
La Commissione Tributaria Regionale della Toscana con la sentenza n. 499/16/17 ha stabilito la illegittimità dell’accertamento con “redditometro” nei confronti del contribuente che è titolare di un’autovettura di modesto valore e di un motociclo “vetusto”.
La vicenda ha avuto origine dalla notifica di due avvisi di accertamento basai sul redditometro per gli anni 2007 e 2008. I due accertamenti furono emessi sulla base del possesso di un autoveicolo e di una motocicletta di esiguo valore, nonché del 25% di un appartamento avuto in eredità dal padre.
Il contribuente avverso i due atti impositivi proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale, i cui giudici accoglievano le doglianze del ricorrente non ravvisando elementi giustificativi della rettifica operata dall’Amministrazione Finanziaria, dovendosi togliere dalla base di calcolo l’abitazione principale e quindi rimanendo quali beni indice solo l’auto di modesto valore e la moto immatricolata nel 1993, da considerarsi perciò “vetusta”.
L’Amministrazione proponeva, avverso la decisione di primo grado, ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Regionale che respingeva il ricorso proposto. I giudici della CTR hanno escluso che potesse considerarsi come indice di una maggiore capacità contributiva il possesso dell’autovettura e del motociclo in questione. Per i giudici della CTR il possesso di un’autovettura sia ormai generalizzato, per cui il possesso non può consentire una presunzione di maggior reddito (cfr. C.M. 14 agosto 1981 n. 27/7/2648). Infine nella sentenza in commento viene affermato che il redditometro basato sui moltiplicatori del D.M. 10.09.1992 e 19.11.1992 è una presunzione semplice. Pertanto il contribuente può vincerla dimostrando con altrettante presunzioni la bontà del proprio operato.
I giudici, precisamente, nella sentenza in commento affermano che: “Corretta appare la motivazione della decisione impugnata nonché immune da vizi logici e giuridici e quindi da confermare integralmente laddove ha affermato che il maggior reddito imputato al (omissis) è stato ricalcolato dall’Amministrazione Finanziaria (tenuto conto dell’autotutela esercitata a fronte della dimostrazione della provenienza del maggior reddito in ordine all’immobile di via X che aveva innescato l’accertamento) erroneamente dovendosi togliere dalla base di calcolo l’abitazione principale che non costituisce un bene voluttuario considerato peraltro che al medesimo questo era pervenuto per una quota ridotta (25%) in morte del padre e riferendosi esclusivamente agli ulteriori beni indice rimasti ossia una macchina ed una moto. Sul punto facendo riferimento alla C.M. 14 agosto 1981 n. 27/7/2648 a mente della quale il possesso di autoveicoli è talmente generalizzato da non consentire una presunzione di maggior reddito e riferendosi a parametri oggettivi ossia a dati ACI relativi ai predetti mezzi (dei quali unotalmente vetusto da non comparire nemmeno più nelle relative tabelle ma comparato ad altro mezzo di stessa potenza) la CTP ha rideterminato il costo di mantenimento degli stessi, pervenendo alla conclusione corretta nelle premesse che il maggior reddito sinteticamente accertato dall’Amministrazione Finanziaria per oltre 21.000 euro era errato e non rispondente ai dati oggettivamente verificabili (e dalla CTP Fi verificati per poco più di 5.000,00 euro), tanto da imporre e giustificare la conclusione dell’illegittimità dell’accertamento operato dall’odierna appellante. Di fatto in sostanza la CTP ha reputato che una volta giustificata la fonte di innesco dell’accertamento sintetico l’Amministrazione Finanziaria ha reputato erroneamente sussistente il maggior reddito in capo al (omissis) sulla base di due soli beni indice di modestissimo valore in base – si ripete – ad accertamenti oggettivi e pienamente utilizzabili al fine di vincere la presunzione semplice dei moltiplicatori contenuti nel DM 10.9.92 e 19.11.92, senza stravolgere la loro valenza, ma semplicemente confutandoli con altri datti offerti alla sua valutazione.”
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