La Corte di Cassazione con la sentenza n. 15315 del 19 giugno 2013 ha statuito in tema di rinvenimenti di documentazione extracontabile che essa costituisce elemento probatorio meramente presuntivo.
La vicenda ha visto L’Agenzia delle entrate soccombente in entrambi i giudizi di merito che ha proposto ricorso per cassazione basato su due motivazioni, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria Regionale che, rigettando l’appello dell’Agenzia, ha confermato l’annullamento dell’avviso di rettifica parziale dell’IVA emesso a carico della società contribuente in seguito ad una verifica nel corso della quale era stata rinvenuta documentazione extracontabile; con l’atto impositivo era stata contestata alla contribuente omessa registrazione di corrispettivi e la presentazione di una dichiarazione IVA con indicazioni inesatte. Infatti, per i giudici di merito, in violazione dell’art. 12 dello statuto del contribuente “i militari intervenuti avevano avviato la verifica limitandosi alla circostanza che, dopo le presentazioni di rito e l’esibizione dell’ordine d’accesso, hanno invitato la parte ad esibire tutti i libri, i registri, le scritture ed i documenti attinenti all’attività d’impresa”, laddove “i diritti riconosciuti dallo statuto implicano ben altri contenuti pratici e richiedano la formazione di una certa consapevolezza propria che, nel caso, non è stata adeguatamente agevolata o permessa in capo all’interessato”. “Nessuna critica specifica, poi, era stata sviluppata dai verificatori sulla capacità probatoria delle scritture contabili verificate, e quindi le risultanze delle stesse non potevano venire confutate con le modalità nella specie adottate dall’ufficio.
Secondo il giudice d’appello, “al riguardo le prescrizioni normative per poter procedere e per poter formulare le varie tipologie di rettifiche, che rimanevano possibili, apparivano ben precise e, purtroppo, erano state disattese insanabilmente nell’approccio adottato dall’ufficio”.
Per gli Ermellini la sentenza impugnata incorre nel vizio di emessa o insufficiente motivazione in ordine al fatto, potenzialmente decisivo, costituito dal rinvenimento, nel corso della verifica nei confronti della società contribuente, di documentazione extracontabile dalla quale era dato rilevare gli incassi, tanto quelli contabilizzati che quelli non dichiarati ed in ordine alle modalità di svolgimento della verifica emergenti dal verbale di constatazione, anch’esse decisive nell’economia della pronuncia.
Infine ricordano i giudici della Corte Suprema che “in tema di IVA, alla luce delle previsioni degli artt. 52, comma quarto, e 54, comma secondo, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, la documentazione extracontabile legittimamente reperita presso la sede dell’impresa, quand’anche risolventasi in annotazioni personali dell’imprenditore, costituisce elemento probatorio, ancorché meramente presuntivo, utilmente valutabile in sede di accertamento, indipendentemente dal contestuale riscontro di irregolarità nella tenuta della contabilità e di inadempimenti di obblighi di legge” (Cass. n. 2217 e n. 19329 del 2006); che “il rinvenimento di una contabilità informale, tenuta su un brogliaccio (ma anche di agende-calendario, block notes, matrici di assegni, estratti di conti correnti bancari), costituisce indizio grave, preciso e concordante dell’esistenza di imponibili non riportati nella contabilità ufficiale, che legittima l’Amministrazione finanziaria a procedere ad accertamento induttivo, ai sensi dell’art. 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633” (Cass. n. 6949 del 2006).
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