La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 20427 depositata il 05 settembre 2013 intervenendo in materia di accertamento fiscale ha statuito che nella cessione di azienda i problemi di salute dell’imprenditore che lo inducono a vendere l’azienda costituiscono ragione più che valida per motivare un valore di vendita inferiore rispetto a quello determinato in via definitiva per l’imposta di registro. Tale valore definitivo, infatti, non può essere utilizzato automaticamente dall’amministrazione per l’accertamento della plusvalenza.
Pertanto alla luce del principio stabilito dalla Corte è stato definitivamente annullato l’accertamento che l’Agenzia delle Entrate aveva notificato ad un contribuente per contestargli una maggiore plusvalenza, ai fini Irpef, relativamente ad una cessione di azienda in cui il valore di vendita era stato dallo stesso indicato in misura inferiore rispetto a quello determinato in via definitiva ai fini dell’imposta di registro.
La vicenda ha riguardato un contribuente a cui l’Amministrazione finanziaria contestava una maggiore plusvalenza, ai fini Irpef, nella cessione di azienda sulla base del valore determinato in via definitiva ai fini del registro.
Il contribuente, avverso l’atto impositivo, proponeva ricorso evidenziando di aver venduto ad un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato, rilevante per l’imposta di registro, per le cattive condizioni di salute che lo avevano indotto a disfarsi dell’azienda. Il ricorso presentato alla Commissione Tributaria veniva accolto sia in primo che in secondo grado condividevano la tesi del contribuente e quindi annullavano la pretesa dell’Ufficio, il quale, però, ricorreva in cassazione.
L’Agenzia lamentava che la CTR aveva erroneamente ritenuto che il valore dell’avviamento dell’azienda dovesse essere determinato in base a quanto dichiarato nell’atto di compravendita senza quindi considerare le risultanze ai fini del registro.
La Corte di Cassazione respinge il ricorso dell’Amministrazione finanziaria.
In materia di accertamento del reddito, per i giudici di legittimità, il valore di mercato determinato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro può essere legittimamente utilizzato dall’amministrazione come dato presuntivo per la plusvalenza realizzata dal contribuente a seguito della medesima cessione di azienda.
È onere dello stesso contribuente superare detta presunzione di corrispondenza di valore di mercato e prezzo incassato mediante la prova, anche con il ricorso a elementi indiziari, di avere in concreto venduto a un prezzo inferiore.
Per i giudici del Palazzaccio, nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale ha correttamente escluso la corrispondenza tra i due valori in considerazione delle comprovate cattive condizioni di salute del contribuente che lo hanno indotto a cedere l’azienda.
La vicenda da cui scaturisce la pronuncia è comune a molti contribuenti in quanto è ormai prassi consolidata degli uffici in presenza di cessione di azienda, terreni, eccetera, determinare la plusvalenza ricorrendo al valore definitivo ai fini del registro.
Gli Ermellini ribadiscono che il contribuente può ben motivare tale differenza solo che, come nella specie, gli uffici – di sovente – non tengono in alcuna considerazione le giustificazioni addotte.
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