La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 32255 depositata il 13 dicembre 2024, intervenendo in tema plusvalenza a seguito di cessione di immobili, ha affermato il principio di diritto secondo cui in materia di imposte ipotecarie e catastali, ai sensi dell’art. 67 comma 1, lett. b), del d.P.R. n. 917 del 1986, secondo una ricostruzione uniforme sia ai fini delle imposte dirette che indirette, deve escluso che la compravendita di un fabbricato in relazione al quale sia stata stipulata tra il Comune ed il proprietario una convenzione per la sua sopraelevazione possa in conseguenza riqualificarsi come vendita di un’area edificabile, anziché di un fabbricato

La vicenda ha riguardato un contribuente a cui l’Agenzia delle entrate notificava un avviso di accertamento, attinente all’IRPEF, contestando la mancata dichiarazione della plusvalenza realizzata mediante la cessione di un appartamento. Il contribuente impugnava l’atto impositivo eccependo che l’appartamento venduto era posseduto da oltre 5 anni e sul quale era stata autorizzata una sopraelevazione. I giudici di prime cure accoglievano il ricorso. L’Amministrazione finanziaria impugnava la sentenza di primo grado. I giudici di secondo grado ritennero sussistere i presupposti per l’imposizione della plusvalenza, ed in conseguenza riformavano la decisione dei primi giudici, riaffermandone la piena validità ed efficacia dell’atto impositivo. Il contribuente, avverso la sentenza di appello proponeva ricorso per cassazione fondato su quattro motivi.

I giudici di legittimità accoglievano il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassavano la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annullavano l’avviso di accertamento.

Gli Ermellini riaffermano che in materia di imposta sui redditi, come risulta dal tenore degli 81, comma 1, lett. b) (ora 67) e 16 (ora 17), comma 1, lett. g) bis, del d.P.R. n. 917/1986, sono soggette a tassazione separata, quali “redditi diversi”, le “plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”, e non anche di terreni sui quali insiste un fabbricato e, quindi, già edificati. Ciò vale anche qualora l’alienante abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione dell’immobile e, successivamente alla compravendita, l’acquirente abbia richiesto la voltura nominativa dell’istanza, in quanto la “ratio” ispiratrice del citato art. 81 tende ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che trovi origine non da un’attività produttiva del proprietario o possessore ma dall’avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica» (Cass. 23/01/2018, n. 1674; conf. Cass. 09/07/2014, n. 15629); e, in materia affine, non si è mancato di specificare che «in tema di imposta di registro, va escluso che la compravendita di un fabbricato possa riqualificarsi, ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. 131 del 1986, come vendita di area edificabile, non potendosi dare rilievo all’intenzione delle parti di demolirlo per costruirne, successivamente, uno nuovo, dovendo l’ente impositore limitare la propria valutazione al contenuto testuale dell’atto tassato» (Cass. 30/12/2021, n. 37416). Inoltre, ancora di recente, si è pure chiarito che «in materia di imposte ipotecarie e catastali, secondo una ricostruzione uniforme sia ai fini delle imposte dirette che indirette, va escluso che la compravendita di un fabbricato da demolire possa riqualificarsi come vendita di area edificabile quando tale operazione sia economicamente indipendente, anche se l’intenzione delle parti sia di procedere alla totale o parziale demolizione dell’immobile e, quindi, alla sua ricostruzione o alla costruzione di un nuovo fabbricato» (Cass. 09/12/2021, n. 39133).”

Il Supremo consesso ricorda che “con riferimento alla vendita di un terreno edificato, che presenti però un’ulteriore potenzialità edificatoria, non si è mancato di statuire che «in tema di IRPEF, ai fini della tassazione separata, quali ‘redditi diversi’, delle plusvalenze realizzate a seguito di cessioni, a titolo oneroso, di terreni dichiarati edificabili in sede di pianificazione urbanistica, l’alternativa tra “edificato” e “non edificato” non ammette un “tertium genus”, con la conseguenza che la cessione di un edificio, anche ove le parti abbiano pattuito la demolizione e ricostruzione con aumento di volumetria, non può essere riqualificata dall’Amministrazione finanziaria come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria residua del lotto su cui insiste, essendo inibito all’Ufficio, in sede di riqualificazione, superare il diverso regime fiscale previsto tassativamente dal legislatore per la cessione di edifici e per quella dei terreni» (Cass. 21/02/2019, n. 5088).”