AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 23 settembre 2020, n. 390
Interpello Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212. Aliquota IVA applicabile ad interventi di ristruturazione ed ampliamento di un immobile. N. 127-quaterdecies), Tabella A, Parte III, dPR n. 633/72
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’Ente di ricerca istante X fa presente che intende effettuare consistenti opere di ristrutturazione e recupero di un immobile, ubicato nell’area portuale, al fine di realizzare una sede idonea allo svolgimento della propria attività istituzionale di ricerca.
Tale intervento ha ad oggetto la ristrutturazione ed il parziale ampliamento dell’immobile futura sede dell’Ente e la realizzazione di un edificio tecnologicamente avanzato tramite l’adeguamento funzionale ed impiantistico, di riqualificazione energetica, di messa in sicurezza dal punto di vista sismico e nel rispetto della normativa in materia di superamento delle barriere architettoniche.
Il progetto prevede la ristrutturazione dell’immobile esistente ed un ampliamento pari ad una superficie utile netta di circa (… mq), quest’ultimo destinato prevavalentemente ad attività didattica, workshop, convegni nazionali ed internazionali.
Sia la ristrutturazione sia l’ampliamento sono stati progettati per facilitare ospitalità e transito, oltre che del personale tecnico-scientifico, anche dei partecipanti alle attività didattiche e formative della sede, in modo da favorire la fruizione degli spazi e delle infrastrutture, minimizzando eventuali interferenze tra attività didattiche e di ricerca, organizzate in ambienti separati ma nel contempo in comunicazione tra loro.
L’istante riferisce che nel progetto sono coinvolti altri soggetti e che lo stesso partecipa con azioni didattiche, formative, con l’obiettivo finale di formare le persone e di utilizzare e gestire gli spazi pubblici, finalizzate alla promozione della cultura scientifica nel territorio.
Le attività scientifiche condotte dai ricercatori dell’istante sono orientate verso l’ecosistema marino, con particolare riferimento alla biologia del mare, alla pesca professionale e allo stato di conservazione delle risorse alieutiche e alla valutazione dello stato degli ecosistemi correlati.
L’Ente istante, inoltre, svolge le seguenti ulteriori attività: la formazione e la didattica, l’alternanza scuola lavoro, il tutoraggio scientifico per studenti universitari ed esteri in occasione di tirocini e tesi di laurea anche in forza di un Accordo Quadro con l’Università Y.
Ciò posto, l’istante chiede chiarimenti in merito alla aliquota Iva applicabile agli interventi di ristrutturazione ed ampliamento da effettuarsi sul predetto immobile.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante osserva che l’articolo 3, comma 13, del d.l. n. 90 del 1990, convertito con modificazioni, dalla legge n. 165 del 1990, prevede che “tra i servizi prestati nei porti (…) si intendono compresi anche quelli di rifacimento, ampliamento, ammodernamento, ristrutturazione e riqualificazione degli impianti esistenti, pur se tali opere vengono dislocate all’interno dei predetti luoghi, in sede diversa dalla precedente”.
Detta norma chiarisce l’ambito di applicazione della disciplina recata dall’articolo 9, comma 1, n. 6 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che prevede la non imponibilità ai fini dell’Iva per i “servizi prestati nei porti, autoporti, aeroporti e negli scali ferroviari di confine che riflettono direttamente il funzionamento e la manutenzione degli impianti ovvero il movimento di beni o mezzi di trasporto, nonché quelli resi dagli agenti marittimi raccomandatari”.
L’istante invoca l’applicazione della predetta norma sulla base di alcune precisazioni fornite in una nota del Ministero delle Finanze, prot.n. 470124 del 10 novembre 1990, ritenendo che l’intervento di recupero e di ristrutturazione edilizia sia ascrivibile ai “lavori di edilizia demaniale” menzionati in tale nota tra gli interventi che possono beneficiare della non imponibilità ai fini Iva.
In via subordinata, laddove tale disciplina non potesse trovare applicazione al caso di specie, l’istante ritiene applicabile il regime agevolato, con applicazione dell’aliquota Iva del 10%, previsto dal numero 127-quaterdecies) della Tabella A, parte III, del d..P.R. n.633 del 1972, sia con riferimento alla parte relativa alle opere di ristrutturazione edilizia, sia in relazione alle opere di ampliamento, in ragione del fatto che tali opere consentiranno di destinare l’edificio sia all’attività di ricerca, sia alla complementare attività didattico-formativa.
Parere dell’Agenzia delle entrate
In via preliminare si fa presente che esula dalla competenza della Scrivente esprimere un parere relativo alla qualificazione tecnica degli interventi e che l’individuazione dell’aliquota Iva applicabile implica una verifica fattuale degli stessi non esercitabile in sede di interpello.
In base al n. 127- quaterdecies) della Tabella A parte III del dPR n. 633 del 1972, si applica l’aliquota del 10 per cento, tra l’altro, alle “prestazioni di servizi dipendenti da contratti d’appalto relativi (…) alla realizzazione degli interventi di recupero di cui all’articolo 31 della Legge 5 agosto 1978, n. 457, esclusi quelli di cui alle lettere a) e b) del primo comma dello stesso articolo”.
Il citato articolo 31, lettere c), d) ed e), della legge n. 457 del 1978, cui rinvia la predetta Tabella, è stato trasfuso nell’articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (recante il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e, pertanto, rappresenta attualmente la normativa di riferimento per l’individuazione delle diverse tipologie di interventi agevolati.
In particolare, in analogia alla previgente disposizione, gli interventi di recupero che possono rientrare nella applicazione della aliquota ridotta del 10 per cento sono quelli “di restauro e di risanamento conservativo” [lettera c)], “di ristrutturazione edilizia” [lettera d)] e “di ristrutturazione urbanistica” [lettera f)] del predetto articolo 3.
In sostanza, l’aliquota del 10 per cento si applica alle prestazioni di servizi concernenti i contratti di appalto aventi per oggetto gli interventi di restauro e il risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia ed urbanistica, restando esclusi gli interventi relativi alla manutenzione ordinaria e straordinaria.
Lo stesso d.P.R. n. 380 del 2001, nel definire gli interventi edilizi, stabilisce che per:
– “restauro e risanamento conservativo” si intende l’intervento rivolto a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano le destinazioni d’uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio;
– “ristrutturazione edilizia” l’intervento rivolto a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare a un organismo edilizio in tutto o parte diverso dal precedente. Tale intervento comprende il rispristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi e impianti;
– “ristrutturazione urbanistica” l’intervento rivolto a sostituire l’esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione dei lotti, degli isolati e della rete stradale.
Rientrano dunque nell’ambito applicativo della disposizione recata dal n. 127- quaterdecies) della Tabella A parte III del d.P.R. n. 633 del 1972 gli interventi di restauro e di risanamento conservativo effettuati su edifici o complessi edilizi nonché quelli di ristrutturazione edilizia ed urbanistica previsti sulla base della citata normativa.
Nella fattispecie in esame, l’Ente istante intende procedere ad un intervento di ristrutturazione ed ampliamento su un immobile esistente e, pertanto,qualora in base ad apposita documentazione amministrativa emessa dagli enti competenti, risulti che gli interventi di cui trattasi siano riconducibili tra le richiamate tipologie di cui al citato articolo 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, si applicherà l’aliquota agevolata di cui al citato n. 127-quaterdecies) della Tabella A parte III del d.P.R. n. 633 del 1972.
Per completezza si fa presente che non risulta, invece, applicabile al caso di specie il regime Iva di cui ai nn. 127-quinquies) e 127-septies) della Tabella A parte III del d.P.R. n. 633 del 1972, previsto solo per gli interventi di costruzione di “nuovi” edifici né quello di cui all’articolo 9, primo comma, n. 6) del d.P.R.26 ottobre 1972, n.633, applicabile ai “servizi prestati nei porti, autoporti, aeroporti e negli scali ferroviari di confine che riflettono direttamente il funzionamento e la manutenzione degli impianti ovvero il movimento di beni o mezzi di trasporto”.
Al riguardo, si rileva che l’articolo 3, comma 13, del decreto legge 27 aprile 1990 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 165), prevede che “tra i servizi prestati nei porti, riflettenti direttamente il funzionamento e la manutenzione degli impianti ovvero il movimento di beni o mezzi di trasporto, di cui all’articolo 9 n. 6), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, si intendono compresi anche quelli di rifacimento, completamento, ampliamento, ammodernamento, ristrutturazione e riqualificazione degli impianti già esistenti pur se tali opere vengono dislocate, all’interno dei predett luoghi, in sede diversa dalla precedente; si intendono compresi altresì, purché resi nell’ambito dei luoghi come sopra qualificati, i servizi relativi al movimento di persone e di assistenza ai mezzi di trasporto e quelli di cui al numero 5) dello stesso articolo, prescindendo dalla definitiva destinazione doganale dei beni”.
Ai fini della non imponibilità è richiesto, da un lato, che le prestazioni di servizi siano rese in un determinato luogo (porto, aeroporto ecc.) e, dall’altro, che le stesse siano direttamente riferibili al funzionamento e alla manutenzione degli impianti ovvero all’attività di movimentazione di beni o di persone, nonché di assistenza ai mezzi di trasporto, che viene ordinariamente svolta nel luogo stesso (cfr. risoluzioni n. 176/E del 23 novembre 2000, e n. 253/E del 14 settembre 2007).
In tal senso, i servizi in esame devono presentarsi come interventi strutturali da realizzarsi su impianti già esistenti e direttamente funzionali ad assicurarne e garantirne il funzionamento, la manutenzione, il rifacimento, il completamento, l’ammodernamento, l’ampliamento, la ristrutturazione e la riqualificazione. Come precisato nella citata risoluzione n. 176/E del 2000, deve trattarsi, in sostanza, da un lato di servizi squisitamente tecnici atti a garantire la funzionalità degli impianti, dall’altro lato di servizi indispensabili per il rapido spostamento delle merci o mezzi di trasporto, coerentemente con la previsione recata dal menzionato articolo 9, comma 1, n. 6) del d.P.R. n. 633 del 1972.
A tal proposito, la Corte di Cassazione, con sentenza 12 dicembre 2014, n. 26183, ha precisato che il legislatore con la norma in commento ha “definito l’operatività del precetto in relazione: a) al criterio oggettivo della prestazione di servizio, identificata secondo la natura descritta (lavori di rifacimento, ampliamento, ammodernamento, ristrutturazione e riqualificazione) e lo scopo (lavori riflettenti direttamente il funzionamento e la manutenzione degli impianti); b) alla individuazione del “locus” – assimilato, mediante “fictio juris”, al territorio non statale – in cui tali prestazioni di servizi vengono eseguite, e che viene identificato mediante riferimento ad un elenco tassativo di “impianti” relativi a settori ritenuti strategici (porti, autoporti, aeroporti e negli scali ferroviari, di confine)”.
Nel caso in esame, in relazione agli interventi che l’interpellante intende realizzare, non esiste alcun nesso di funzionalità con l’attività portuale, non potendosi pertanto affermare che gli stessi siano idonei a garantire la funzionalità degli impianti ovvero che integrino servizi indispensabili ad assicurare il rapido spostamento delle merci o dei mezzi di trasporto.
Non appare pertanto sufficiente ai fini della riconducibilità alla invocata disciplina di cui all’articolo 9, comma 1, n. 6) del d.P.R. n. 633 del 1972, la circostanza che l’immobile sul quale avranno luogo gli interventi di ristrutturazione ed ampliamento sia ubicato nell’area portuale, in considerazione delle differenti finalità che l’istante intende perseguire tramite la realizzazione di tale intervento.
Difatti, l’interpellante dichiara di svolgere attività di ricerca scientifica e didattico-formativo legata alla realtà dell’area portuale ed i programmati interventi di ristrutturazione ed ampliamento sono finalizzati ad agevolare lo svolgimento di tali attività, coerentemente con quanto previsto del resto dalla Convenzione quadro stipulata tra l’Ente X e l’Università Y che prevede che “Al fine di una migliore realizzazione dei rispettivi fini istituzionali, (X e Y) riconoscono l’interesse comune a mantenere e sviluppare forme di collaborazione in partnership per lo svolgimento di attività di ricerca, sviluppo tecnologico ed innovazione e nell’ambito delle attività di didattica e formazione, nonché per l’erogazione di servizi a supporto delle attività di ricerca”.
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