La Cassazione con la sentenza n. 14173 del 05 giugno 2013 è intervenuta in materia di agevolazioni fiscali “prima casa” evidenziando come la natura del beneficio sia quella di favorire la destinazione “a propria abitazione dell’immobile acquistato”. La legge prevede la perdita dell’agevolazione in caso di mancato utilizzo dell’immobile da parte del proprietario.
Gli ermellini alla luce della costante giurisprudenza della Corte Suprema hanno affermato che l’agevolazione in parola presuppone che l’immobile acquistato sia effettivamente adibito ad abitazione principale (Cass. sez. trib. n. 13491 del 2008; Cass. sez. n. 20376 del 2006), circostanza che si evince chiaramente dal fatto che la legge richiede l’obbligo di residenza nell’immobile o collega la perdita dell’agevolazione nel caso di vendita del bene nei cinque anni (salvo il caso dell’acquisto di nuova abitazione principale).
Tale interpretazione è direttamente ricavabile dalla necessità di residenza ex Nota II bis 1. lett. a) e oltreché dalla decadenza dal beneficio conseguente all’alienazione infraquinquennale, a meno che si acquisiti una nuova abitazione “principale” ex Nota II bis 4.
La vicenda è nata dalla trasformazione e variazione catastale in ufficio dell’appartamento acquistato con benefici relativi alla “prima casa”. L’Agenzia delle Entrate notificava al contribuente l’avviso di liquidazione e di irrogazione sanzioni con cui venivano revocati i benefici fiscali e richieste le imposte relative oltre alle sanzioni ed interessi.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo inanzi alla commissione Tributaria Provinciale la cui sentenza emessa risultava favorevole al contribuente. L’Agenzia avverso la sentenza dei giudici di prime cure proponeva ricorso in appello. La Commissione Tributaria Regionale accoglieva il ricorso dell’Agenzia e riformava la sentenza di primo grado.
C’è da sottolineare che, nel caso di specie, il contribuente aveva fissato domicilio altrove e non era riuscito a dimostrare di vivere nell’immobile in questione.
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