AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 24 luglio 2019, n. 312
Articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Adempimenti del sostituto di imposta da parte di soggetto estero non residente – Articolo 23, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600
Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente
Quesito
L’interpellante, società di diritto spagnolo che svolge attività di gestione e amministrazione di valori mobiliari di soggetti residenti e non residenti in Spagna, ha deciso di assumere un lavoratore dipendente residente in Italia al fine di promuovere, nel territorio dello Stato, la propria attività istituzionale, nonché di segnalare opportunità di business.
Al riguardo, evidenzia di aver conferito apposito mandato al Sig. Alfa nella qualità di rappresentante per gli adempimenti previdenziali, assicurativi e fiscali connessi all’attività lavorativa che la persona da assumere dovrà svolgere in Italia.
L’istante riferisce, inoltre, che l’assunzione del dipendente sarà effettuata inizialmente in assenza di uffici “fisici” e che, per il 2020, sta valutando di aprire in Italia un ufficio di rappresentanza per l’attività preparatoria finalizzata a un eventuale futuro inserimento nel mercato italiano.
Detto ufficio non svolgerà alcuna attività commerciale nel territorio dello Stato.
In considerazione di quanto precisato, l’istante chiede di sapere se, con riferimento ai periodi di imposta 2019 – nel quale non saranno presenti in Italia uffici “fisici” – e 2020 – in cui si sta valutando di aprire in Italia un ufficio di rappresentanza – debba operare in qualità di sostituto d’imposta nei confronti del personale dipendente, applicando le ritenute alla fonte di cui all’articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sui redditi di lavoro dipendente da erogare.
Soluzione interpretativa prospettata dall’istante
L’istante ritiene di non dovere operare in qualità di sostituto di imposta e, conseguentemente, di non essere tenuto ad applicare le ritenute alla fonte a titolo di acconto sui redditi di lavoro dipendente che corrisponderà al personale assunto in Italia, sia con riferimento all’anno 2019, nel quale non saranno presenti uffici “fisici” nel territorio dello Stato, sia con riferimento all’anno 2020, nel quale si sta valutando di aprire in Italia un ufficio di rappresentanza che svolga attività preparatoria (non commerciale) finalizzata a un possibile futuro inserimento nel mercato italiano.
A tal fine, precisa che l’articolo 23 del citato d.P.R. n. 600 del 1973, che individua i soggetti tenuti a effettuare le ritenute alla fonte, nell’operare un rinvio all’articolo 73, comma 1, del TUIR, ricomprende, fra tali soggetti, “le società e gli enti di ogni tipo…con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato”.
Richiama, inoltre, la circolare del Ministero delle Finanze 23 dicembre 1997, n. 326, in cui è stato specificato, al paragrafo 3.1, che l’obbligo di operare le ritenute a titolo di acconto sull’IRPEF vale solo per i redditi corrisposti da “sedi fisse” in Italia.
Ritenendo l’istante che per “sedi fisse” debbano intendersi solo le stabili organizzazioni di cui all’articolo 162 del TUIR, mancherebbe, nella fattispecie in esame, il presupposto per l’applicazione delle ritenute alla fonte sia per il periodo di imposta 2019 che per il periodo di imposta 2020, in quanto l’interpellante, in entrambe le annualità, non svolgerebbe in Italia alcuna attività commerciale.
Ne consegue che il reddito di lavoro dipendente percepito dal lavoratore dovrà essere dichiarato da quest’ultimo nel modello di dichiarazione dei redditi e la relativa imposta autoliquidata e versata dal lavoratore dipendente medesimo alle scadenze previste.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
Nel fornire risposta all’interpello, si osserva preliminarmente che non si entra nel merito in ordine alla possibilità che l’attività in questione sia soggetta ad autorizzazione in base alla legislazione nazionale vigente.
Si fa presente, inoltre, che la seguente risposta si basa sui fatti e sui dati come prospettati nell’istanza di interpello, fermo restando, in capo al competente Ufficio finanziario, l’ordinario potere di verifica e di accertamento nei confronti dell’istante, anche con riferimento alla qualificazione del rapporto di lavoro in termini di rapporto di lavoro dipendente nonché alla sussistenza di una stabile organizzazione in Italia.
Ai fini di un corretto inquadramento della questione, è utile rammentare che l’articolo 64, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, definisce sostituto d’imposta il soggetto obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili.
L’istituto della sostituzione d’imposta, con il quale il sostituto è tenuto, con obbligo di rivalsa, ad adempiere alla obbligazione tributaria altrui, oltre a rispondere a un’esigenza di semplificazione dei rapporti tra l’Amministrazione finanziaria e la pluralità di contribuenti, concretizza, altresì, l’interesse alla sicura riscossione dei tributi.
L’articolo 23, comma 1, del citato D.P.R. n. 600 del 1973 individua, in modo tassativo, i soggetti obbligati a operare, in qualità di sostituti di imposta, le ritenute alla fonte sui redditi per i quali è prevista l’applicazione di dette ritenute.
Fra tali soggetti menziona gli “enti e le società indicati nell’articolo 87 (ora articolo 73), comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917” (TUIR).
L’articolo 73, comma 1, del TUIR, alla lettera d), indica testualmente “le società ed enti di ogni tipo compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato”.
Rientrano, pertanto, fra i soggetti che rivestono la qualifica di sostituti di imposta, anche i soggetti non residenti nel territorio dello Stato.
Tuttavia, come precisato nella circolare del Ministero delle Finanze 23 dicembre 1997, n. 326, paragrafo 3.1, gli enti e le società non residenti assumono la qualifica di sostituto d’imposta limitatamente ai redditi corrisposti da una loro stabile organizzazione o base fissa in Italia.
Le società non residenti, infatti, seppur ricomprese, sotto il profilo soggettivo, fra i soggetti indicati al primo comma dell’articolo 23 del d.P.R. n. 600 del 1973, in linea di principio, ne sono oggettivamente escluse in ragione della delimitazione territoriale della potestà tributaria dello Stato.
Ne consegue che, stante l’assenza di stabile organizzazione in Italia, l’istante, non rivestendo il ruolo di sostituto d’imposta, non è tenuta ad applicare le ritenute sui corrispettivi erogati al proprio dipendente in Italia.
Resta inteso che, ove il personale dipendente assunto in Italia disponga del potere di concludere contratti in nome della società interpellante, e di fatto lo eserciti, si dovrà valutare se la società medesima disponga, nel territorio dello Stato, di una stabile organizzazione, anche in assenza di una struttura fissa (c.d. stabile organizzazione personale).
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