Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Veneto, sezione n. 2, sentenza n. 1056 depositata il 9 novembre 2023
Ai fini IRAP, il carattere “occasionale” della prestazione svolta dagli incaricati alle vendite a domicilio (IVD) senza vincolo di subordinazione è dimostrata dal livello di reddito, che deve essere inferiore alla soglia fissata a 5.000€ (L. 175/2005 art. 3). Di conseguenza, si applicano le disposizioni inerenti l’IRAP disciplinate dall’art. 11 , comma 1 lettera b) D. Lgs. 446/97, le quali prevedono che non sono ammessi in deduzione i redditi derivanti da attività di commerciali o di lavoro autonomo non esercitate abitualmente (TUIR art 67, c. 1 lett. i) ed l))
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I due appelli riuniti presentati dall’Agenzia delle Entrate avverso le sentenze della Commissione tributaria provinciale di Verona riguardano i seguenti ricorsi promossi dalla società CAIA Srl in proprio ed in qualità di incorporante la società TIZIA Srl (TIZIA) avverso degli avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle Entrate con i quali venivano ripresi a tassazione -relativamente alle annualità 2014 e 2015 dei costi relativi a servizi di logistica forniti alla ricorrente dalla società M. Srl nonchè, ai fini IRAP dei compensi corrisposti dalla società agli addetti alle vendite a domicilio individuati come esercenti l’attività in forma occasionale, ritenuti deducibili integralmente dalla società.
Relativamente ai costi relativi ai servizi di logistica l’Agenzia delle Entrate ha motivato le riprese con la mancata dimostrazione della loro inerenza ed ha quindi recuperato i relativi costi ai fini IRES, IRAP e l’IVA indebitamente detratta dalla società.
Relativamente al recupero a tassazione IRAP l’Ufficio ha ritenuto che – in applicazione dell’art. 11 del D. Lgs. n. 446/97, comma 1 lettera b) che dispone che non sono ammessi in deduzione “i compensi per attività commerciali e per prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente” – la società abbia errato nel considerare tutte le provvigioni erogate all’incaricati alla vendita a domicilio (IVD) poiché, in sede di verifica, l’Ufficio ha ritenuto che gli incaricati alla vendita per i quali nell’anno corrente non sia stata corrisposta una somma superiore a 5.000,00 € non titolari di partita IVA andavano considerati come esercenti l’attività in maniera occasionale, in applicazione della soglia fissata dall’art. 3 della legge n. 173/2005, e pertanto l’ammontare dei loro compensi non poteva essere portato in deduzione dell’imponibile IRAP.
Nei ricorsi la società ha contestato tutte le riprese dell’Ufficio ritenendole infondate ed illegittime e l’Agenzia delle Entrate si è costituita in entrambi i ricorsi controdeducendo ai motivi dedotti e richiedendone il rigetto.
La Sez. 3 della CTP con la sentenza n. 170/21 ha accolto i ricorsi riuniti della società confermando sia la legittimità della deduzione ai fini IRAP delle provvigioni passive corrisposti agli incaricati delle vendite a domicilio operata dalla ricorrente e dalla società TIZIA Italia Srl, incorporata a decorrere dal 1/01/2016, nonché la legittimità della deducibilità dei costi per servizi di logistica ricevuti dalla CAIA.
La sezione 1 della CTP con la sentenza n. 32/2022, richiamandosi alla sentenza n. 170/21 l’ha condivisa integralmente accogliendo i ricorsi.
L’Agenzia delle Entrate negli appelli censura le sentenze con riguardo all’IRAP, ribadendo le motivazioni che avevano portato all’emanazione degli avvisi di accertamento e riaffermati nelle controdeduzioni: la motivazione della ripresa non è soltanto correlata all’art. 3 della legge 173/2005 ma, a monte, per l’esistenza della norma fiscale in materia di Irap – l’art. 11 D. Lgs. n. 446/97 – che impone di distinguere ai fini della deducibilità tra lavoratori che esercitò l’attività in maniera abituale e lavoratori che agiscono in maniera non abituale; per l’Ufficio il criterio posto dall’art. 3 della l. 173/2005 pur in assenza di un richiamo esplicito assume tuttavia rilievo anche ai fini dell’Irap.
Con riferimento ai costi relativi ai servizi di logistica annullati, l’Ufficio ribadisce che il contenuto generico delle fatture ne rendeva impossibile ogni verifica in merito all’inerenza delle prestazioni rese dalla società M. Srl fornitrice; né la società ricorrente ha prodotto alcun documento scritto, ad eccezione di una autocertificazione dal contenuto generico, da cui potesse dedursi l’effettivo contenuto delle prestazioni in parola; non soddisfacendo pertanto l’onere di dimostrare l’inerenza di tale costo che grava sulla società contribuente.
Conclude gli appelli richiedendo la riforma delle sentenze e la conferma della legittimità degli avvisi di accertamento impugnati, con vittoria di spese, diritti ed onorari.
La società controdeduce agli appelli sia con riferimento al rilievo relativo all’IRAP che alla ripresa relativa ai costi di logistica sostenuti ribadendo le proprie motivazioni già dedotte nei ricorsi e relative: all’assenza di un fondamento normativo e l’errata applicazione della norma IRAP; l’irrilevanza della quantificazione (occasionale o non occasionale) del reddito degli incaricati della vendita diretta a domicilio; sulla violazione della ratio sottesa alla norma IRAP e la conseguente illegittimità del recupero perché connesso ad attività abituali degli IVD; in subordine l’illegittimità del recupero per assenza della dimostrazione del conseguimento del reddito inferiore ad euro 5.000,00.
Per quanto concerne le riprese dei costi la società conferma la legittimità della decisione dei primi giudici che ha confermato l’inerenza dei costi relativi ai servizi di logistica resi all’appellata dalla società M. Srl, replicando sul concetto di inerenza, sulla irrilevanza di un contratto scritto ed infine sull’onere probatorio.
Conclude richiedendo la conferma delle sentenze impugnate, con vittoria delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La Corte, esaminato il primo motivo dedotto negli appelli dell’Agenzia delle Entrate relativo all’IRAP, lo ritiene meritevole di accoglimento.
La società ricorrente è una società commerciale, attiva nell’acquisto nella vendita al dettaglio di prodotti per la pelle e la cura della persona nonché integratori alimentari, e svolge la propria attività esclusivamente attraverso il modello della vendita diretta, ai clienti terzi, per mezzo di incaricati alle vendite a domicilio (IVD) che svolgono l’attività di contatto con i potenziali clienti organizzando specifici eventi (party) in cui essi effettuano la presentazione e la dimostrazione pratica dei prodotti, procedendo alla successiva raccolta degli ordinativi, che pervengono agli uffici commerciali della società la quale, attraverso dei ” capigruppo” a cui fanno riferimenti i vari IVD, provvede alla consegna dalle clienti finali dei prodotti richiesti tramite ciascun IVD che ne ha raccolto l’ordine.
Il rapporto tra la società ricorrente e l’IVD è disciplinato da una lettera d’incarico alla vendita diretta a domicilio ed il rapporto instauratosi può essere contraddistinto sia dall’elemento della subordinazione che da quello dell’autonomia dell’incaricato.
Il presente contenzioso concerne la posizione dell’IVD che opera senza vincolo di subordinazione (poiché agli altri IVD con rapporto di lavoro subordinato si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro) il quale opera senza contratto di agenzia come regolamentato dalla legge 173/2005 art. 3 – che al comma 3 prevede che ” l’attività di incaricato alla vendita diretta a domicilio senza vincoli di subordinazione può essere altresì esercitata senza necessità di stipulare un contratto di agenzia da soggetti che svolgono attività in maniera abituale ancorché non esclusiva o in maniera occasionale purché incaricati da uno o più imprese” ed al comma 4 “la natura dell’attività di cui al comma tre è di carattere occasionale sino al conseguimento di un reddito annuo derivante da tale attività non superiore a 5.000 €“.
La norma, quindi, individua come attività di natura “occasionale” quella svolta da un IVD senza vincolo di subordinazione da cui derivi per l’interessato un reddito annuo non superiore a 5.000,00 €.
Osserva la Corte che tale disposizione costituisce pertanto una presunzione legale che lega la natura “occasionale” della prestazione del soggetto al reddito annuo che lo stesso percepisce, stabilendo un limite di reddito che risulta valido sia ai fini Irpef che ai fini della disciplina dell’IVA, poiché al di sotto di tale somma l’IVD non è tenuto, per svolgere la sua attività autonoma, ad aprire una partita IVA.
Stabilito in questo modo il carattere “occasionale” della prestazione, ne discendono conseguenze per la società, con riguardo all’IRAP ed alla deducibilità del compenso ai fini della determinazione dell’imponibile IRAP.
Le disposizioni inerenti l’IRAP disciplinate dall’art. 11, comma 1 lettera b) D. Lgs. 446/97 prevedono che non sono ammessi in deduzione i compensi /redditi derivanti da attività di commerciali o di lavoro autonomo non esercitate abitualmente (TUIR art 67, c. 1 lett. i) ed l)).
Le disposizioni fiscali relative alla deducibilità dell’IRAP per le aziende che usufruiscono di una prestazione configurabile come un lavoro autonomo prestato da un soggetto senza obbligo di partita IVA, coincidono nel qualificare nel limite di €. 5.000,00 di reddito annuo derivante da tale prestazione, l’elemento che ne determina la sua natura “occasionale”.
Al di fuori del criterio stabilito dalla legge 173/2005, che disciplina e regolamenta tale attività in tutti i suoi aspetti, non sussiste, a parere della Corte, alcun altro criterio per determinare il carattere “occasionale” o meno della prestazione dell’IVD; non è possibile individuarlo nella quantità di prestazione in termini di ore o giorni di attività svolta, poiché non esiste, nel rapporto con la società che li incarica, alcun vincolo prestazionale prioristicamente definito né in termini di quantità di prestazioni erogate, né di qualità delle attività svolte; e ciò stante il carattere “ab origine” autonomo del rapporto, come stabilito dalla legge che norma tali figure, che ne impedisce vincoli alla modalità ed alla quantità della prestazione, proprio perché la loro esistenza implicherebbe un rapporto di subordinazione che, nel presente caso, è esplicitamente escluso dalla lettera di incarico conforme alla suddetta legge.
La società ricorrente contesta, in estrema sintesi, l’applicabilità – per “declinare il concetto di abitualità ed occasionalità degli IVD” – del limite quantitativo del reddito minimo annuo inferiore ai 5.000,00 €. individuato fini della tassazione diretta del reddito, alla quale rimanda la disciplina IRAP.
La società individua, invece – nella particolare tipologia del rapporto che essa instaura con gli IVD; nella struttura organizzativa multilivello che ne prevede una prospettiva di carriera nel passaggio a diverse posizioni ; nell’impegno costante alla loro formazione attraverso continui investimenti nel medio lungo termine l’esistenza di un ” vincolo stabile di collaborazione degli stessi IVD con l’impresa” che instaura, nei fatti, un rapporto duraturo negli anni, che quindi fa configurare i suoi IVD come figure professionali sempre con attività ” non occasionali”, e ciò indipendentemente dall’entità del reddito che essi traggono dall’attività svolta per la società. Anche le stesse modalità di determinazione del compenso agli IVD, nelle strutture di network marketing (Multi Level Marketing) assimilabili alla ricorrente, sono correlate al volume degli ordini raccolti dall’incaricato di vendita a domicilio e, nella loro misura o percentuale, dalla sua collocazione all’interno del network, dipendente anch’essa dal complessivo volume degli ordini raccolti in un determinato intervallo di tempo.
In sostanza, conclude la società ricorrente, una siffatta concezione porta conseguentemente a definire “ab origine” l’IVD inserito in una società organizzata come una Multi Level Marketing, un lavoratore autonomo stabile e non occasionale, svincolando tale definizione dal tempo di svolgimento effettivo dell’attività, ed ovviamente dal reddito che da questa egli percepisce.
Ad avviso della Corte le tesi della società portano, nei fatti, a negare l’applicazione della presunzione legale contenuta nella legge 175/2005 all’art. 4 all’attività di ogni IVD, per l’impossibilità di discernere – sul piano fiscale, se una prestazione sia o meno “occasionale”, malgrado questa prestazione sia fornita in maniera totalmente autonoma, senza alcun vincolo di subordinazione in termini temporali.
Essa svuoterebbe di ogni significato il disposto della suddetta legge – cosa evidentemente non possibile perché da una parte la renderebbe inapplicabile e dall’altra – come giustamente sottolineato dall’Ufficio porrebbe una contraddizione tra la medesima posizione fiscale dell’IVD in campo IRPEF ed IVA – perché ritenuto lavoratore occasionale ai fini sia del trattamento del reddito percepito ai fini IRES che dell’iscrizione all’IVA se percepisce annualmente meno di 5.000,00 € – mentre in campo IRAP il suo costo sarebbe sempre e comunque considerato quello di un lavoratore non ” occasionale”, e quindi deducibile dall’imponibile, indipendentemente dal reddito annuale percepito dall’attività svolta.
Infine va sottolineato come – per la particolarità dell’attività autonomamente svolta dall’incaricato di vendita a domicilio il cui reddito conseguito, come si argomentava più sopra, è strettamente legato al volume di ordini raccolto – risulti oltremodo realistica la correlazione fra l’attività svolta, e quindi il tempo dedicato alla raccolta di ordini attraverso i vari incontri o party con le persone, ed il reddito conseguito; ne consegue che la distinzione effettuata dalle disposizioni sopra riportate che fondano la distinzione tra attività ” occasionale” o stabile sul reddito conseguito nell’anno, corrisponde alla più che presumibile correlazione, in via generale, fra il livello di reddito ottenuto dall’IVD e l’entità e continuità della sua prestazione.
Con riferimento alla eccezione, riproposta in subordine dalla società in sede di controdeduzioni, sull’illegittimità del recupero per assenza della dimostrazione del conseguimento del reddito inferiore ad Euro 5.000,00, la Corte ritiene tale eccezione infondata, poiché il presente contenzioso concerne la deducibilità dell’IRAP dall’imponibile della società CAIA, e quindi ciò che rileva ai fini del giudizio è il reddito che l’IVD ha ricavato annualmente dalla sua attività svolta per la società ricorrente, essendo ininfluente l’eventuale prestazione svolta come IVD per un’altra società ed il reddito che, da questo ulteriore rapporto di natura autonoma, il contribuente abbia annualmente ricavato; tale reddito/ costo per l’altra società sarà anch’esso deducibile dall’imponibile IRAP in ragione del limite annuo stabilito dalla norma.
Con riguardo, infine all’onere della prova concernente i redditi annui percepiti dagli IVD, esso grava sulla società che deve dimostrare la sussistenza del presupposto della deduzione, e non il contrario.
2. In merito al recupero a tassazione ai fini IRES, IRAP ed IVA dei costi sostenuti dalla società, relativi a servizi forniti dalla M. Srl, la Corte non ritiene meritevole di accoglimento l’appello dell’Agenzia delle Entrate.
L’Ufficio non ha ritenuto dimostrata adeguatamente, da parte della società, l’inerenza di tali costi in rapporto alla sua attività specifica.
La società ha tuttavia dimostrato che il servizio svolto dalla M. Srl riguardava l’inscatolamento dei prodotti che la stessa commercializzava inviandoli, per il tramite della sua organizzazione, ai singoli clienti. Come giustamente hanno osservato i primi giudici, appare credibile che, in presenza di una miriade di clienti a cui inviare piccole quantità di prodotti alla volta, si sia reso necessario avvalersi di un’attività di inscatolamento che costituisce un servizio strettamente connesso all’attività svolta dalla società e quindi risulta certamente inerente. La prova, poi, dello svolgimento dell’attività è stata data dalle fatture emesse – che del resto l’Ufficio non disconosce, lamentandone solamente la genericità della descrizione – e dalla congruità del costo sostenuto, correlato all’assunzione, da parte della fornitrice M. Srl, di un apposito addetto magazziniere.
L’ulteriore elemento addotto dall’Ufficio nelle sue motivazioni – che la sede della CAIA e della incorporata TIZIA sia di proprietà della società M. Srl, a cui la ricorrente paga il canone di locazione deducendoselo – risulta del tutto ininfluente e privo di alcun significato ai fini del presente processo, poiché trattasi di due costi distinti, la cui effettività non viene in alcun modo contestata.
In conclusione la Corte, in accoglimento del primo motivo di appello, riforma parzialmente la sentenza e, per l’effetto, conferma il recupero a tassazione ai fini IRAP dei compensi corrisposti dalla società ricorrente agli addetti alle vendite a domicilio individuati come esercenti l’attività in forma occasionale; conferma nel resto la sentenza.
L’accoglimento parziale degli appelli riuniti e la novità della controversia in punto di diritto giustificano la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
1) in parziale accoglimento degli appelli riuniti, riforma le sentenze impugnate limitatamente alla conferma del recupero a tassazione ai fini IRAP dei compensi corrisposti dalla società ricorrente agli addetti alle vendite a domicilio individuati come esercenti l’attività in forma occasionale;
2) conferma nel resto;
3) compensa le spese del presente giudizio.