La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 20770 depositata il 11 settembre 2013 intervenendo in tema di garanzie del contribuente ha statuito che qualora i funzionari del fisco eseguono un accesso presso i locali aziendali anche solo per ritirare documenti devono compilare i relativi verbali delle attività svolte. Per cui deve essere garantita al contribuente la facoltà di presentazione della memoria prevista dall’articolo 12, comma 7 dello Statuto del contribuente, pena la nullità del successivo atto di accertamento. In questi casi, infatti, l’accertamento non può essere emesso senza redazione del verbale.
La sentenza in commento dovrebbe essere la prima pronuncia dei giudici di legittimità dopo la recente decisione delle Sezioni Unite (18184/2013) sulla controversa questione della nullità degli atti impositivi emessi prima dei 60 giorni dalla conclusione dell’attività di controllo
La questione trattata dalla Suprema Corte risulta essere particolarmente interessante e puntuale perché attiene una casistica che, di sovente, si riscontra nella prassi quotidiana.
Spesso, infatti, per svolgere un controllo i funzionari del fisco si recano presso la sede dell’azienda, ritirano i documenti e proseguono il controllo in ufficio ovvero, pur restando in azienda, limitano la verbalizzazione a poche attività svolte. Pertanto nei casi di mancanza del verbale di chiusura delle operazioni, ovvero lo stesso Pvc, gli uffici sono convinti che, in queste ipotesi, non debba essere garantito al contribuente il diritto di presentazione della memoria e che quindi nessun termine dei 60 giorni, previsto dall’articolo 12, comma 7, della legge 212/200 debba essere rispettato prima dell’emissione dell’atto impositivo. In sostanza, viene direttamente emesso l’accertamento senza farlo precedere da alcun verbale
Nella vicenda esaminata dalla Corte Suprema, l’Amministrazione Finanziaria contestava al contribuente una serie di violazioni fiscali, ma il contribuente lamentava, tra l’altro, che non gli era stata concessa la possibilità di presentare la memoria prevista dall’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000.
Il contribuente a cui era stato notificato l’atto impositivo contestando tale mancato rispetto normativo ricorreva alla Commissione Tributaria Provinciale chiedendo la nullità dell’atto. I giudici di primo grado accolgono la richiesta del contribuente è dichiarano la nullità degli avvisi di accertamento. L’Agenzia delle Entrate avverso la decisione dei giudici di prime cure ricorrono alla Commissione Tributaria Regionale che accoglie e condivide le doglianze dell’Agenzia, escludeva, invece, tale facoltà di presentare osservazioni in assenza di verbale di verifica e constatazione. . Il contribuente proponeva ricorso alla Corte Suprema contro la decisione dei giudici di merito basando, il ricorso, su otto motivi, tra l’altro, la predetta violazione dell’articolo 12 comma 7.
I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso, rilevando che a norma dell’articolo 52, comma 6 del Dpr 633/72 di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute
Nel caso di specie non era stato redatto, invece, alcun verbale e di conseguenza il contribuente non aveva potuto esercitare la predetta facoltà di presentare osservazioni.
Gli Ermellini, opportunamente, ricordano che nel verbale di accesso non devono necessariamente essere formulati i rilievi o gli addebiti, essendo finalizzata tale fase del procedimento all’acquisizione dei documenti, dati e notizie. L’atto quindi deve essere comunque redatto.
La mancata redazione del verbale dell’attività effettuata dall’Ufficio non può essere giustificata dal fatto che in sede di verifica e di accesso presso i locali aziendali non era stata svolta alcuna attività istruttoria, ma una mera richiesta documentale.
Ne consegue che, nel caso di specie, non poteva essere emesso avviso di accertamento e quindi il ricorso del contribuente è stato accolto.
La pronuncia garantisce decisamente maggiori diritti al contribuente e, pertanto, c’è da sperare che ora anche le varie commissioni tributarie, in presenza di queste ipotesi, censurino il comportamento degli uffici.
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