La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9681 depositata il 14 aprile 2025, intervenendo in tema di accertamenti tributari fondati su indagini bancarie, ha riaffermato il principio secondo cui “in tema di accertamenti bancari, poiché il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dagli artt. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del D.P.R. n. 633 del 1972, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione (Cass., 03/05/2018, n. 10480).”
Per i giudici di legittimità “L’art. 32, comma 1, n. 7), D.P.R. n. 600 del 1973 prevede la possibilità di acquisire “dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi o dagli operatori finanziari sopra indicati e le generalità dei soggetti per i quali gli stessi operatori finanziari abbiano effettuato le suddette operazioni e servizi o con i quali abbiano intrattenuto rapporti di natura finanziaria”. Il n. 2) della norma appena richiamata prevede, poi, che tali dati, notizie e documenti “sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni.”
La norma prevede una presunzione legale relativa, che consente, da un lato, all’amministrazione finanziaria di porre i dati risultanti dalle indagini bancarie alla base degli accertamenti e rettifiche ex art. 38,39,40 e 41 D.P.R. n. 600 del 1973 e, dall’altro lato, consente al contribuente di fornire la prova contraria. “
Gli Ermellini hanno ribadito che “gli artt. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del D.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (Cass., 30/06/2020, n. 13112).”
Pertanto per il Supremo consesso ” la presunzione legale scolpita dall’art. 32 D.P.R. n. 600 del 1973 non richiede un ulteriore vaglio da parte del giudice in merito alla presenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, tali da portare a ritenere la presenza di maggiori redditi rispetto a quelli dichiarati.“
Ripartizione dell’onere della prova
I giudici della Suprema Corte, nella sentenza in commento, hanno ritenuto di precisare che “L’inversione dell’onere della prova in capo al contribuente impone, quindi, a quest’ultimo di fornire la prova contraria in ordine al collegamento delle operazioni bancarie con i dati risultanti dalla contabilità o in merito all’estraneità di tali operazioni dal reddito imponibile.“
I giudici di piazza Cavour hanno, sulla base del loro orientamento giurisprudenziale, chiarito che si “ritiene necessario un riscontro analitico per ciascuna operazione che non trovi supporto nella contabilità del contribuente (peraltro l’unico soggetto, quale autore, sia della contabilità che delle movimentazioni bancarie contestate dall’amministrazione finanziaria, a essere in grado di fornire adeguate e concrete giustificazioni volte a riconciliare le seconde con la prima).
Non è, invece, possibile che tale prova possa essere fornita dal contribuente mediante riscontri giustificativi incentrati su macro-categorie o su dati aggregati, dal momento che tale modalità di espletamento dell’onere probatorio è inidonea a superare la presunzione scolpita negli artt. 32, primo comma, n. 2 e 7, D.P.R. n. 600 del 1973 e 51 D.P.R. n. 633 del 1972 in merito alla riferibilità dei dati ed elementi (i.e. i versamenti) e i prelevamenti non riscontrati in contabilità a redditi non dichiarati. “