AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 272 del 3 aprile 2023
Ammissibilità delle informazioni trasmesse mediante un sistema EDI ai fini della dichiarazione prevista dall’articolo 45-bis, comma 1, lett. b), punto i), del Regolamento UE di esecuzione n. 282 del 15 marzo 2011
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
XXXXX (di seguito, anche ”Società” o ”Istante”) è una società residente in uno Stato membro dell’Unione europea appartenente al Gruppo X.
La società intrattiene rapporti commerciali con diverse aziende europee ed extra europee (soggetti indipendenti) che, tra l’altro, forniscono alla stessa i componenti necessari per la produzione di beni industriali.
In tale contesto la Società acquista, con clausola INCOTERMS ex works, prodotti da diverse società italiane, le quali pongono in essere cessioni intracomunitarie non imponibili ai sensi dell’articolo 41 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331.
L’Istante provvede al trasporto dei pezzi dall’Italia al proprio Stato UE con mezzi propri o tramite spedizionieri dalla stessa incaricati.
La Società intende predisporre un sistema automatizzato per lo scambio con i propri fornitori dei documenti richiesti dall’articolo 45bis del Regolamento UE di esecuzione n. 282 del 15 marzo 2011 (di seguito, ”Regolamento”) ai fini della sussistenza della presunzione di avvenuto trasporto ivi contemplata, necessaria per la non imponibilità delle cessioni intracomunitarie.
L’Istante intende, più specificamente, stabilire con ciascun fornitore europeo quindi anche con ciascun fornitore italiano una connessione attraverso il processo Exchange Data Intercharge (di seguito, ”EDI”) per lo scambio dei documenti richiesti dal Regolamento.
A tal fine, descrive come segue il processo che intende implementare:
i. il fornitore italiano dell’Istante invia tramite EDI l’ASN (advance shipping note), con cui anticipa alla Società che procederà a inviare e fatturare specifici componenti. Nel file sono presenti alcune informazioni che consentono di identificare in maniera univoca le componenti acquistate, quali il purchase order number e il delivery note number;
ii. il fornitore europeo invia all’Istante, sempre attraverso il canale EDI, la fattura relativa alla vendita dei componenti senza IVA, ponendo in essere un’operazione intracomunitaria ai sensi del richiamato articolo 41 del d.l. n. 331 del 1993;
iii. l’Istante invia, sempre mediante l’utilizzo del canale EDI, un file chiamato DELFOR (Delivery Schedule Forecast) che racchiude le informazioni relative alle ultime dieci spedizioni poste in essere dal fornitore UE.
L’Istante chiede, quindi, se la soluzione EDI di trasmissione elettronica dei dati rispetti i requisiti previsti dall’articolo 45bis del Regolamento.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La Società ritiene che la soluzione EDI di trasmissione elettronica dei dati, che intende implementare, integri i requisiti previsti dalla normativa di riferimento.
In particolare, l’Istante sostiene che le tecnologie EDI, garantendo l’autenticità dell’origine e l’integrità dei dati inclusi, possono considerarsi valide ai sensi dell’articolo 21, comma 3, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Tra l’altro, la Società evidenzia che la Commissione europea, nelle ”Note esplicative riguardanti le modifiche del sistema dell’IVA nell’UE relative al regime di call-off stock, alle operazioni a catena e all’esenzione delle cessioni intracomunitarie di beni” (nel prosieguo, ”Note esplicative”), pubblicate a dicembre 2019, ha posto in risalto nella risposta n. 5.3.7 che nel suddetto Regolamento non sono presenti disposizioni specifiche sul formato della documentazione in esame, invitando, pertanto, gli Stati Membri ad un approccio flessibile al riguardo, che eviti l’imposizione di limitazioni rigorose, quali, ad esempio, l’accettazione solo di documenti cartacei.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
In via preliminare, si evidenzia che il presente parere è reso sulla base delle argomentazioni e degli elementi rappresentati dalla Società, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza, nel presupposto della loro veridicità, correttezza ed esaustività, restando, pertanto, impregiudicato l’esercizio di ogni eventuale controllo di competenza dell’Amministrazione finanziaria.
Il dubbio interpretativo proposto dall’istante riguarda la possibilità di utilizzare le informazioni trasmesse mediante un sistema EDI ai fini della dichiarazione prevista dall’articolo 45bis, comma 1, lett. b), punto i), del Regolamento.
Al riguardo, si precisa che, con il Regolamento UE 2018/1912 del 4 dicembre 2018, applicabile dal 1° gennaio 2020, è stato introdotto l’articolo 45bis nel Regolamento n. 282 del 2011 recante ”disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto”.
Tale articolo 45bis, con riferimento alla prova dell’avvenuto trasferimento della merce, tratta in maniera specifica degli oneri documentali riguardanti le cessioni intracomunitarie di beni di cui all’articolo 138 della direttiva 2006/112/CE e introduce, al paragrafo 1, lettere a) e b), una presunzione relativa circa l’avvenuto trasporto di beni in ambito comunitario.
La fattispecie in esame, in particolare, è riferibile all’ipotesi di cui alla lettera b), punto i), concernente il trasporto effettuato dall’acquirente o da un terzo per suo conto.
L’articolo 45bis, paragrafo 1, lettera b), del Regolamento stabilisce che nel caso in cui il trasporto venga effettuato dall’acquirente, questi deve fornire al venditore, entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione, una dichiarazione scritta che certifichi che i beni sono stati trasportati o spediti (dall’acquirente stesso o da terzi per suo conto) e dalla quale dovranno risultare indicati lo Stato membro di destinazione dei beni, la data del rilascio, il nome e l’indirizzo dell’acquirente, la quantità e la natura dei beni ceduti, la data e il luogo del loro arrivo, l’identificazione della persona che ha accettato i beni per conto dell’acquirente e, qualora si tratti di mezzi di trasporto, il numero di identificazione del mezzo.
Oltre a tale dichiarazione, l’acquirente dovrà essere in possesso di almeno due dei documenti relativi al trasporto delle merci, di cui alla lettera a) del paragrafo 3 del medesimo articolo 45bis, rilasciati da due diverse parti indipendenti, l’una dall’altra, dal venditore e dall’acquirente, oppure di un documento di trasporto di cui alla medesima lettera a), unitamente ad un documento relativo agli altri mezzi di prova indicati nella lettera b) del medesimo paragrafo 3.
La normativa in esame è stata oggetto di chiarimenti con la circolare 12 maggio 2020, n. 12/E (in breve, ”Circolare”). La Circolare ha tenuto conto anche dei chiarimenti forniti dalla Commissione europea con le Note esplicative menzionate dal contribuente (”Quick Fixes 2020”).
Così ricostruito il contesto normativo e di prassi, in relazione alla fattispecie prospettata si osserva che nell’istanza la Società dichiara di provvedere al trasporto dei pezzi dall’Italia al proprio Stato UE ”con mezzi propri o tramite spedizionieri dalla stessa incaricati”.
Al riguardo, si ricorda che è esclusa l’applicazione della presunzione che le merci siano state trasportate o spedite in altro Stato membro prevista dal menzionato articolo 45bis qualora il trasporto o la spedizione siano stati effettuati dal cedente o dal cessionario con mezzi propri, senza l’intervento di altri soggetti come, ad esempio, lo spedizioniere o il trasportatore (cfr. Circolare, par. 2, che richiama sul punto il par. 5.3.5. delle Note Esplicative).
Resta inteso che, come chiarito nella Circolare, in tutti i casi in cui non si rende applicabile la presunzione di cui all’articolo 45bis, può continuare a trovare applicazione la prassi nazionale, anche adottata prima dell’entrata in vigore del medesimo articolo, in tema di prova del trasporto intracomunitario dei beni.
Di seguito si forniscono pertanto taluni chiarimenti sulla valenza delle comunicazioni prodotte tramite il sistema EDI quali ”dichiarazione scritta” del venditore ai fini della prova di una cessione intracomunitaria, prescindendo dalle modalità di trasporto adottate dall’Istante.
In base alla consolidata prassi nazionale in materia di prova delle cessioni intracomunitarie, il CMR elettronico (la lettera di vettura internazionale regolata dalla ”Convention des Marchandises par Route”), recante lo stesso contenuto di quello cartaceo, costituisce un mezzo di prova idoneo a dimostrare l’uscita della merce dal territorio nazionale (cfr. Circolare e prassi ivi richiamata). Quando non è possibile esibire il documento di trasporto sono ammissibili altri mezzi di prova idonei; in particolare, la prova dell’avvenuto trasferimento del bene in altro Stato membro può derivare da un insieme di documenti da cui si ricava, con sufficiente evidenza, che il bene è stato trasferito dallo Stato del cedente a quello dell’acquirente (risoluzione 24 luglio 2014, n. 71/E, richiamata al paragrafo 1 della Circolare). Al riguardo, si ritiene che, analogamente a quanto chiarito per il CMR, detti documenti possano essere forniti anche in formato elettronico.
Tale conclusione appare in linea con le Note esplicative Quick Fixes 2020 e, in particolare, con i paragrafi 5.3.6 e 5.3.7 (quest’ultimo menzionato anche dall’Istante), in cui si precisa rispettivamente che ”Qualsiasi documento che contenga tutti gli elementi di cui all’articolo 45 bis, paragrafo 1, lettera b), punto i), del RE deve essere considerato una ”dichiarazione scritta” ai fini di tale disposizione” e che ”Non esistono disposizioni specifiche nel RE per quanto riguarda il formato in cui devono essere forniti i documenti da accettare come prova della spedizione o del trasporto di cui all’articolo 45 bis, paragrafo 3, del RE. Sarebbe ragionevole aspettarsi che gli Stati membri siano flessibili al riguardo e non impongano limitazioni rigorose, ad esempio accettando solo documenti cartacei, ma accettino anche una versione elettronica di tali documenti”.
Eventuali formati elettronici possono, quindi, essere ammessi, ai fini della presunzione di cui all’articolo 45bis del Regolamento, nei limiti in cui gli stessi forniscano le medesime garanzie di una dichiarazione cartacea e, dunque, oltre a garantire la completezza delle informazioni, se ne possano riscontrare: l’integrità; l’autenticità; la veridicità e l’immodificabilità dei contenuti; la certezza e la definitività della data; la paternità dei dati e delle dichiarazioni.
In caso di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, infatti, è necessario che questa sia posta nelle condizioni di leggere i file ed operare eventuali estrazioni, riscontrare eventuali manomissioni che ne compromettano l’originalità, accertarne l’attendibilità e l’imputabilità ai diversi soggetti attraverso il ricorso a standard riconosciuti, determinarne la data attraverso strumenti generalmente ammessi che garantiscano certezza e immutabilità (come, ad esempio, la marca temporale).
Tanto chiarito, in merito al quesito posto dalla Società circa la possibilità di considerare, alla stregua di una dichiarazione scritta, il contenuto di una trasmissione elettronica di dati effettuata mediante connessione EDI stabilita tra acquirente e fornitore, si osserva quanto segue.
Il sistema EDI è un meccanismo di interscambio dati tra sistemi informativi, attraverso un canale dedicato e in un formato distinto, in modo da richiedere l’intervento umano solo in casi eccezionali. Si tratta di una tecnologia utilizzata al fine di garantire maggiore efficienza e rapidità nella gestione amministrativa delle operazioni che si svolgono lungo la supply chain che, per le sue caratteristiche intrinseche, è idonea a garantire autenticità dell’origine e integrità del contenuto.
Ciò consente, ai sensi dell’articolo 233, par. 2 lett. b) della direttiva 112/2006/CE, di equiparare, ai fini IVA, il sistema di trasmissione elettronica di dati c.d. ”EDI” a una firma elettronica avanzata.
Inoltre, nella misura in cui nei documenti scambiati nell’ambito della supply chain che vengono richiamati nell’istanza (cioè la nota d’ordine della Società, la fattura del fornitore e la dichiarazione dell’Istante di conferma avvenuta ricezione dei prodotti) viene riportato il numero d’ordine originario, sembrerebbe che il processo che si intende adottare associ all’EDI anche le garanzie di un controllo di gestione (business control) tale da creare una ”pista di controllo” (audit tra il) affidabile tra la fattura e la corrispondente cessione di beni (cfr. par. 1 del menzionato articolo 233 della direttiva IVA).
Alla luce delle considerazioni suesposte, si ritiene che anche sistemi come quello EDI possano, in linea di principio, essere ammessi come ”dichiarazione scritta” utile per soddisfare la presunzione di cui all’articolo 45bis del Regolamento, ovvero per consentire la prova di una cessione intracomunitaria secondo la prassi nazionale.
Tale ammissibilità è evidentemente subordinata al ricorrere di tutte le richiamate garanzie che consentono una piena equiparazione, in termini probatori, tra il formato elettronico e quello cartaceo. Sul punto, si richiamano i chiarimenti forniti nella citata Circolare n. 12 del 2020, laddove si precisa che l’idoneità dei documenti, ai fini della prova dell’avvenuto trasporto comunitario, ”è comunque soggetta alla valutazione, caso per caso, dall’amministrazione finanziaria (cfr. Note esplicative, par. 5.3.3.)”.
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