenuto in fatto
1. C.V. propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale il tribunale di Pescara ha rigettato istanza di riesame avverso il decreto in data 18 luglio 1012 con il quale il gip del medesimo tribunale aveva disposto in relazione ai reati di cui all’art. 2 Dlgs 74/2000 il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di rapporti bancari alla stessa intestati nonché di tre immobili.
Dinanzi al riesame la ricorrente aveva dedotto l’eccessività della misura cautelare in relazione al profitto derivato dai presunti reati quantificati dal gip in euro 76.291,88. Al riguardo aveva evidenziato che V.M., che con lei concorreva nei medesimi reati, aveva già prestato una fideiussione di pari importo, sicché le pretese dell’erario sarebbero già state garantite dall’iniziativa del concorrente.
2. Il tribunale respingeva l’istanza rilevando che per quanto concerne la fideiussione era stata depositata una mera fotocopia e che l’importo complessivo delle fatturazioni inesistenti utilizzate a carico della C. in concorso con altri era pari a 240.000 circa, importo rispetto al quale era dunque insufficiente il valore dei beni sequestrati e quello offerto in garanzia del M.. Inoltre faceva rilevare che la cauzione era valida solo fino al 5 giugno 2015 e che per il periodo successivo il rinnovo era rimesso alla mera discrezionalità dell’imputato sottoscrittore.
3. Deduce in questa sede la ricorrente la violazione dell’articolo 125 comma 3 cpp avendo l’ordinanza impugnata omesso di motivare o comunque motivato solo apparentemente motivato con riferimento alla sussistenza del presupposto della cautela.
In particolare contesta la possibilità di produrre l’originale della fideiussione essendo lo stesso già depositato presso l’ufficio del pm per consentire la revoca del sequestro adottato nei confronti del M.. Inoltre fa rilevare che la misura del valore dei beni da sottoporre sequestro è stata determinata dal gip su richiesta del pubblico ministero e che in ogni caso non è possibile richiamare l’importo di euro 240.000 che rappresenta unicamente il totale dell’importo delle fatture. Infine evidenzia che il M. si era offerto di prestare garanzia in qualunque forma, anche per contanti, e che era stato il PM a suggerire una volta stabilito l’importo che per ragioni di praticità legate al problema della custodia fosse più conveniente una polizza fideiussoria.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato e va, pertanto rigettato.
Assorbente è il rilievo secondo cui, come già puntualizzato da questa Corte, le somme di denaro oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente non sono suscettibili di sostituzione mediante rilascio di garanzia fideiussoria per un ammontare corrispondente al profitto del reato, atteso che, altrimenti, verrebbe frustrata la finalità delta misura cautelare, diretta a sottrarre all’indagato la disponibilità del patrimonio, che invece risulterebbe invariata per lo spostamento del vincolo sul denaro del garante (Sez. 3, Sentenza n. 33587 del 19/06/2012 Rv, 253135 e, nello stesso senso Sez. 6, Sentenza n. 36095 del 01/07/2009 Rv. 244870; Sez. 6, Sentenza n. 25166 del 09/04/2010 Rv. 247770 anche se in relazione a reati diversi). E’ alle motivazioni delle decisioni indicate,siccome integralmente condivise, che il Collegio si richiama nella specie.
Né può rilevare per le ragioni espresse nei provvedimenti richiamati la circostanza che il rilascio della fideiussione sia avvenuto d’intesa con l’ufficio giudiziario procedente.
Si è tra l’altro evidenziato, infatti, nelle decisioni citate come il rilascio di una fideiussione da parte di un terzo sostanzialmente contraddica le ragioni stesse del sequestro preventivo per equivalente lasciando sostanzialmente libero l’autore del reato di disporre del profitto illecitamente acquisito.
Di conseguenza il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto consegue la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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