La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 20278 del 04 settembre 2013 intervenendo in tema accertamenti standard ha statuito che il contribuente ha l’onere dì provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo dì tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente.
La vicenda ha avuto inizio con l’emissione e la relativa notifica dell’avviso di accertamento, in applicazione dei parametri previsti dal D.P.C.M. 29/01/1996, come modificato dal D.P.C.M. 27/03/1997, con cui era stato elevato il reddito d’impresa dichiarato. Il contribuente avverso l’atto impositivo ricorreva alla Commissione Tributaria Provinciale i cui giudici accoglievano le doglianze ed annullavano l’avviso di accertamento. L’Amministrazione Finanziaria avverso la decisione dei giudici di prime cure proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Regionale.
La Commissione Tributaria Regionale respingeva il gravame dell’Agenzia delle Entrate, in quanto rilevava che, nella fattispecie, l’accertamento induttivo difettava “di precisione, concordanza oltre di gravità, in considerazione che il ricorrente versava in una gravissima crisi finanziaria derivante da altrettanti gravi problemi familiari” problemi che, distogliendo il Di S. da “una corretta cura dei propri interessi economici e da una sana e serena conduzione dei propri affari”, avevano “messo a rischio la stessa esistenza della piccola azienda a conduzione familiare”.
Avverso la sentenza dei giudici di appello l’Agenzia delle Entrate ricorreva per la cassazione della decisione alla Corte Suprema basandolo su due motivi.
Gli Ermellini nel rigettare il ricorso dell’Agenzia delle Entrate hanno ricordato che la stessa “Corte ha chiarito che la procedura di. accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema dì presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente.”
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