CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 novembre 2021, n. 30981
Tributi – IRPEF – Accertamento sintetico – Redditometro – Indici di capacità contributiva – Incrementi patrimoniali – Acquisto di immobili e di un natante da diporto – Valutazione
Osserva
L’Agenzia delle Entrate accertava analiticamente ex art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, nei confronti di A.P. un maggior reddito per l’anno di imposta 2005; l’accertamento dell’ufficio, effettuato previo invio di questionario, si basava sulla discrasia tra i modesti redditi complessivi dichiarati dal contribuente ed i costanti incrementi patrimoniali dallo stesso effettuati per acquisto di immobili e di una imbarcazione da diporto.
In sede di contraddittorio il contribuente chiariva, in parte la propria posizione fiscale; con riferimento alla disponibilità dell’imbarcazione da diporto l’Agenzia riteneva, tuttavia, che la documentazione esibita al fine di dimostrarne la partecipazione al mantenimento da parte di altri soggetti non fosse idonea.
Il contribuente impugnava l’avviso e la CTP di Genova rigettava il ricorso.
Il contribuente impugnava la sentenza e la CTR della Liguria con sentenza n. 847/5/13 depositata il 24.7.2014, in parziale accoglimento dell’appello verificava che l’imbarcazione oggetto di accertamento era una unità da diporto di metri 9,30 anzicchè di metri 10,65 e mandava all’Ufficio la rideterminazione del reddito sinteticamente accertato.
Avverso la sentenza di appello A. P. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso proponendo ricorso incidentale affidato a due motivi.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo il contribuente deduce la violazione e falsa applicazione della legge n.172/2003 in combinato disposto con l’art. 38 comma 4 del DPR 600/1973 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c..
Lamenta che la CTR non aveva colto la differenza tra “imbarcazioni di diporto” che hanno lunghezza superiore a metri dieci e “natanti” che hanno lunghezza inferiore a metri dieci e che non hanno obbligo di iscrizione nei pubblici registri.
2. Con il secondo motivo deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c…
Lamenta che la CTR non aveva motivato sulla censura relativa alla anomalia delle tabelle del redditometro sul rapporto di lunghezza delle imbarcazioni e i cavalli attribuiti dal legislatore.
Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta.
Esse non sono fondate.
2.1. L’assunto secondo il quale la verifica della riconducibilità del possesso dell’imbarcazione all’una o all’altra delle categorie prese in considerazioni dai decreti ministeriali al fine della ricostruzione sintetica del reddito dovrebbe essere effettuata alla stregua delle definizioni e classificazioni contenute dalla legislazione in tema di nautica da diporto e della legislazione di attuazione della direttiva 94/25/CE/ in materia di progettazione, costruzione e immissione in commercio di unità da diporto, è da disattendere in quanto, come già chiarito da questa Corte, “ai fini che la legge tributaria si propone, non rilevano le classificazioni che, ad altri fini (costruzione, iscrizione negli appositi registri, abilitazioni alla navigazione correlata alla sicurezza della navigazione stessa e della vita umana; comando e condotta delle imbarcazioni) ossia ai fini dell’applicazione del codice della navigazione, dei relativi regolamenti di esecuzione e delle altre leggi speciali, sono contenute nella legge 11 febbraio 1971 n. 50, recante norme sulla navigazione da diporto e modificato dalla legge 6 marzo 1976 n. 51, che distingue tra unità, navi, imbarcazioni e natanti da riporto sono utilizzate dal legislatore. Tali classificazioni sono estranee alle norme tributarie, perché, nell’ambito di esse, l’imbarcazione, comunque sia classificata nella disciplina che ne regola la navigazione, rileva in quanto, sulla base di parametri precostituiti esclusivamente propri della legge tributaria, sia indicativa di capacita contributiva, maggiore o minore a seconda di taluni connotati che, nella valutazione legislativa, costituiscono elementi e circostanze di fatto certi, rivelatori di reddito” (Cass. n. 1622 del 1991; Cass. 5419/2017).
Le specifiche finalità del cd. redditometro non possono essere condizionate dalle caratteristiche tipologiche della categoria del bene preso in considerazione se non ove queste siano rilevanti ai fini della capacità contributiva.
Avuto riguardo all’insegnamento di cui è espressione Cass. 13/11/2018, n. 29067 «In tema di accertamento cd. sintetico, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, ove il contribuente deduca che la spesa effettuata deriva dalla percezione di ulteriori redditi di cui ha goduto, è onerato della prova contraria sulla loro disponibilità, sull’entità degli stessi e sulla durata del possesso, sicché, sebbene non debba dimostrarne l’utilizzo per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti dai quali emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere», la sentenza si sottrae alla censura.
La CTR ha, infatti, osservato che “riguardo all’imbarcazione oggetto di accertamento, il contribuente ha provato e documentato che trattasi di unità da diporto di metri 9,30 anzicchè di metri 10,65, e che il R.I.N.A. ha ratificato la classificazione dell’unità in oggetto quale categoria di “natante da diporto”. Pertanto il valore determinato in accertamento deve essere rideterminato in tal senso. Sul punto trova applicazione la Tabella 2.2. DM 10/9/92 (redditometro) per le “imbarcazioni da diporto di stazza lorda non superiore a 50 t, con propulsione a motore di potenza non superiore a 25 HP effettivi: oltre 900 e fini a 1200 cm – coefficiente 5 – fermo restando l’abbattimento operato dall’Ufficio del 40%. La documentazione agli atti non appare idonea a vincere la presunzione dell’ufficio ed a provare che il reddito imputato è giustificato dal possesso di altri redditi (esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o imposta sostitutiva) oppure, che possa essere frutto di dinvestimenti (patrimoniali e/o indennizzi) e, quale ulteriore elemento reddituale, di interventi di terzi (compreso regalie dei familiari) nella partecipazione al mantenimento dei beni nella disponibilità del contribuente, che non hanno concorso alla formazione dell’esiguo reddito dichiarato”.
2.2. il contribuente formula una inammissibile censura alla motivazione .
Integra un vizio deducibile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., in l. n. 134 del 2012, soltanto l’omesso esame di un fatto (non di un documento o di un atto), che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia (cfr. sul punto, Cass. n. 16703 del 25/06/2018), situazione, questa, sicuramente non ricorrente nel caso di specie.
3. Con il primo motivo di ricorso incidentale l’Ufficio deduce la violazione dell’art. 36 del D.lgs 546/1992, dell’art. 132 att. c.p.c. comma 2 n. 4) dell’art. 118 artt. C.p.c. lamentando il vizio di motivazione apparente della sentenza .
La censura è inammissibile.
La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.
Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).
3. Con il secondo motivo di ricorso incidentale l’ufficio deduce la violazione dell’art. 32 del DPR 600/73 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.
Lamenta che il contribuente aveva prodotto solo in appello e quindi tardivamente l’attestazione dell’organismo di certificazione sulle dimensioni dell’imbarcazione.
La censura è inammissibile.
Questa Corte ha più volte affermato che in tema di accertamento fiscale, la sanzione della inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all’esibizione da parte dell’Amministrazione accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si giustifica – in deroga ai principi di cui agli artt. 24 e 53 Cost. – per la violazione dell’obbligo di leale collaborazione con il Fisco (Cass. n. 11765 del 26/5/2014; Cass. 8944/2018).
Nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate e si è limitata ad affermare la inutilizzabilità della documentazione prodotta dal contribuente sul presupposto che si trattasse di documentazione non prodotta all’atto della risposta al questionario, non considerando, tuttavia, che la prova dell’avvertimento, al fine di farne derivare la inutilizzabilità della documentazione, incombe sull’Ufficio (Cass. n. 25334 del 28/11/2014; n. 28271 del 18/12/2013; n. 27069 del 27/12/2016) e che nella specie non è stata documentata la circostanza ai fini dell’autosufficienza.
Il ricorso principale e il ricorso incidentale devono essere rigettati.
In considerazione della reciproca soccombenza le spese processuali devono essere compensate.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo principale unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale.
Spese compensate
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