La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 1240 depositata il 22 gennaio 2014 intervenendo in tema di accertamento ha statuito che qualora sia stata omessa la presentazione della dichiarazione, l’Amministrazione Finanziaria è legittimata ad avvalersi di presunzioni semplici per accertare il volume d’affari della società.
La vicenda ha riguardato una società che non aveva trasmesso la dichiarazione IVA per alcuni anni d’imposta per cui l’Amministrazione Finanziaria notificava avvisi di accertamento con cui veniva accertato un volume d’affari pari al reddito indicato ai fini delle imposte dirette.
La società contribuente impugnava gli atti impositivi ricevuti inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale i cui giudici accoglievano le doglianze della ricorrente. L’Amministrazione Finanziaria impugnava la decisione del giudice di prime cure dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello confermavano la sentenza impugnata dall’Agenzia delle Entrate.
Per la cassazione della pronuncia del giudice di seconde cure, il Fisco, proponeva ricorso alla Corte Suprema. L’Agenzia delle Entrate, in particolare, lamentava la violazione e falsa applicazione dell’articolo 55 del D.P.R. n. 633 del 1972 perché i giudici di appello hanno erroneamente ritenuto che l’Ufficio procedente non potesse fondare la ricostruzione dei redditi per gli anni accertati equiparando il reddito imponibile IRES a quello IVA.
Gli Ermellini accolgono il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. I giudici di legittimità evidenziano che l’articolo 55 del DPR 633/1972 consente, nel caso di mancata presentazione della dichiarazione annuale IVA, di determinare induttivamente “l’ammontare imponibile e l’aliquota applicabile sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell’Ufficio” e tra tali dati può essere senza dubbio incluso il dato indicato dalla parte nella dichiarazione mod. 760 relativa allo stesso anno di quello preso in esame (cfr. Cassazione, sentenze 792/2003, 19321/2006 e 4381/2011).
I giudici del Palazzaccio con il principio della sentenza in commento, conforme all’orientamento della Corte, hanno statuito che nell’ipotesi di omessa della dichiarazione da parte dell’azienda, la legge abilita gli Uffici a servirsi di qualunque elemento ai fini dell’accertamento del reddito, quindi a determinarlo anche con metodo induttivo e anche utilizzando, in deroga alla regola generale, presunzioni semplici, sul presupposto dell’inferenza probatoria dei fatti costitutivi della pretesa tributaria ignoti da quelli noti, sicché, a fronte della legittima prova presuntiva offerta dall’Ufficio, l’onere di dedurre e provare i fatti impeditivi, modificativi o estintivi della predetta pretesa incombe sul contribuente (cfr. Cassazione, ordinanza n. 5228/2012).
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