La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 22126 depositata il 227 settembre 2013 intervenendo in materia di accertamenti standardizzati ha statuito che lo scostamento di modesta entità tra il ricarico concretamente applicato dal contribuente e quello determinato dall’Amministrazione Finanziaria non può far presumere maggiori ricavi non fatturati. Inoltre, continuano i giudici, se l’azienda ha avuto un andamento anomalo che ha determinato la cessazione dell’attività, rappresenta un ulteriore prova che sono state legittimamente eseguite vendite sottocosto.
La vicenda ha avito inizio con la notifica di un avviso di accertamento, ad un contribuente, con cui l’Agenzia delle Entrate aveva determinava in maniera induttiva maggiori ricavi.
L’atto impositivo si fondava sulla presunzione di un maggior ricarico individuato su un campione costituito dai dati del primo trimestre dell’anno sottoposto a controllo.
Avverso tale atto il contribuente ricorreva alla Commissione Tributaria Provinciale che accoglieva le doglianze del ricorrente annullando l’avviso di accertamento. L’Ufficio impugnava la sentenza dei giudici di prime cure dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale i cui giudici confermavano la sentenza di primo grado.
Avverso la decisione dei giudici di merito l’Agenzia delle Entrate ricorreva alla Corte Suprema per la cassazione della sentenza sollevando dei vizi di motivazione contenuti nella decisione impugnata.
La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, aveva ritenuto non rilevante la differenza tra la percentuale stimata rispetto a quella applicata nella dichiarazione presentata
Gli Ermellini nel rigettare il ricorso dell’Agenzia confermavano le pronunce di merito, hanno rilevato che era proprio il modestissimo scostamento, inferiore al punto percentuale, a dimostrare l’inattendibilità del metodo adottato dagli accertatori. Per la Cassazione la determinazione del ricarico avrebbe dovuto considerare un campione più ampio e non fermarsi alla scelta di un solo trimestre.
Pertanto riconfermando il principio di diritto, ormai consolidatosi in giurisprudenza secondo, secondo cui è illegittima la presunzione di ricavi fondata sul raffronto solo di alcuni articoli anziché su un inventario generale o comunque su di una quantità significativa a rappresentare adeguatamente l’operato dell’impresa.
Una volta poi determinato il ricarico di ciascun bene deve essere calcolata la media ponderata e non quella semplice, a maggior ragione, quando tra i vari tipi di articoli possono esservi differenze di valore e percentuali di ricarico diversificate.
L’agenzia, poi, nel proprio ricorso, affermava che i giudici di appello avevano trascurato le vendite sottocosto emerse nell’anno controllato.
La Cassazione precisa che la cessione di un ramo di azienda, effettuata dalla società a novembre dell’anno in esame, conferma l’esistenza di un andamento “anomalo” per le ordinarie dinamiche di un’impresa. Tale circostanza è certamente ostativa a stime modulate su situazioni di normale e completa potenzialità.
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