La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16731 del 3 luglio 2013 ha stabilito che il fisco non può applicare alla cooperativa di trasformazione la presunzione semplice di forfetizzazione dei costi per definire con metodo induttivo il reddito imponibile, il valore della produzione netta ed il volume di affari dichiarati.
La vicenda ha riguardato una cooperativa agricola di trasformazione a cui era stato notificato l’avviso di accertamento per IVA-IRPEG-IRAP per l’anno 1998 effettuato mediante l’applicazione della “percentuale di riduzione” dell’ammontare dei ricavi di una percentuale a titolo di spese forfettarie “pari al 27% prevista dalla tabella di forfettizzazione allegata alla legge 17.2.1985 n.17”.
La cooperativa propone ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale avverso l’atto impositivo che accoglie le doglianze del contribuente annullando l’avviso di accertamento.
L’Amministrazione finanziaria ricorre in appello alla Commissione Tributaria Regionale che nel confermare, e quindi rigettare l’appello del Fisco, affermava che l’intero accertamento appariva viziato dal fatto che la rideterminazione dei valori di ciascuna tipologia di imposta dianzi identificata era stata effettuata mediante l’applicazione della “percentuale di riduzione” dell’ammontare dei ricavi di una percentuale a titolo di spese forfettarie “pari al 27% prevista dalla tabella di forfettizzazione allegata alla legge 17.2.1985 n.17”, senza però che l’Ufficio chiarisse né sulla base di quali dati o notizie si sia avvalso della presunzione semplice qui in discorso né quali siano stati i motivi della sua utilizzazione nel caso concreto. D’altronde, detta applicazione del criterio di forfetizzazione (in realtà previsto per le imprese di servizi) non si giustificava proprio nei confronti di una cooperativa di trasformazione ed alienazione di prodotti agricoli costituita appunto per ridurre i costi di gestione di ciascuna impresa socia.
L’Agenzia delle Entrate ricorre alla Corte Suprema per la cassazione della sentenza di appello basando il ricorso su due motivi.
Gli Ermellini ritenendo inammissibile il ricorso dell’Agenzia affermano che per la prima doglianza il “motivo appare inammissibile, alla luce del fatto che la parte ricorrente non ha identificato il fatto controverso e decisivo in ordine al quale la motivazione della pronuncia risulterebbe insufficiente, nel mentre la censura appare correlata non ad un fatto ma ad una valutazione, sicché con riferimento ad essa la tipologia del vizio dedotto appare del tutto incoerente.”
I Giudici di legittimità per la seconda doglianza del Fisco affermano che “non è affatto vero che il giudice di appello abbia erroneamente inteso il significato della “forfetizzazione” regolata dall’art.2 co. 9 del D.L. n.853/1984. Il giudicante, invece, ha correttamente dato atto che detta forfettizzazione dei costi era stata utilizzata per decurtare in percentuale l’ammontare dei ricavi e -ciò detto- ha argomentato poi coerentemente circa l’impossibilità di fare applicazione di detta “presunzione semplice” in relazione alla specie della cooperativa di trasformazione e alienazione dei prodotti agricoli, argomenti che -siccome nucleo logico della decisione impugnata- sono rimasti incongruamente privi di specifica censura. Ne deriva che anche il secondo motivo di impugnazione non può essere condiviso e che il ricorso deve restare complessivamente disatteso.”
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