La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 26769 depositata il 29 novembre 2013 intervenendo in tema di agevolazioni prima casa ha statuito che la proroga di due anni dei termini per la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta di registro, ipotecaria, sulle successioni e donazioni e sull’incremento di valore degli immobili, prevista dall’art. 11, comma 1, L. 27 dicembre 2002 n. 289, in caso di mancata presentazione o inefficacia dell’istanza di condono quanto ai valori dichiarati o agli incrementi di valore assoggettabili a procedimento di valutazione, è applicabile anche all’ipotesi di cui al comma 1 bis, riguardante la definizione delle violazioni relative all’applicazione di agevolazioni tributarie sulle medesime imposte.
La vicenda ha riguardato un contribuente a cui l’Agenzia delle Entrate notificava un avviso di liquidazione col quale veniva recuperata l’ordinaria imposta di registro previa revoca del beneficio cosiddetto “prima casa” stabilito dall’art. 1, comma 5, Parte I, Tariffa allegata al d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131, revoca giustificata dall’Amministrazione pel carattere “di lusso” dell’abitazione.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale che accoglieva le doglianze del ricorrente. Avverso la pronuncia del giudice di prime cure il Fisco proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Regionale che in riforma della sentenza di primo grado accoglieva l’appello dell’Amministrazione Finanziaria che evidenziava la tempestività della notificato dell’atto impugnato, questo perché i termini stabiliti dall’art. 76, comma 2, d.p.r. cit. dovevano ritenersi prorogati ai sensi dell’art. 11, comma 1 e 1 bis, L. 27 dicembre 1992, n. 289 ed in secondo luogo riteneva idonea la motivazione contenuta nell’impugnato avviso di liquidazione, considerando sufficiente che quest’ultimo avesse dato “atto della decadenza dalle agevolazioni previste per la prima casa, essendo risultato, dall’accertamento eseguito ai sensi della L. 118/85, che la stessa ha le caratteristiche dell’immobile di lusso ai sensi del d.m. 2/8/69”.
Il contribuente per la cassazione della sentenza di appello proponeva ricorso, basato su sei motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini rigettano il ricorso del contribuente condannandolo anche al pagamento delle spese. I giudici di legittimità hanno precisato che nell’uno e nell’altro caso, l’agenzia delle Entrate è chiamata a valutare l’efficacia dell’istanza di definizione, cosicché, trattandosi delle medesime imposte, sarebbe incongrua l’interpretazione che riconoscesse solo nella prima ipotesi la proroga dei termini per la rettifica e la liquidazione del dovuto.
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