AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 14 dicembre 2020, n. 581
Aliquota Iva applicabile alla cessione e alla somministrazione di alimenti e bevande
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società ALFA. (in seguito la Società o l’Istante) è una società controllata da BETA e gestisce diversi ristoranti sotto il marchio X, in qualità di franchisee della controllante.
L’Istante riferisce che l’attività principale svolta consiste nella somministrazione di alimenti e bevande, operazione economica che, agli effetti dell’IVA, configura una prestazione di servizi assoggettata all’aliquota IVA ridotta del 10 per cento, ai sensi del n. 121), della Tabella A, parte III, allegata al DPR 26 ottobre 1972, n. 633.
In particolare, l’attività viene svolta dall’Istante secondo le seguenti fasi/procedure:
i. effettuazione dell’ordine e pagamento alle casse del ristorante o, ove presenti, effettuazione dell’ordine e pagamento presso i terminali informatici (c.d. chioschi);
ii. invio dell’ordine alla cucina e preparazione dei prodotti alimentari scelti (la preparazione richiede attività di cottura, assemblaggio e confezionamento degli ingredienti da parte degli addetti alla cucina);
iii. preparazione delle bevande ordinate. Tale attività è effettuata dal personale mediante l’utilizzo di un’apposita macchina che permette di preparare le bevande effettuando la miscelazione, nelle proporzioni corrette, di acqua filtrata, sciroppo concentrato e anidride carbonica, fino all’ottenimento della bevanda desiderata;
iv. consegna dei prodotti alla cassa o servizio al tavolo del ristorante;
v. i prodotti ordinati e consegnati sono prontamente utilizzabili per il consumo.
L’Istante dichiara di aver introdotto, a seguito delle disposizioni normative introdotte per il contenimento dell’epidemia da Covid-19, l’utilizzo di applicazioni internet per la gestione dei tempi di attesa in coda da remoto e l’effettuazione degli ordini (di seguito, in via generica, l’Applicazione).
Secondo quanto riferito, l’Applicazione consente a ciascun cliente di prenotare il proprio orario di accesso al ristorante e di effettuare l’ordinazione da remoto onde evitare un eccessivo congestionamento degli spazi antistanti alle casse che causerebbero l’allungamento dei tempi di attesa. I clienti tramite l’Applicazione possono procedere all’acquisto dei: (i) prodotti alimentari e bevande venduti singolarmente e (ii) prodotti alimentari e bevande confezionati in assortimento per il consumo al minuto.
L’Applicazione consente al cliente di personalizzare la preparazione delle bevande e dei prodotti alimentari anche attraverso la possibilità di escludere e/o aggiungere determinati ingredienti su indicazione dei clienti.
Il processo di ordinazione e acquisto tramite l’Applicazione può essere sintetizzato come segue:
– il cliente sceglie uno dei ristoranti tra quelli disponibili;
– il cliente sceglie i prodotti alimentari e le bevande che intende ordinare, con eventuale personalizzazione;
– il cliente sceglie la modalità di ritiro dei prodotti selezionati. Tali modalità sono: (a) consegna alla cassa del ristorante; (b) servizio al tavolo del ristorante (in tal caso, al momento dell’ordine, il consumatore deve selezionare il numero identificativo del tavolo al quale intende essere servito);
– il cliente effettua il pagamento dell’ordine mediante strumenti di pagamento elettronici;
– gli addetti del ristorante procedono alla preparazione dei prodotti alimentari e delle bevande, secondo le istruzioni e le personalizzazioni richieste dal consumatore, al suo arrivo presso il ristorante;
– il ritiro dell’ordine avviene secondo la modalità prescelta.
Tanto premesso, l’istante chiede se la cessione di prodotti alimentari e bevande che effettua presso i ristoranti a seguito dell’ordine mediante l’Applicazione si configuri come una somministrazione di alimenti e bevande ai sensi della normativa IVA e, pertanto, sia da assoggettare ad IVA con aliquota ridotta del 10 per cento.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La Società è del parere che la cessione di preparazioni alimentari e bevande mediante la sopra indicata Applicazione debba qualificarsi, ai fini IVA, come somministrazione di alimenti e bevande, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, n. 4) del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, con conseguente applicazione dell’aliquota del 10 per cento in base al disposto del n. 121), della Tabella A, parte III, allegata al medesimo DPR.
In proposito ritiene che tale inquadramento trovi sostegno in quanto affermato dall’Amministrazione finanziaria nella risoluzione 17 novembre 2016, n. 103/E e nel principio di diritto n. 9 pubblicato in data 22 febbraio 2019.
A tal riguardo, l’Istante sostiene che il contratto di somministrazione di alimenti e bevande sia caratterizzato dalla commistione di “prestazioni di dare” e “prestazioni di fare”. La coesistenza di tali elementi è idonea a qualificare un’operazione quale somministrazione di alimenti e bevande.
Tale qualificazione risulta peraltro esclusa solo nel caso in cui l’obbligazione di dare prevalga rispetto all’obbligo di fare (circostanza ricorrente nel caso di cessioni di beni da asporto).
A parere della società, le sopradescritte cessioni effettuate tramite l’Applicazione sono connaturate dalla inscindibile coesistenza di prestazioni di fare e di dare.
Pertanto, la stessa ritiene che tale circostanza è idonea, sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo, a qualificare ai fini IVA le operazioni in esame quali somministrazioni di alimenti e bevande.
L”Istante rileva che l’Applicazione consiste in una modalità di effettuazione degli ordini alternativa a quella tradizionale (i.e. ordinazioni presso la cassa del ristorante), volta a garantire un’adeguata gestione dell’affluenza dei clienti ed una maggiore efficienza del servizio, anche al di là della contingente esigenza di garantire il rispetto delle misure di contenimento dell’epidemia del virus Sars-Cov2. Segnala che la preparazione dell’ordine ha inizio solamente quando i clienti raggiungono il ristorante.
Gli stessi possono ritirare l’ordine alternativamente presso la cassa o direttamente ad un tavolo del ristorante. Successivamente al ritiro dell’ordine, i clienti possono decidere liberamente di consumare il pasto all’interno del ristorante o meno.
L’Istante osserva che il sistema di ordini tramite Applicazione non modifica in alcun modo le modalità di preparazione e di somministrazione di alimenti e bevande effettuate presso i ristoranti. A tal proposito, ritiene che la prevalenza della componente “servizio” nel caso prospettato debba essere riconosciuta anche alla luce delle modalità di preparazione degli alimenti e delle bevande che richiedono, oltre all’azione meccanica delle attrezzature dei ristoranti, anche lo scrupoloso intervento umano degli addetti.
A tal riguardo, insiste sulla personalizzazione degli alimenti prescelti, che richiedono lo scrupoloso intervento umano, non trattandosi di alimenti standardizzati e sul fatto che anche le bevande, seppure ordinate tramite Applicazione, vengono – di fatto – preparate sul momento attraverso una apposita macchina che, a seconda della bevanda selezionata, effettua la miscelazione degli ingredienti.
A ulteriore supporto della propria tesi, l’Istante richiama la prassi dell’Amministrazione Finanziaria in materia di somministrazione di bevande effettuata tramite distributori automatici a capsule e cialde (forniti con le risoluzione del 1° agosto 2000, n. 124/E, e del 17 novembre 2016, n. 103/E). A riguardo, l’Istante reputa che, seguendo l’interpretazione fornita dai citati documenti di prassi, la realizzazione di un servizio di somministrazione non richiede la prevalenza quantitativa del valore attribuibile al “servizio” rispetto a quello del “bene” ceduto, essendo sufficiente a tal fine l’idoneità del procedimento meccanico a determinare “la trasformazione della cialda/capsula in una bevanda”. Posto che il dato letterale della disposizione di cui al n. 121 della Tabella A, Parte III, allegata DPR 26 ottobre 1972, n. 633, intende agevolare la somministrazione di prodotti alimentari e bevande mediante distributori automatici, fattispecie in cui (i) l’apporto della prestazione di servizi ha natura evidentemente più contenuta rispetto ad una preparazione manuale e (ii) il consumo dell’alimento o della bevanda può avvenire in qualsiasi luogo, la società sostiene quindi che l’attività di preparazione dei prodotti alimentari e l’articolato processo necessario ai fini dell’erogazione delle bevande debba ritenersi sufficiente a concretizzare un servizio di “somministrazione”, anche nel caso di ordinazioni raccolte tramite Applicazione.
In conclusione, l’Istante ritiene quindi che le cessioni di alimenti e bevande effettuate mediante l’Applicazione debbano essere qualificate come somministrazione ai fini IVA, al pari delle somministrazioni di alimenti e bevande tradizionalmente effettuate presso i propri ristoranti.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’Istante chiede chiarimenti in ordine all’applicabilità dell’aliquota agevolata prevista per la “somministrazione di alimenti e bevande” ai sensi del n. 121) della Tabella A, Parte III, allegata al DPR n. 633 del 1972 con riferimento alla cessione di preparazioni alimentari e bevande mediante la sopra indicata Applicazione presso i propri ristoranti, evidenziando al riguardo che nell’ordinamento fiscale nazionale non esiste una compiuta definizione di somministrazione di alimenti e bevande che consente di individuare incontrovertibilmente tale tipologia di prestazioni di servizi. Preliminarmente, si fa presente che l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande è disciplinata dal Decreto legislativo 26 marzo 2010 n. 59 e dalle leggi regionali, dove vengono stabiliti tutti i parametri ed i vincoli per l’apertura di un punto vendita (o di ristoro); l’attività di vendita al dettaglio di prodotti alimentari definita “esercizio di vicinato” è disciplinata dall’art. 4, co. 1, lett. d, del D. Lgs. 114/1998.
Commercialmente, vendita e somministrazione possono anche coesistere. Infatti, secondo il parere del Ministero per lo Sviluppo Economico, competente ai fini della vigilanza, nel caso si intendano avviare le due tipologie di attività (vendita e somministrazione) nel medesimo ambito spaziale, ai sensi della richiamata disciplina nazionale, trattandosi di due attività economiche distinte e soggette a diversi regimi legittimanti (a seconda delle caratteristiche che possono presentarsi, sia nel caso dei settori merceologici per il commercio al dettaglio, sia per l’ubicazione in determinate zone del territorio comunale per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande), la coesistenza nel medesimo locale risulta ammissibile salva, però, la necessità di provvedere alla presentazione di due distinti titoli legittimanti (cfr. Risoluzione MISE n.140746 del 17 aprile 2018).
Ai fini che qui rilevano, riguardo all’aliquota IVA applicabile alla cessione e alla somministrazione di alimenti e bevande, il principio di diritto n. 9 pubblicato il 22 febbraio 2019 ha affermato che, in merito all’applicazione dell’articolo 16 del DPR n.633 del 1972, occorre, ai fini del corretto inquadramento fiscale, distinguere la somministrazione di alimenti e bevande dalla cessione dei medesimi beni.
La distinzione si rende necessaria in quanto, a differenza delle cessioni, il contratto di somministrazione di alimenti e bevande è inquadrato nell’ambito delle fattispecie assimilate alle prestazioni di servizi dall’articolo 3, comma 2, n. 4) del decreto IVA ed è caratterizzato dalla commistione di “prestazioni di dare” e “prestazioni di fare”, elemento quest’ultimo che, ad esempio, distingue le prestazioni in esame dalle vendite di beni da asporto, che sono considerate a tutti gli effetti cessioni di beni, in virtù di un prevalente obbligo di dare (come chiarito peraltro anche dalla risoluzione n. 103 del 17 novembre 2016).
Inoltre, mentre la “somministrazione di alimenti e bevande” è assoggettata all’aliquota del 10 per cento, ai sensi del n. 121) della Tabella A, Parte III, allegata al decreto IVA, la “cessione” dovrà scontare l’aliquota applicabile in dipendenza della singola tipologia di bene alimentare venduto.
In merito alla distinzione in esame, possono richiamarsi le indicazioni rese dalla Corte di giustizia, da ultimo, nella sentenza relativa alle cause riunite C 497/09, C 499/09, C 501/09 e C 502/09 del 10 marzo 2011.
La Corte di Giustizia ha chiarito che “al fine di stabilire se una prestazione complessa unica, quale quella oggetto delle varie cause di cui ai procedimenti principali debba essere qualificata cessione di beni o prestazione di servizi, occorre prendere in considerazione tutte le circostanze nelle quali si svolge l’operazione per ricercarne gli elementi caratteristici e identificarne gli elementi predominanti”.
In particolare, la Corte ha giudicato l’operazione di ristorazione come una prestazione di servizi solo se caratterizzata da una serie di elementi e di atti, dei quali la cessione di cibi rappresenta soltanto una parte e nel cui ambito risultano predominanti ampiamente i servizi, diversamente dal caso di un’operazione di mera cessione avente ad oggetto “alimenti da asportare non accompagnata da servizi volti a rendere più piacevole il consumo in loco in un ambiente adeguato”.
Tra i servizi qualificanti una prestazione, tipicamente collegati alla fornitura di bevande e di pasti (preparati pronti al consumo immediato), la Corte ha citato la cottura dei cibi, la loro consegna materiale su un sostegno, la predisposizione in favore del cliente di un’infrastruttura comprendente tanto una sala di ristoro con servizi annessi (come, ad esempio, quello di guardaroba) quanto arredi e stoviglie, l’eventuale presenza di personale addetto ad apparecchiare i tavoli a consigliare il cliente, a fornirgli spiegazioni sulle vivande o sulle bevande proposte, a servire a tavola tali prodotti e infine a sparecchiare dopo il consumo.
Nella stessa sentenza, la Corte ha ulteriormente precisato che qualora, invece, “la preparazione del prodotto finale caldo sia limitata, essenzialmente, ad azioni sommarie e standardizzate che quasi sempre non avvengono su ordinazione di un particolare cliente, ma in modo costante o regolare, in funzione della domanda in generale prevedibile, essa non costituisce l’elemento preponderante dell’operazione di cui trattasi e non può, di per sé, conferire il carattere di prestazione di servizi a siffatta operazione”. Anche elementi basilari, quali semplici banchi per il consumo, vanno considerati quali “prestazioni accessorie minime e non sono tali da modificare il carattere predominante della prestazione principale, cioè quello di una cessione”.
Tali principi, sottesi alla necessaria distinzione tra prestazione e cessione di beni alimentari, sono perfettamente in linea con il disposto dell’art.6 del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011, secondo cui la ristorazione e il catering sono prestazioni di servizi di cui la cessione costituisce solo una parte. Sono infatti definiti servizi che:
“1. (…) consistono nella fornitura di cibi o bevande preparati o non preparati o di entrambi, destinati al consumo umano, accompagnata da servizi di supporto sufficienti a permetterne il consumo immediato. La fornitura di cibi o bevande o di entrambi costituisce solo una componente dell’insieme in cui i servizi prevalgono. Nel caso della ristorazione tali servizi sono prestati nei locali del prestatore, mentre nel caso del catering i servizi sono prestati in locali diversi da quelli del prestatore.
2. La fornitura di cibi o bevande preparati o non preparati o di entrambi, compreso o meno il trasporto ma senza altri servizi di supporto, non è considerata un servizio di ristorazione o di catering ai sensi del paragrafo 1″.
Si rileva, pertanto, che al fine di qualificare un’operazione come un servizio di ristorazione, secondo il citato regolamento di esecuzione, deve essere preponderante la componente relativa ai servizi di supporto che consentono al consumatore finale il consumo immediato. In base a quanto esposto, la sola fornitura di cibi e bevande nell’ambito dei servizi di ristorazione è considerata dal diritto comunitario, così come dalla prassi interna dell’Amministrazione finanziaria, una cessione di beni.
Tanto premesso, nel caso in esame, l’Istante ha riferito che l’Applicazione informatica introdotta permette una modalità di effettuazione degli ordini alternativa a quella di ordinazione diretta presso il ristorante, con la possibilità di scegliere e personalizzare la tipologia di ingredienti e la dimensione delle bevande. Il cliente può, infatti, scegliere se procedere all’acquisto dei prodotti alimentari e bevande venduti singolarmente ovvero di alimenti e bevande confezionati in assortimento per il consumo al minuto.
L’Istante ha, inoltre, evidenziato che il sistema di ordini tramite l’Applicazione non modifica in alcun modo le modalità di svolgimento dell’operazione. Infatti, la preparazione dell’ordine ha inizio solamente quando i clienti raggiungono il ristorante e gli stessi possono scegliere di ritirare l’ordine e consumarlo altrove ovvero direttamente ad un tavolo del ristorante.
Pertanto, con riferimento al quesito sollevato, anche alla luce dei principi sopra richiamati, la scrivente è del parere che l’utilizzo dell’Applicazione, di per sé, non è sufficiente a concretizzare un servizio di “somministrazione”.
Più in particolare, il servizio “aggiuntivo” connesso all’utilizzo della applicazione non consente di pervenire alla diversa qualificazione dell’operazione come una somministrazione di alimenti e bevande, non rientrando nell’ambito della casistica elaborata dalla Corte di Giustizia in occasione delle sentenze sopra menzionate che consentono di fuoriuscire dalla più semplice cessione di alimenti e bevande.
Si osserva, in proposito, che la preparazione del prodotto finale si limita, essenzialmente, ad “azioni standardizzate” (come si evince anche nel manuale allegato all’istanza) che avvengono in modo costante o regolare come caratteristica principale delle …, ossia l’attività economica esercitata dall’Istante.
Di fatto, le argomentazioni avanzate dall’Istante circa la prevalenza della componente “servizio” attribuibile allo svolgimento del lavoro umano di preparazione dei cibi e delle bevande non costituisce l’elemento preponderante dell’operazione di cui trattasi e non può, di per sé, conferire il carattere di prestazione di servizi a siffatta operazione.
La principale componente di servizi accessoria che può risultare dirimente per la qualificazione dell’operazione, come somministrazione di alimenti e bevande, sembrerebbe essere la possibilità di consumare presso il ristorante i prodotti acquistati, in linea con quanto disposto dall’articolo 6, paragrafo 1, del Regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011. In assenza di detto elemento e di ulteriori servizi aggiuntivi, infatti, l’operazione economica sembrerebbe configurare una vendita di beni da asporto.
Di fatto, nell’ipotesi in cui gli alimenti e/o le bevande acquistate tramite l’Applicazione non vengano consumate presso il ristorante, prevalendo il carattere di asporto, costituiranno cessioni autonome di beni.
Pertanto, anche alla luce della possibile coesistenza commerciale nello stesso locale delle attività di somministrazione e di vendita, gli alimenti e le bevande potranno essere forniti tanto nell’ambito di una più ampia prestazione di servizi di “somministrazione”, quanto nell’ambito di una cessione nel caso della mera vendita da asporto; gli elementi qualificanti, come sopra descritti, andranno, dunque, valutati caso per caso.
Conseguentemente, nei casi di consumo dei prodotti presso i locali dell’Istante a seguito dell’ordine effettuato tramite l’Applicazione, si ritiene che l’operazione possa essere qualificata come una somministrazione di alimenti e bevande con applicazione dell’aliquota ridotta del 10 per cento prevista dal n. 121), della Tabella A, parte III, allegata al DPR 26 ottobre 1972, n. 633.
Diversamente, nei casi di asporto dei prodotti, qualora il consumo non avvenga presso i locali dell’Istante, le cessioni degli alimenti e delle bevande devono essere valutate separatamente dal punto di vista dell’applicazione dell’IVA e assoggettate ciascuna all’aliquota propria (ridotta o ordinaria), dovendosi altresì escludere che una delle cessioni di beni inserite nella confezione configuri un’operazione principale, agli effetti dell’IVA, rispetto alle altre cessioni.
A tal riguardo, preme infatti rammentare che, ai fini dell’IVA, in linea generale, un’operazione economica, che comprenda più elementi, deve essere considerata come costituita da diverse prestazioni e/o cessioni distinte e indipendenti che devono essere valutate separatamente (in tal senso, Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenze del 29 marzo 2007, C-111/05, C-461/08, C-276/09), con eccezione delle operazioni complesse, in virtù della natura unitaria dell’operazione stessa (cfr. sentenza C-41/04), situazione che non si ravvisa nel caso in esame.
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