CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 giugno 2013, n. 25812
Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti – Fatturazione relativa all’utilizzazione di personale con somministrazione illecita in quanto dissimulata sotto forma di appalto – Non luogo a procedere – Esclusione – Fondamento
Ritenuto in fatto
1.1 Con sentenza ex art. 425 cod. proc. pen. del 19 luglio 2011 il GUP del Tribunale di Udine dichiarava non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato nei confronti di V. R., imputato del reato di cui all’art. 2 del D. L.vo 74/00 (indicazione nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 2005 elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti).
1.2 Osservava, al riguardo, il GUP che in realtà le operazioni commerciali a stretto rigore non potevano considerarsi inesistenti in quanto nei confronti della società di cui l’imputato era legale rappresentante (la V & T s.r.l.) erano state effettuate prestazioni lavorative da parte della A. s.r.l., anche se si trattava di prestazioni illecite in quanto riguardanti la somministrazione di manodopera in assenza delle condizioni di legge, in quanto dissimulate sotto forma di appalto: in conclusione, secondo il ragionamento del GUP, pur essendo soggettivamente operazioni inesistenti, dal punto di vista oggettivo, le operazioni erano state effettivamente svolte e il corrispettivo era stato corrisposto e fatturato proprio in relazione a tale svolgimento di attività da parte degli operai. Inoltre, secondo il GUP, l’indicazione nella dichiarazione di tali elementi passivi sotto forma di costi sostenuti mirava non tanto alla evasione fiscale, quanto alla evasione contributiva.
1.3 Per l’annullamento della sentenza propone ricorso il Procuratore Generale della Repubblica deducendo violazione dì legge per inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale (art. 2 del D.L.vo 74/00). Secondo il P.G, ricorrente la nozione di fatture per operazioni inesistenti, lungi dall’assumere contorni ristretti – come quelli attribuiti dal GUP sia sul piano soggettivo che oggettivo – ricomprende una pluralità di condotte che includono difformità tra la situazione rappresentata dalla fatture e la realtà effettiva delle operazioni economiche: quel che rileva, quindi, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 2 del D.L.vo in parola è la infedeltà della dichiarazione derivante dalla esistenza di documentazione fiscale difforme rispetto alla realtà e non semplicemente l’inesistenza sul piano oggettivo e/o soggettivo, delle operazioni economiche, oltre alla finalità di evasione diretta anche al conseguimento di crediti o rimborsi fiscali in realtà non dovuti e non semplicemente ad evadere le imposte. In questi termini la motivazione della sentenza è anche contraddittoria nella misura in cui è lo stesso GUP ad affermare che l’imputato avrebbe certamente conseguito dei vantaggi fiscali (crediti di IVA) che integrano il concetto di fattura per operazioni inesistenti così come delineato dall’art. 1 lett. d) del D. L.vo 74/00. Conseguentemente solo un approfondimento in sede dibattimentale avrebbe potuto chiarire la reale valenza penale della condotta.
Considerato in diritto
Il ricorso va accolto per le considerazioni qui di seguito esposte.
Secondo l’impostazione accusatoria le operazioni commerciali, caratterizzate peraltro da prestazioni illecite perché riguardanti la somministrazione di manodopera in assenza delle condizioni di legge, in quanto dissimulate sotto forma di appalto, rientrano nel novero delle operazioni inesistenti in quanto diverse da quelle riflettenti la realtà economica.
La censura del P.M. ricorrente afferisce, quindi, ad una inesatta concezione, da parte del GUP, del termine “operazioni inesistenti”, da intendersi in senso lato, non circoscritto, cioè, alle operazioni soggettivamente e/o oggettivamente inesistenti, ma riferito in generale a tutte quelle condotte che contengano difformità tra la situazione rappresentata dalla fatture e la realtà effettiva delle operazioni economiche: il concetto di operazione inesistente – ai fini della configurabilità penale ex art. 2 del D. L.vo 74/00 implica la infedeltà della dichiarazione conseguente alla esistenza di documentazione fiscale difforme rispetto alla realtà. Ma tale nozione – secondo la condivisibile interpretazione del P.M. ricorrente – si estende alla evasione da intendersi quale fine di conseguire eventuali crediti o rimborsi fiscali in realtà non dovuti.
In questi termini è fondata anche la censura di contraddittorietà sollevata con riferimento a quella parte della sentenza in cui il GUP afferma che l’imputato avrebbe, grazie a quelle fatture ed alle correlate prestazioni, conseguito dei vantaggi fiscali (crediti di IVA): condotta quest’ultima integrante il concetto di fattura per operazioni inesistenti così come delineato dall’art. 1 lett. d) del D. L.vo 74/00.
Peraltro rileva il Collegio che ai fini della qualificazione della condotta penalmente rilevante lo stesso GUP ritiene le fatture soggettivamente inesistenti, con ciò lasciando intendere di circoscrivere l’ambito della punibilità astratta soltanto alle fatture oggettivamente inesistenti: si tratta di una interpretazione riduttiva posto che la norma parla espressamente di fatture inesistenti, senza alcun riferimento al requisito soggettivo o oggettivo, non mancando di osservare che il concetto di fatture oggettivamente inesistenti, laddove riferito alla possibilità (o finalità) di conseguire risparmi indebiti di imposta ovvero crediti, rientra comunque nella previsione normativa di cui all’art. 2 del D. L.vo 74/00.
In conclusione è vero che un’operazione esisteva, ma non era quella documentata, che è la sola presa in considerazione, agli effetti penali, dal D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2 e 8.
Ne discende l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con contestuale trasmissione degli atti al Tribunale di Udine.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Udine.
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