La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 1839 depositata il 29 gennaio 2014 intervenendo in tema di accertamento fiscale ha statuito la legittimità dell’accertamento sintetico basato su percentuali di ricarco troppo basse applicate dall’imprenditore rispetto al settore di appartenenza anche in presenza di contabilità regolare.
La vicenda ha riguardato un commerciante di abiti a cui in seguito ad una verifica fiscale veniva contestato nel PVC redatto la bassa percentuale di ricarico confrontandola anche con quelle del settore in cui operava l’imprenditore. A seguito di tale verifica l’Ufficio Iva ha notificato una rettifica contestando alla ditta una condotta antieconomica.
Il commerciante avverso tale atto impositivo propone ricorso inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale i cui giudici accogliendo le doglianze del ricorrente annullano l’avviso di rettifica IVA. L’Amministrazione Finanziaria impugnava la decisione del giudice di prime cure dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale che confermava la decisione appellata. In particolare i giudici territoriali riteneva illegittimo l’accertamento induttivo effettuato dall’Ufficio, in presenza della riscontrata regolarità della documentazione contabile, nonché eccessiva la percentuale di ricarico applicata.
Per la cassazione della pronuncia dei giudici di seconde cure l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso, basato su due motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini accolgono le doglianze del Fisco cassando la sentenza impugnata e decidendo nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
I giudici di legittimità confermano l’orientamento ormai consolidato della Corte di Cassazione secondo cui sia in materia di imposte dirette che di IVA l’Ufficio una volta contestata dall’Erario l’antieconomicità di un comportamento posto in essere dal contribuente, poiché assolutamente contrario ai canoni dell’economia aziendale, incombe su quest’ultimo l’onere di fornire, al riguardo, le necessarie spiegazioni. In difetto, sarà pienamente legittimo il ricorso all’accertamento induttivo da parte dell’amministrazione, ai sensi degli artt. 39 del d.P.R. n. 600/73 e 54 del d.P.R. n. 633/72, anche mediante il ricorso ai parametri presuntivi di cui all’art. 3 L.549/95 (Cass. 6918/13; 11599/07).
Ed invero, il potere accertativo dell’Ufficio, ai sensi delle disposizioni succitate, una volta che l’Amministrazione finanziaria abbia applicato i parametri presuntivi, personalizzati in relazione alla specifica situazione del contribuente, ed abbia soppesato e disatteso le contestazioni proposte da quest’ultimo in sede amministrativa, non può ritenersi condizionato da alcun altro incombente. E neppure tale potere di accertamento potrebbe considerarsi in alcun modo impedito dalla regolarità della contabilità tenuta dal contribuente, che non può costituire – a fronte di una condotta antieconomica del medesimo sintomatica dell’evasione di imposta – neppure una valida prova contraria in presenza degli elementi presuntivi desumibili dai parametri suindicati (cfr., ex plurimis, Cass. 7871/12; 6929/13; 3197/13).
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