AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 10 dicembre 2020, n. 577
Ambito applicativo Split Payment ex art. 17-ter del d.P.R n. 633 del 1972
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società ALFA (di seguito, “l’istante”) è stata costituita per la costruzione e la realizzazione dell’Infrastruttura X e rappresenta uno degli impianti cui lo Stato italiano, attraverso il Piano Generale dei Trasporti, ha affidato il compito di razionalizzare il sistema nazionale del trasporto. Nell’ambito della propria attività istituzionale, ALFA ha sottoscritto un protocollo d’intesa con la Città metropolitana di BETA, la Regione GAMMA e i Comuni di DELTA e ZETA, al fine di consentire la realizzazione dell’Accesso Nord alla struttura.
Per effetto di tali accordi – e al fine di realizzare la sopra indicata opera – la società ALFA, su espressa richiesta dei soggetti interessati, è stata inquadrata nell’elenco iPA (l’Indice governativo delle Pubbliche Amministrazioni) quale “Stazione Appaltante” (codice tipologia SA), rientrando tra i soggetti aggiudicatari di diritto privato che affidano appalti pubblici di lavori, forniture o servizi oppure concessioni di lavori pubblici o di servizi (in modo similare ai Gestori di Pubblici Servizi).
La rilevanza delle opere commissionate è tuttavia minimale rispetto alle attività tipiche della società ALFA. L’attività principale della società, infatti, è di tipo immobiliare e consiste nella compravendita di terreni e magazzini per il trasporto e la logistica.
Il quesito oggetto del presente interpello è se alla società ALFA, in quanto soggetto accreditato nell’elenco iPA (sito www.indicepa.gov.it) quale Stazione Appaltante, avente codice tipologia “SA”, possa ritenersi o meno applicabile il particolare regime IVA dello split payment, così come disciplinato dall’art. 17-ter del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito, d.P.R. n. 633 del 1972).
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
ALFA ritiene di non essere soggetta al particolare regime dello split payment ex art.17-ter del d.P.R. n. 633 del 1972, in quanto non rientra né tra i soggetti di cui al comma 1, né tra i soggetti di cui al comma 1-bis del citato art. 17- ter del d.P.R. n. 633 del 1972.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Il regime della scissione dei pagamenti (cd. ” split payment”‘), introdotto dall’art. 1, comma 629, lettera b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), è disciplinato dall’art. 17-ter del d.P.R. n. 633 del 1972. Tale norma stabilisce, al comma 1, che “Per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di amministrazioni pubbliche, come definite dall’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni e integrazioni, per le quali i cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia d’imposta sul valore aggiunto, l’imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze”.
Il comma 1-bis, inoltre, elenca analiticamente alcuni soggetti che devono applicare il regime della scissione dei pagamenti: trattasi, in particolare:
– degli enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, comprese le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona (punto 0a)
– delle fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70 per cento (punto 0b);
– delle società controllate, ai sensi dell’art. 2359, primo comma, n. 2), del codice civile, direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri (punto a);
– delle società controllate direttamente o indirettamente, ai sensi dell’art. 2359, primo comma, n. 1), del codice civile, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e c) (lettera b);
– delle società partecipate, per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70 per cento, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e b) (lettera c);
– delle società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana identificate agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto (lettera d);
In linea generale, merita rammentare che – per quanto riguarda l’ambito soggettivo di applicazione della norma – la circolare n. 27/E del 7 novembre 2017 ha precisato (superando i chiarimenti forniti con precedenti circolari) che per l’individuazione delle Pubbliche amministrazioni (PA) può farsi riferimento esclusivo alle previsioni di cui all’art. 5-bis del decreto del 23 gennaio 2015 “Le disposizioni dell’art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 si applicano alle pubbliche amministrazioni destinatarie delle norme in materia di fatturazione elettronica obbligatoria di cui all’art. 1, commi da 209 a 214, della legge 24 dicembre 2007, n. 244”).
Grazie al richiamo del citato art. 5-bis al comma 209 della legge 244 del 2007, e tramite questo, alla definizione di amministrazioni pubbliche contenuta nell’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (in base al quale “Ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica, per amministrazioni pubbliche si intendono, per l’anno 2011, gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell’elenco oggetto del comunicato dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) in data 24 luglio 2010, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 171, nonché a decorrere dall’anno 2012 gli enti e i soggetti indicati a fini statistici dal predetto Istituto nell’elenco oggetto del comunicato del medesimo Istituto in data 30 settembre 2011, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 228, e successivi aggiornamenti ai sensi del comma 3 del presente articolo, effettuati sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti dell’Unione europea, le Autorità indipendenti e, comunque, le Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni”) sono stati ricompresi tra i destinatari dello split payment i soggetti iscritti nell’elenco iPA, con esclusione dei soli soggetti classificati quali Gestori di pubblici servizi, esclusi dall’obbligo di fattura elettronica per la pubblica amministrazione.
Tale circostanza è confermata dalla citata circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 27/E del 7 novembre 2017, per la quale “Ai fini dell’esatta individuazione delle PA tenute ad applicare la scissione dei pagamenti occorre fare riferimento all’elenco pubblicato sul sito dell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni, www.indicepa.gov. it (di seguito iPA), senza considerare, tuttavia, i soggetti classificati nella categoria dei “Gestori di pubblici servizi”, che, pur essendo inclusi nell’anzidetto elenco, non sono destinatari dell’obbligo di fatturazione elettronica”.
Anche la successiva circolare n. 9/E del 7 maggio 2018 ha ribadito – al fine di individuare i soggetti “Pubbliche Amministrazioni” – che, ai sensi dell’articolo 5-bis del decreto del 23 gennaio 2015, le disposizioni dell’art. 17-ter del d.P.R. n. 633 del 1972 si applicano alle pubbliche amministrazioni destinatarie delle norme in materia di fatturazione elettronica obbligatoria di cui all’art. 1, commi da 209 a 214, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Si tratta, quindi, dei soggetti di cui all’art.1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001; ovvero dei soggetti indicati a fini statistici dall’ISTAT ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009 e delle Autorità indipendenti; delle Amministrazioni autonome annoverate dall’art. 1, comma 209, della legge n. 244 del 2007.
Un elemento rilevante, al fine dell’analisi del caso in esame, è costituito dal fatto che (in attuazione della direttiva 2014/55/UE) l’obbligo di fattura elettronica è stato esteso – con riguardo agli appalti pubblici – dal decreto legislativo 27 dicembre 2018, n. 148 (“Fatturazione elettronica appalti pubblici”), che all’art. 1 stabilisce che “Le disposizioni del presente decreto si applicano alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nonché alle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 31dicembre 2009, n. 196”.
All’art. 3 viene invece stabilito, al comma 1, che “A decorrere dal 18 aprile 2019, i soggetti di cui all’articolo 1 sono tenuti a ricevere ed elaborare le fatture elettroniche conformi allo standard europeo sulla fatturazione elettronica negli appalti pubblici, il cui riferimento è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 266 del 17 ottobre 2017” mentre il comma 4 dispone che “Per la ricezione delle fatture elettroniche di cui al comma 1, ai soggetti di cui all’articolo 1 si applicano le disposizioni di cui al decreto adottato ai sensi dell’articolo 1, comma 213, della legge 24 dicembre 2007, n. 244”.
Dall’analisi del testo normativo emerge che la platea di soggetti cui è destinato il decreto legislativo n. 148 del 2018 è molto ampia, dal momento che l’obbligo di ricevere fattura elettronica è previsto, oltre che per le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (platea di soggetti PA individuati – ai fini dell’applicazione dello split payment – dal comma 1 dell’articolo 17 -ter del d.P.R. n. 633 del 1972), anche per i soggetti che sono tenuti ad osservare la disciplina dei contratti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (“Codice dei contratti pubblici”).
L’articolo 1 del d.lgs. n. 50 del 2016 prevede che “Il presente codice disciplina i contratti di appalto e di concessione delle amministrazioni aggiudicatici e degli enti aggiudicatori aventi ad oggetto l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere, nonché i concorsi pubblici di progettazione”.
Nel successivo articolo 3 dello stesso decreto, il legislatore fornisce le definizioni di amministrazioni aggiudicatrici [nel cui ambito rientrano “le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti; “e di enti aggiudicatori. In particolare, sono:
«e) enti aggiudicatori», ai fini della disciplina di cui alla:
1) parte II del presente codice, gli enti che:
1.1. sono amministrazioni aggiudicatrici o imprese pubbliche che svolgono una delle attività di cui agli articoli da 115 a 121;
1.2. pur non essendo amministrazioni aggiudicatrici nè imprese pubbliche, esercitano una o più attività tra quelle di cui agli articoli da 115 a 121 e operano in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi loro dall’autorità competente;
2) parte III del presente codice, gli enti che svolgono una delle attività di cui all’allegato II ed aggiudicano una concessione per lo svolgimento di una di tali attività, quali:
2.1 le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico o le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da uno o più di tali soggetti;
2.2 le imprese pubbliche di cui alla lettera t) del presente comma;
2.3 gli enti diversi da quelli indicati nei punti 2.1 e 2.2, ma operanti sulla base di diritti speciali o esclusivi ai fini dell’esercizio di una o più delle attività di cui all’allegato II. Gli enti cui sono stati conferiti diritti speciali o esclusivi mediante una procedura in cui sia stata assicurata adeguata pubblicità e in cui il conferimento di tali diritti si basi su criteri obiettivi non costituiscono «enti aggiudicatori» ai sensi del presente punto 2.3;
f) «soggetti aggiudicatori», ai solo fini delle parti IV e V le amministrazioni aggiudicatrici di cui alla lettera a), gli enti aggiudicatori di cui alla lettera e) nonché i diversi soggetti pubblici o privati assegnatari dei fondi, di cui alle citate parti IV e V;
g) «altri soggetti aggiudicatori», i soggetti privati tenuti all’osservanza delle disposizioni del presente codice”.
In linea generale, per tornare alla problematica proposta dall’istante, si deve ritenere che il notevole ampliamento dei destinatari dell’obbligo di fattura elettronica PA non implichi automaticamente che tutti tali soggetti siano compresi nell’ambito di applicazione dello split payment, ai sensi dell’art. 5-bis del decreto del 23 gennaio 2015.
Dalla ricognizione effettuata, emerge infatti che il novero dei soggetti destinatari delle due norme (split payment e fattura elettronica per i soggetti che applicano il Codice dei contratti pubblici) non coincide, dal momento che l’ambito soggettivo di cui al comma 1 dell’articolo 17-ter del d.P.R. n. 633 del 1972 costituisce un sottoinsieme del più ampio novero dei soggetti (PA aggiudicataci e Enti aggiudicatori, tra cui possono rientrare anche soggetti privati) che sono tenuti a ricevere la fattura elettronica per appalti pubblici ai sensi del d.lgs. n. 148 del 2018.
Tale circostanza, peraltro, sembra compatibile anche con le diverse finalità perseguite dalle due disposizioni: l’intento di combattere l’evasione, per quanto concerne la prima di esse, l’intento di rendere uniforme a livello comunitario la fatturazione degli appalti pubblici, per quanto concerne la seconda.
Per quanto concerne lo specifico caso esaminato, si deve rilevare che – secondo quanto affermato dall’istante, quest’ultimo ha richiesto l’accreditamento presso l’indice iPA in quanto soggetto rientrante nella categoria delle amministrazioni aggiudicataci e degli enti aggiudicatori di cui all’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016. ALFA afferma, in particolare, di aver ottenuto l’accreditamento presso l’iPA quale Stazione appaltante in quanto soggetto aggiudicatore privato tenuto (i) alla realizzazione dell’opera pubblica e (ii) alla osservanza delle disposizioni del Codice degli Appalti e dei Contratti Pubblici.
Da tali affermazioni (assunte acriticamente in sede di risposta all’istanza presentata) emerge che ALFA non è un soggetto della PA obbligato – in quanto tale – alla fatturazione elettronica destinata alla PA, avendo ricevuto l’incarico di realizzare un’opera pubblica a seguito di accordo con la città metropolitana di BETA e i comuni di DELTA e ZETA, e risultando (in quanto ente aggiudicatore “soggetto privato”) soggetto alla particolare disciplina dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016).
Proprio nella veste di stazione appaltante, ALFA si è accreditato nell’indice iPA, con codice tipologia SA, allo stesso modo dei gestori di pubblici servizi – anch’essi considerati, al pari delle stazioni appaltanti, operatori economici privati incaricati di realizzare e gestire opere pubbliche – ai quali è stato riservato un codice tipologia GPS.
In carenza del requisito soggettivo di cui al comma 1 dell’art. 17-ter del d.P.R. n. 633 del 1972, ossia la qualifica di amministrazione pubblica, come definita dall’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e non essendo oggetto di analisi in questa sede la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1-bis del medesimo articolo, si ritiene che l’istante non rientri – con riferimento alla specifica fattispecie esaminata – tra i soggetti che debbono applicare il meccanismo dello split payment.
In definitiva, nello specifico caso esaminato, si ritiene che alla stazione appaltante ALFA – soggetto aggiudicatore privato, destinatario della fatturazione elettronica PA prevista per il solo appalto pubblico descritto nell’istanza (ai sensi del decreto legislativo 27 dicembre 2018, n. 148) – non risulti applicabile il particolare regime dello split payment, destinato, invece, per quanto concerne i soggetti appartenenti alla pubblica amministrazione, alle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, commi da 209 a 214, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, tra le quali, per quanto affermato in istanza, non sarebbe ricompreso il soggetto istante.
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