La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 26732 depositata il 29 novembre 2013 intervenendo in tema di durata di accesi e verifica ha statuito che l’accertamento fiscale è legittimo anche se l’ispezione degli agenti del fisco si protrae oltre i trenta giorni stabiliti dall’articolo 12 quinto comma dello Statuto del contribuente senza regolare proroga. In quanto, spiegano i giudici, le norme tributarie non collegano conseguenze sull’atto impositivo all’inadempimento dell’amministrazione e lo stesso è meramente ordinatorio, in quanto nessuna disposizione lo dichiara perentorio, o stabilisce la nullità degli atti compiuti dopo il suo decorso.
La vicenda ha riguardato una società sottoposta a verifica fiscale presso la sede della stessa per oltre i trenta giorni previsti dall’articolo 12 dello statuto dei contribuenti senza alcuna proroga formale. Durante la verifica erano emerse anche false fatture. Alla conclusione della verifica veniva emesso PVC. Al contribuente veniva poi notificato un avviso di accertamento, basato sul predetto PVC, con il quale erano recuperati a tassazione costi ritenuti indeducibili perché non certi o non inerenti, ricavi per cessioni di beni fondate su ingiustificate note di credito, contributi associativi e rimanenze finali non contabilizzate.
Avverso tale atto impositivo l’Associazione proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale deducendone l’illegittimità in quanto redatto sulla base di un processo verbale non utilizzabile per violazione del quinto comma dell’art. 12 legge 212/2000, posto che dagli atti di causa risultava l’esistenza di un provvedimento di proroga della verifica che però non era stato mostrato al contribuente. Di qui la violazione delle garanzie procedurali previste dallo Statuto. I giudici della CTP accoglievano le doglianze del ricorrente ed annullavano l’avviso di accertamento. Veniva proposta appello dall’Agenzia delle Entrate alla Commissione Tributaria Regionale che respingeva il gravame dell’Ufficio e confermava la sentenza del giudice di prime cure e rilevano che il provvedimento di proroga non era motivato, non aveva data certa, oltre ad non essere stato comunicato alla contribuente.
L’Agenzia delle Entrate per la cassazione della pronuncia della CTR propone ricorso, fondato su due motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini accolgono il ricorso dell’Agenzia delle Entrate ed evidenziano che in tema di verifiche tributarie, i termini di conclusione del procedimento amministrativo, infatti, devono, salva espressa previsione contraria, essere considerati come ordinatori e non perentori e della constatazione che gli artt. 152 e 156 codice di procedura civile traducono principi generali applicabili a tutti i procedimenti, salvo che per essi non sia diversamente disposto o che la norma generale non possa trovare applicazione per incompatibilità.
Per la Corte di Cassazione si tratta un orientamento consolidato che poggia sul principio generale altrettanto consolidato secondo cui “i termini di conclusione del procedimento amministrativo devono, salva espressa previsione contraria, essere considerati come ordinatori e non perentori e della constatazione che gli artt. 152 e 156 c.p.c. traducono principi generali applicabili a tutti i procedimenti, salvo che per essi non sia diversamente disposto o che la norma generale non possa trovare applicazione per incompatibilità”.
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