AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 04 ottobre 2018, n. 25
Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Adempimenti dichiarativi ai fini delle II.DD. da parte di un soggetto iscritto all’AIRE – Convenzione tra Italia e Lussemburgo per evitare le doppie imposizioni ratificata dalla legge 14 agosto 1982, n. 747
Quesito
L’istante dichiara di aver iniziato a lavorare in Lussemburgo il 1° settembre 2017 e, conseguentemente, di aver ivi spostato la propria residenza.
Il contribuente rappresenta di essersi registrato all’AIRE, di essere intestatario di un contratto di affitto in Lussemburgo e di lavorare a tempo pieno con contratto a tempo indeterminato.
Inoltre, l’istante ha evidenziato di avere in Lussemburgo un regime di tassazione con aliquota fissa e classificato come single (classe 1- più elevata come percentuale), in quanto la famiglia risiede in Italia.
Nell’istanza viene precisato che la moglie e il figlio sono residenti in Italia, dove hanno una casa in affitto e che il relativo contratto, l’assicurazione della casa e le bollette di gas e luce sono intestati all’istante.
Dall’istanza risulta, inoltre, che in Italia la moglie è proprietaria di un’automobile e che la stessa è intestataria della relativa assicurazione.
L’istante precisa di non avere altre proprietà in Italia e di venire regolarmente in Italia a trovare la sua famiglia che, a sua volta, va regolarmente in Lussemburgo a trovarlo; pertanto, il trasferimento dell’istante in Lussemburgo è legato alla possibilità per lo stesso di poter avere un lavoro che gli consenta di sostenere se stesso e la sua famiglia.
Il contribuente chiede di sapere come procedere per la dichiarazione dei redditi relativa al 2017 e al 2018, precisando che il suo commercialista ha in prima istanza considerato il suo centro di interessi in Lussemburgo.
L’istante chiede, infine, la conferma della correttezza dell’operato di sua moglie che, su indicazione della società dove lavora e del suo commercialista, ha indicato il loro figlio a carico al 100 per cento, essendo classificato il padre in Lussemburgo come single senza figli a carico, visto che la sua famiglia è residente in Italia.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante non prospetta alcuna soluzione interpretativa al quesito formulato.
Parere dell’agenzia delle entrate
In via preliminare, si evidenzia che l’accertamento dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale costituisce una questione di fatto che non può essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000 (cfr. circolare n. 9 del 1° aprile 2016).
Nel seguito, pertanto, si forniscono alcune indicazioni di carattere strettamente interpretativo sulle disposizioni applicabili al caso prospettato.
Per individuare la nozione di residenza fiscale valida ai fini dell’applicazione delle disposizioni delle Convenzioni contro le doppie imposizioni e, in particolare, della Convenzione tra Italia e Lussemburgo per evitare le doppie imposizioni ratificata dalla legge 14 agosto 1982, n. 747 (di seguito la Convenzione o il Trattato internazionale), è necessario fare riferimento alla legislazione interna degli Stati contraenti.
Si osserva, in particolare, come la Convenzione stabilisca, all’articolo 4, paragrafo 1, che l’espressione “residente di uno Stato designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato, a motivo del suo domicilio, della sua residenza (…) o di ogni altro criterio di natura analoga”.
A tal riguardo l’articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito TUIR) considera residenti in Italia “le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile”.
Le tre condizioni sopra citate sono tra loro alternative, essendo sufficiente che sia verificato, per la maggior parte del periodo d’imposta, uno solo dei predetti requisiti affinché una persona fisica venga considerata fiscalmente residente in Italia e, viceversa, solo quando i tre presupposti della residenza sono contestualmente assenti nel periodo d’imposta di riferimento tale persona può essere ritenuta non residente nel nostro Paese.
Si segnala, inoltre, che l’articolo 2, comma 1, del TUIR dispone che sono soggetti passivi d’imposta tutte le persone fisiche residenti e non residenti nel territorio dello Stato, indipendentemente dalla cittadinanza.
Si rappresenta, infine, che l’articolo 3, comma 1, del TUIR prevede che, per le persone residenti in Italia, l’imposta si applica sull’insieme dei redditi percepiti, indipendentemente da dove questi siano prodotti, mentre per i soggetti non residenti l’imposta si applica solo sui redditi prodotti nel nostro Paese.
Con riferimento alla fattispecie in esame, si evidenzia che, sulla base di quanto rappresentato in istanza, non risulta in quale data si sia perfezionata l’iscrizione all’AIRE del contribuente; pertanto, non è possibile stabilire se per l’istante sia integrato il requisito dell’iscrizione all’AIRE per la maggior parte del periodo d’imposta per 2017 e, ovviamente, per l’anno in corso.
Inoltre, nel caso di specie, anche se l’istante risultasse iscritto all’AIRE e avesse soggiornato nel 2017 e soggiornasse nel 2018 all’estero per la maggior parte del periodo d’imposta, per tali annualità potrebbe comunque essere considerato fiscalmente residente in Italia.
Infatti, la circostanza rappresentata dall’istante, secondo cui la sua famiglia risiede in Italia e il contratto di affitto e le utenze sono intestate a suo nome, potrebbe indurre a ritenere che lo stesso abbia nel nostro Paese il proprio domicilio ai sensi dell’articolo 43 del codice civile, inteso come luogo in cui una persona, a prescinde dalla reale presenza fisica del soggetto, ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.
Nel caso in cui l’istante non sia in grado di provare la contestuale assenza delle tre citate condizioni normativamente previste per essere considerato fiscalmente residente in Italia, lo stesso dovrebbe essere considerato fiscalmente residente nel nostro Paese per gli anni d’imposta 2017 e 2018.
Per completezza, si osserva che, in caso di contestuale residenza fiscale italiana e lussemburghese nelle annualità considerate, in virtù dell’applicazione al caso di specie delle vigenti normative interne di Italia e Lussemburgo, nella fattispecie in esame si verrebbe a determinare un conflitto di residenza tra i due Paesi che deve essere risolto facendo ricorso alle disposizioni della Convenzione.
Lo stesso Trattato internazionale precisa, all’articolo 4, paragrafo 2, che, nel caso in cui, in base alle disposizioni del citato paragrafo 1, una persona fisica è residente di entrambi gli Stati contraenti la Convenzione, il contribuente è considerato, innanzitutto, residente nello Stato in cui dispone di un’abitazione permanente e, in subordine, (laddove disponga di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati), la residenza di una persona fisica sarà determinata secondo i seguenti criteri residuali disposti in ordine decrescente:
– ubicazione del centro degli interessi vitali (la persona fisica che dispone di un’abitazione principale in entrambi gli Stati sarà considerata residente nel Paese nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette);
– dimora abituale (ove non sia possibile individuare la residenza del contribuente in base ai due criteri sopra citati, una persona fisica sarà considerata residente dello Stato in cui soggiorna abitualmente);
– nazionalità della persona fisica (quando i primi tre criteri non sono dirimenti, il contribuente sarà considerato residente dello Stato contraente la Convenzione di cui possiede la nazionalità);
– quando, infine, una persona fisica ha la nazionalità di entrambi i Paesi o di nessuno di essi, gli Stati contraenti il Trattato internazionale risolveranno la questione di comune accordo.
Ciò premesso, se l’istante dovesse risultare fiscalmente residente in Italia nelle annualità considerate tutti i redditi percepiti dallo stesso dovunque prodotti (tra cui, ovviamente, i redditi da lavoro dipendente svolto in Lussemburgo) dovrebbero essere dichiarati ed assoggettati ad imposizione nel nostro Paese.
Al riguardo, si rileva che l’articolo 15, paragrafo 1, della Convenzione prevede l’assoggettamento ad imposizione concorrente nello Stato della fonte del reddito ed in quello di residenza del contribuente, dei redditi da lavoro subordinato.
In tale ipotesi, tuttavia, l’istante avrebbe la possibilità di evitare l’eventuale doppia imposizione sul reddito, sulla base di quanto previsto l’articolo 24, paragrafo 2, della Convezione, ai sensi del quale “Se un residente dell’Italia possiede elementi di reddito che sono imponibili nel Lussemburgo, l’Italia nel calcolare le proprie imposte sul reddito … può includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che espresse disposizioni della presente Convenzione non stabiliscano diversamente. In tal caso, l’Italia deve dedurre dalle imposte così calcolate l’imposta sul reddito pagata nel Lussemburgo, ma l’ammontare della deduzione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo”.
Diversamente, in relazione alle annualità 2017 e 2018, nel caso in cui l’istante sia in grado di dimostrare, per la maggior parte del periodo d’imposta, oltre all’iscrizione all’AIRE, di non avere in Italia né domicilio né residenza ai sensi dell’articolo 43 del codice civile, lo stesso dovrà considerarsi fiscalmente residente all’estero.
In tal caso l’istante dovrà porre in essere gli adempimenti previsti per tali soggetti, ossia l’indicazione in dichiarazione dei soli redditi prodotti in Italia.
Il reddito percepito dall’istante, a fronte di un’attività di lavoro dipendente svolta in Lussemburgo nel 2017 e nel 2018, non deve, pertanto, nel presupposto di una residenza fiscale del contribuente in tale Stato, essere assoggettato ad imposizione in Italia.
Con riguardo alla circostanza rappresentata in istanza, secondo cui la moglie dell’istante intende indicare nella percentuale del 100 per cento la detrazione spettante per il figlio a carico, si rappresenta quanto segue.
Ai sensi dell’articolo 12 del TUIR la detrazione per figli a carico è ripartita nella misura del 50 per cento tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati ovvero, previo accordo tra gli stessi, spetta al genitore che possiede un reddito complessivo di ammontare più elevato.
Pertanto, in mancanza di una disposizione che preveda specifici criteri per l’ipotesi in cui uno dei genitori non separato sia fiscalmente residente all’estero, nel caso in questione, anche se l’istante fosse fiscalmente residente all’estero, la ripartizione della detrazione prevista per il figlio a carico spetterà alla madre nella misura del 50 per cento, a meno che la medesima non percepisca un reddito complessivo di ammontare più elevato del marito.
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