La Corte di Cassazione con la sentenza n. 2468 del 31 gennaio 2017 nell’intervenire in tema di accertamento tributario induttivo basato sul riscontro di caffè e di tovaglioli relativamente ad un bar con attività di ristorazione per una redditività più bassa rispetto alla media di settore, che faceva scattare un accertamento induttivo nonostante la regolare tenuta della contabilità.
La vicenda ha riguardato una società in liquidazione a cui l’Agenzia delle Entrate, a seguito di controllo, notificavano un avviso di accertamento sulla base dell’art. 39, comma 1, lett. d), secondo periodo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Infatti l’Agenzia delle entrate riteneva che i ricavi dichiarati erano inferiori a quelli effettivi.
Secondo i Giudici si tratta in realtà di un accertamento fondato sull’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, che recita: «Per i redditi d’impresa delle persone fisiche l’ufficio procede alla rettifica: … d) se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all’articolo 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’articolo 32. L’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.”.
Gli Ermellini evidenziano che l’accertamento, come precisato dall’Agenzia ricorrente, si fonda sull’ultima parte della norma, ossia è un accertamento analitico- induttivo basato su presunzioni, anche semplici purché gravi, precise e concordanti e, in quanto tale, non è condizionato dalla presenza di una contabilità formalmente regolare. Per cui in presenza di una contabilità regolare, è necessaria l’individuazione degli elementi (rectius, delle presunzioni) idonei a giustificare l’accertamento induttivo.
Per i giudici del palazzaccio la decisione della CTR impugnata ha correttamente motivato affermando che «non esistono i presupposti per poter procedere ad accertamento induttivo. Si è in presenza di contabilità regolarmente tenuta; di studi di settore, che una volta rilevato l’errore, sono risultati congrui; di accessi della G. di F. dai quali non è stata mai rilevata difformità nell’emissione di scontrini fiscali.»
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