Le Agevolazioni prima casa di natura fiscali concernente il momento dell”acquisto competono unicamente a chi possa dimostrare, in base ai dati anagrafici, di risiedere o lavorare nel comune dove ha acquistato l’immobile, senza che, a tal fine, possano rilevare la residenza di fatto o altre situazioni contrastanti con le risultanze degli atti dello stato civile.
Questo principio di diritto viene ribadito dalla sezione tributaria della Corte di cassazione con la sentenza n. 8415 del 5 aprile 2013.
La norma di riferimento delle agevolazioni prima casa sono regolate dalla lettera a), comma II bis, nota all’articolo 1, parte prima della tariffa, allegata al Dpr 131/1986, al fine di di fruire dell’agevolazione, per l’acquirente, è indispensabile, fra l’altro,“che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza”.
Altro requisito è determinato dall’elemento che chi compra non deve aver dichiarato già “prima casa” sul territorio nazionale, né deve possedere – a titolo di proprietà o di altro diritto reale – altro immobile nel territorio del comune ove si trovi il bene immobile.
La sentenza degli Ermellini conferma il principio generale ormai consolidato (cfr anche Cassazione 1530/2012, 1173/2008 e 10151/2002) secondo cui il dato anagrafico prevale su quello fattuale, ove quest’ultimo sia eventualmente difforme dal primo.
Pertanto il contribuente non potrà invocare una “causa di forza maggiore”, quale il mancato completamento dei lavori di ristrutturazione, per esimersi dal rispettare la dichiarazione espressa al rogito: infatti, tale evenienza non limita il potere da parte dell’acquirente di trasferire la propria residenza nel comune dove è ubicato l’immobile acquisito godendo dei benefici prima casa.
Il principio sopra affermato ha una evidente funzione antielusiva e retto dalla stretta interpretazione letterale che informa le fattispecie agevolative: ciò per la considerazione che un beneficio fiscale deve essere ancorato a un dato certo, che asseveri la situazione di fatto enunciata in atto.
Ove si prescindesse da questo dato oggettivo, avrebbero ingresso nel nostro sistema ipotesi incerte di spettanza dell’agevolazione, dietro alle quali si aprirebbe, inevitabilmente, la “falla” della disparità di trattamento, deprecabile in un sistema fiscale e in uno stato di diritto realmente moderni.
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