FONDAZIONE STUDI CDL – Approfondimento 08 ottobre 2020
Ammortizzatori sociali e circolare n. 115/2020 inps: l’analisi
Premessa
- Modifiche in materia di trattamenti di integrazione salariale (ordinaria e in deroga) e assegno ordinario per la causale “COVID-19” (art. 1 circolare Inps n. 115/2020)
- Modalità di richiesta delle prime 9 settimane previste dal decreto legge n. 104/2020 (art. 1.1.)
- Regolamentazione inerente alla trasmissione delle domande di CIGO, CIGD e ASO (art. 4)
- Cassa integrazione ordinaria per le aziende che si trovano in cassa integrazione straordinaria ai sensi dell’articolo 20 del decreto legge n. 18/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2020, e successive modificazioni (art. 4.1)
- Domande di assegno ordinario del Fondo di integrazione salariale FIS (art. 4.2)
- Assegno ordinario per i datori di lavoro che hanno trattamenti di assegno di solidarietà in corso (art. 4.3)
- Trattamenti di cassa integrazione in deroga CIGD (art. 4.5)
- Incremento di 9 settimane (artt. 2 e 2.1)
8.1. Modalità di versamento del contributo
8.2. Il fatturato
8.3. Inizio attività e attività d’impresa
8.4. La procedura
- Le caratteristiche degli interventi di sostegno al reddito del decreto “Agosto” (art. 3)
- Sulle modalità di pagamento della prestazione (art. 8)
- La cassa integrazione speciale per gli operai e impiegati a tempo indeterminato dipendenti da imprese agricole CISOA (art. 5)
- Sostegno al reddito per sospensione dei lavoratori residenti o domiciliati in Comuni interessati da provvedimenti di permanenza domiciliare adottati dall’autorità pubblica per l’epidemia da COVID-19 (art. 10)
- Modifiche della disciplina CIGD emergenziale per i dipendenti iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti (art. 11)
- Cassa integrazione straordinaria per le aziende del settore aereo (art. 12)
- Risorse finanziarie (art. 9)
- Termini per la trasmissione delle domande e dei dati utili per il pagamento (artt. 6 e 7)
16.1. Il regime decadenziale e la sua prima applicazione
16.2. Il diritto alla “disconnessione” e il differimento dei termini
Conclusioni: le prospettive de iure condendo
PREMESSA
Nel presente approfondimento vengono esaminate le istruzioni operative che l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito con la circolare n. 115 del 30 settembre 2020 sui provvedimenti di integrazione salariale e sostegno al reddito previsti dal D.L. n. 104/2020, cosiddetto decreto “Agosto”. Ciascuno dei seguenti capitoli è, infatti, dedicato ad analizzare nello specifico gli articoli del documento Inps e le previsioni che essi contengono, evidenziandone le criticità e approfondendo parametri, condizioni, tempistiche, caratteristiche delle procedure, nonché modalità di pagamento delle prestazioni, risorse finanziarie e le misure peculiari per determinate categorie di lavoratori.
- MODIFICHE IN MATERIA DI TRATTAMENTI DI INTEGRAZIONE SALARIALE (ORDINARIA E IN DEROGA) E ASSEGNO ORDINARIO PER LA CAUSALE “COVID-19” (ART. 1 CIRCOLARE INPS N. 115/2020)
L’impianto normativo declinato dal decreto legge n. 104/2020 ha introdotto un’importante novità in materia di concessione degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro legati all’emergenza epidemiologica da COVID-19. All’articolo 1 del decreto legge n. 104/2020, infatti, il legislatore ha disposto che i datori di lavoro che, nell’anno 2020, sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 possono presentare domanda di concessione dei trattamenti di cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga di cui agli articoli da 19 a 22-quinquies del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 e successive modificazioni, per una durata massima di nove settimane, incrementate di ulteriori nove settimane, nel medesimo arco temporale, per i soli datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato il precedente periodo di 9 settimane e purché sia integralmente decorso detto periodo. Le complessive diciotto settimane devono essere collocate nel periodo ricompreso tra il 13 luglio 2020 e il 31 dicembre 2020 e costituiscono la durata massima che può essere richiesta con causale COVID-19.
Il legislatore, peraltro, ha disposto, al primo comma dell’articolo 1 del decreto legge n. 104/2020, che i periodi di integrazione salariale, già richiesti e autorizzati ai sensi dei precedenti decreti legge n. 18/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2020, e 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, che si collocano, anche parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio 2020, sono imputati, limitatamente ai periodi successivi alla predetta data, alle prime 9 settimane del nuovo periodo di trattamenti previsto dal decreto legge n. 104/2020. Tale disposizione, dunque, implica, per le aziende che non siano riuscite ad utilizzare tutte le diciotto settimane previste dalla previgente normativa, la privazione delle settimane residue. È, altresì, evidente come i datori di lavoro, che negli scorsi mesi abbiano utilizzato virtuosamente le settimane di cassa integrazione a disposizione, siano stati penalizzati dalla nuova disciplina.
Si evidenzia come la previsione normativa consenta l’accesso alle nuove settimane di trattamenti di integrazione salariale, a prescindere dall’utilizzo degli ammortizzatori sociali per i periodi fino al 12 luglio 2020. Potranno accedere pertanto a tali trattamenti anche i datori di lavoro che non hanno mai presentato domanda di integrazioni salariali per causale COVID-19. Sul tema si rammenta inoltre che, così come precisato dall’Inps con la circolare n. 115/2020, in presenza di domande presentate, ma non ancora autorizzate, che afferiscono a periodi che si collocano a cavallo del 13 luglio 2020, le istanze saranno valutate anche alla luce del decreto legge n. 104/2020. Ne deriva che, per i periodi fino al 12 luglio 2020, sarà preliminarmente verificato il rispetto dei limiti stabiliti dalla precedente normativa, mentre i periodi decorrenti dal 13 luglio 2020 saranno imputati alle prime 9 settimane di cui al decreto legge n. 104/2020.
All’interno della menzionata circolare n. 115/2020, l’Inps ha evidenziato come il legislatore, con la previsione di cui all’articolo 1, non solamente abbia azzerato il conteggio delle settimane riferite alla pregressa disciplina, ma, contestualmente, nel prevedere un periodo massimo di trattamenti pari a 18 settimane complessive – da collocarsi nell’arco temporale dal 13 luglio 2020 al 31 dicembre 2020 – abbia modificato il precedente indirizzo, che legava il ricorso ai trattamenti all’effettiva fruizione degli stessi. In particolare, è stato disposto che l’utilizzo delle predette settimane sia possibile esclusivamente nei limiti dei periodi autorizzati senza tener conto del dato relativo al fruito.
Conseguentemente, una volta richieste e autorizzate le prime 9 settimane e decorso il relativo periodo, i datori di lavoro potranno proporre istanza per accedere all’ulteriore periodo di 9 settimane, ma non potranno richiedere anche l’eventuale completamento delle prime 9 settimane, anche laddove le stesse non fossero state effettivamente fruite per intero.
Tale interpretazione, totalmente differente rispetto a quanto previsto dalla previgente normativa emergenziale, risulta essere oltremodo penalizzante nei confronti delle numerose aziende che hanno scelto di richiedere settimane di integrazione salariale nel periodo intercorrente tra il 13 luglio e il 14 agosto (data di pubblicazione del D.L. n. 104/2020) anche per via delle previsioni di cui al D.L. n. 34/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 77/2020 (NOTA 1) e dal D.L. n. 52/2020 (NOTA 2). Sul tema, peraltro, giova rammentare che il conteggio del dato relativo al periodo fruito non ha alcuna radice normativa. L’Inps, con la circolare n. 58/2009, definita d’intesa con il Ministero del Lavoro, ha stabilito un nuovo e più flessibile criterio di computo dei limiti temporali di concessione del trattamento di integrazione salariale ordinaria, attraverso cui i limiti massimi possono essere computati avuto riguardo non ad un’intera settimana di calendario ma alle singole giornate di sospensione del lavoro e considerando usufruita una settimana solo allorché la contrazione del lavoro abbia interessato sei giorni, o cinque in caso di settimana corta. Questa interpretazione evolutiva della norma, introdotta, si ribadisce solo per prassi, è stata richiamata dallo stesso Istituto previdenziale con il messaggio 2101 del 21 maggio 2020 (NOTA 3) per poi essere successivamente rivista proprio nella circolare n. 115/2020.
In proposito, dunque, è evidente che sia necessaria un’interpretazione univoca, prevista all’interno di una normativa inequivocabile – presumibilmente all’interno della tanto auspicata riforma degli ammortizzatori sociali – che disciplini in modo puntuale e definitivo tale fattispecie, sottraendo così tale tematica a continue interpretazioni di prassi, che, spesso discordanti, penalizzano le aziende con continue incertezze e difficoltà applicative.
Inoltre, si precisa che l’Istituto previdenziale, nella circolare oggetto di questo approfondimento, ha evidenziato che riguardo alle modalità di richiesta del nuovo periodo di trattamenti di integrazione salariale e assegno ordinario previsti dal decreto legge n. 104/2020, su espressa indicazione ministeriale, trovano applicazione esclusivamente ai lavoratori che risultino alle dipendenze dei datori di lavoro richiedenti la prestazione alla data del 13 luglio 2020, data a decorrere dalla quale si applicano le nuove misure. In merito a tale fattispecie, accogliendo con favore l’estensiva interpretazione dell’Istituto, si ritiene necessario che tale previsione venga ribadita dal legislatore in fase di conversione in legge del D.L. n. 104/2020.
Si ricorda, infine, che – mentre, in generale, i trattamenti di integrazione salariale non riguardano i dirigenti, i lavoratori a domicilio e gli apprendisti rientranti in una tipologia di apprendistato diversa da quello professionalizzante (NOTA 4) – i trattamenti in deroga in esame sono ritenuti applicabili a tutti i lavoratori apprendisti ed ai lavoratori a domicilio; restano esclusi i dirigenti (NOTA 5).
- MODALITÀ DI RICHIESTA DELLE PRIME 9 SETTIMANE PREVISTE DAL DECRETO LEGGE N. 104/2020 (ART. 1.1.)
Per quanto concerne le modalità di richiesta delle prime 9 settimane, non si riscontrano grandi differenze rispetto la previgente normativa. In particolare, per le richieste inerenti alle prime 9 settimane, o il minor periodo che risulta scomputando i periodi già autorizzati ai sensi della precedente normativa decorrenti dal 13 luglio 2020, i datori di lavoro dovranno continuare a utilizzare la causale “COVID-19 nazionale” già in essere.
Giova evidenziare, peraltro, che l’Inps nella circolare n. 115/2020, ha previsto la possibilità – per le aziende che avendo esaurito i trattamenti spettanti in relazione alla pregressa normativa emergenziale, prima dell’entrata in vigore del decreto legge n. 104/2020, hanno richiesto trattamenti di cassa integrazione ordinaria ai sensi della disciplina di cui al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, per periodi successivamente ricompresi nella tutela prevista dall’articolo 1 del decreto legge n. 104/2020 – che le settimane non ancora autorizzate e quelle autorizzate, ma per le quali non siano stati emessi i relativi pagamenti dall’Istituto o per le quali l’azienda non abbia provveduto all’esposizione del codice evento su UniEmens, potranno essere convertite in periodi con causale “COVID-19 nazionale”, su espressa richiesta dei datori di lavoro. Le aziende, a tale scopo, dovranno inviare apposita comunicazione nel cassetto previdenziale, comunicazione bidirezionale, indicando gli estremi della domanda originaria e le settimane per cui richiedono la conversione della causale.
Con riferimento, invece, alle domande di assegno ordinario del Fondo di integrazione salariale (FIS) e dei Fondi di solidarietà, i datori di lavoro che intendono modificare la causale, e quindi la disciplina di riferimento, dovranno inviare espressa richiesta di annullamento della precedente domanda e inoltrare nuova apposita domanda con causale “COVID-19 nazionale”. In particolare, per il FIS, le aziende dovranno inviare apposita comunicazione nel cassetto previdenziale, comunicazione bidirezionale, indicando gli estremi della domanda originaria e le settimane da variare.
Invece, per i Fondi di solidarietà diversi dal FIS, che sono autorizzati con delibera dei rispettivi Comitati centrali, la comunicazione di variazione dovrà essere inviata con una PEC all’indirizzo dc.ammortizzatorisociali@postacert.inps.gov.it.
- REGOLAMENTAZIONE INERENTE ALLA TRASMISSIONE DELLE DOMANDE DI CIGO, CIGD E ASO (ART. 4)
Il decreto legge n. 104/2020, nel ridisegnare i periodi oggetto di intervento, non ha modificato la disciplina di riferimento relativa ai trattamenti di CIGO, CIGD e ASO.
In ragione di tale valutazione, così come peraltro confermato dall’Inps, restano fermi i seguenti punti:
– le aziende che trasmettono le domande sono dispensate dall’osservanza dell’articolo 14 del D.Lgs. n. 148/2015 e dei termini del procedimento previsti dall’articolo 15, comma 2, nonché dall’articolo 30, comma 2, del medesimo decreto legislativo per l’assegno ordinario, fermi restando l’informazione, la consultazione e l’esame congiunto, che devono essere svolti, anche in via telematica, entro i tre giorni successivi a quello della comunicazione preventiva;
– all’atto della presentazione della richiesta di concessione dell’integrazione salariale ordinaria e, per i Fondi che prevedono l’obbligo di informazione e consultazione sindacale, di cui all’articolo 14 del D.Lgs. n. 148/2015, dell’assegno ordinario, le aziende, compilando l’apposito campo presente nel modello di domanda, devono limitarsi a dichiarare all’Istituto, sotto la propria responsabilità, di aver eseguito gli adempimenti di cui sopra, senza dover presentare alcuna documentazione probatoria;
– in tema di Fondi di solidarietà, i cui decreti interministeriali attuativi subordinano l’accesso all’assegno ordinario al preventivo espletamento delle procedure sindacali, con obbligo di accordo aziendale, le aziende dovranno continuare a riferirsi ai singoli decreti interministeriali che istituiscono e disciplinano i relativi Fondi e che espressamente prevedono la necessità dell’accordo per l’accesso alla prestazione.
- CASSA INTEGRAZIONE ORDINARIA PER LE AZIENDE CHE SI TROVANO IN CASSA INTEGRAZIONE STRAORDINARIA AI SENSI DELL’ARTICOLO 20 DEL DECRETO LEGGE N. 18/2020, CONVERTITO, CON MODIFICAZIONI, DALLA LEGGE N. 27/2020, E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI (ART. 4.1)
La normativa in commento, articolo 1 del decreto legge n. 104/2020, ai fini dell’accesso ai trattamenti di integrazione salariale, richiama gli articoli da 19 a 22-quinquies del decreto legge n. 18/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2020, e successive modificazioni.
Di conseguenza, così come precisato dall’Inps nella circolare n. 115/2020, anche le imprese, che alla data del 13 luglio 2020 hanno in corso un trattamento di integrazione salariale straordinario e che devono sospendere il programma di CIGS a causa dell’interruzione dell’attività produttiva per effetto dell’emergenza epidemiologica in atto, possono accedere al trattamento di integrazione salariale ordinario, per una durata massima di 18 settimane, per periodi decorrenti dal 13 luglio 2020 al 31 dicembre 2020, a condizione che rientrino in un settore per il quale sussista il diritto di accesso alla prestazione di cassa integrazione ordinaria. La domanda di integrazione salariale ordinaria deve essere presentata con causale “COVID-19 nazionale – sospensione CIGS”. L’Istituto provvederà ad autorizzare le domande di CIGO di cui trattasi nel rispetto dei periodi di sospensione del programma di cassa integrazione salariale straordinaria stabilito dai decreti ministeriali.
Si rammenta, da ultimo, l’obbligo – per i datori di lavoro che, al termine delle prime 9 settimane di CIGO previste dall’articolo 1 del decreto legge n. 104/2020, volessero accedere al secondo periodo di ulteriori 9 settimane di cui al medesimo articolo 1 – di comunicare al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali la volontà di prolungare ulteriormente il programma di CIGS utilizzando le indicazioni previste nella circolare Inps n. 47/2020.
- DOMANDE DI ASSEGNO ORDINARIO DEL FONDO DI INTEGRAZIONE SALARIALE FIS (ART. 4.2)
Con riferimento all’assegno ordinario del Fondo di integrazione salariale (FIS), si richiamano gli indirizzi previsti nella circolare Inps n. 84/20206. Si ricorda che, durante il periodo di percezione dell’assegno ordinario, limitatamente alla causale “COVID-19”, è erogata, ove spettante, la prestazione accessoria degli assegni al nucleo familiare (NOTA 7).
- ASSEGNO ORDINARIO PER I DATORI DI LAVORO CHE HANNO TRATTAMENTI DI ASSEGNO DI SOLIDARIETÀ IN CORSO (ART. 4.3)
La normativa in commento prevede la possibilità di presentare domanda di assegno ordinario anche per i datori di lavoro iscritti al Fondo di integrazione salariale (FIS) che, alla data del 13 luglio 2020, avevano in corso un assegno di solidarietà. La concessione dell’assegno ordinario – che sospende e sostituisce l’assegno di solidarietà già in corso – può riguardare anche i medesimi lavoratori beneficiari dell’assegno di solidarietà, a totale copertura dell’orario di lavoro.
- TRATTAMENTI DI CASSA INTEGRAZIONE IN DEROGA CIGD (ART. 4.5)
Come sopra specificato, il decreto legge n. 104/2020 non ha modificato la disciplina di riferimento né la regolamentazione da seguire per la richiesta dei trattamenti di cassa integrazione in deroga (CIGD) (NOTA 8).
Sul tema, tuttavia, si ritiene utile precisare che, seppure l’Inps all’interno della circolare n. 115 abbia previsto che “la domanda di CIGD – da inviare esclusivamente all’Istituto ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 22-quater del decreto legge n. 18/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2020 – dovrà essere preceduta dalla definizione di un accordo sindacale che l’azienda e le organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale possono concludere anche in via telematica”, il datore di lavoro che richiede l’accesso alla Cassa integrazione ha il solo obbligo, quando previsto dalla legge, di informare i sindacati e di partecipare all’esame congiunto, se richiesto nei termini. In particolare, non è obbligato a raggiungere a tutti i costi un accordo e ha diritto alla concessione della misura anche con il verbale di mancato accordo. In merito a tale fattispecie, peraltro, è quantomeno singolare che l’Inps, nella circolare del 30 settembre 2020, propenda per un’interpretazione contraria a quella che lo stesso Istituto previdenziale aveva palesato nella circolare n. 47 del 28 aprile 2020: “Si considera, altresì, esperito l’accordo di cui all’art. 22, comma 1, con la finalizzazione della procedura di informazione, consultazione ed esame congiunto di cui all’articolo 19, comma 1”. Fermo che la norma, così come più volte precisato dalla Fondazione Studi, non può che essere correttamente interpretata come opportunamente avviene con la circolare Inps n. 47/2020 e, prima ancora, con l’applicazione concreta della giurisprudenza, si rammenta che gran parte della normativa in materia, sin dal codice civile, assegna all’accordo l’essenza della volontarietà e della condivisione, estranee a qualsiasi imposizione astratta ed esogena (NOTA 9).
Da ultimo, si precisa che i datori di lavoro che richiedono il trattamento di cassa integrazione in deroga per periodi successivi al 13 luglio 2020 possono trasmettere domanda all’Istituto, anche qualora non abbiano completato i periodi di competenza regionale/ministeriale. Restano salve le autorizzazioni già adottate dal Ministero. Con particolare riferimento alle aziende plurilocalizzate, l’Istituto ha precisato che potranno inviare domanda come “deroga plurilocalizzata” (NOTA 10) esclusivamente le aziende che hanno ricevuto una prima autorizzazione con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Tutte le altre aziende, invece, dovranno trasmettere domanda come “deroga INPS” (NOTA 11).
- INCREMENTO DI 9 SETTIMANE (ARTT. 2 E 2.1)
L’incremento di nove settimane costituisce il secondo periodo delle complessive diciotto settimane, collocate nel periodo ricompreso tra il 13 luglio 2020 e il 31 dicembre 2020, previste dall’art. 1 comma 1 del D.L. n. 104/2020 per i datori di lavoro che riducono o sospendono l’attività lavorativa a causa dell’emergenza epidemiologica.
L’accesso alle ulteriori nove settimane è consentito esclusivamente ai datori di lavoro ai quali:
1) sia stato già interamente autorizzato il precedente periodo di nove settimane;
2) sia decorso il periodo autorizzato.
La prima decorrenza utile del secondo periodo di nove settimane è il 14 settembre 2020. Questo perché le prime nove settimane possono essere richieste con decorrenza non anteriore al 13 luglio 2020 e, in caso di settimane a cavallo di tale data, richieste ed autorizzate ai sensi della precedente disciplina di cui agli articoli da 19 a 22-quinquies del D.L. n. 18/2020 che si collocano dopo il 12 luglio 2020, il primo periodo di nove settimane, previsto dall’art. 1 comma 1 del D.L. n. 104/2020, viene corrispondentemente ridotto. A tal proposito va ricordato che, a differenza di quanto previsto dai trattamenti d’integrazione salariali richiesti ai sensi del citato D.L. n. 18/2020, le prime nove settimane richieste ai sensi dell’art. 1 del D.L. n. 104/2020 e successivamente autorizzate, si considerano fruite a prescindere dall’effettivo utilizzo da parte del datore di lavoro.
A differenza del primo periodo, l’incremento di nove settimane prevede di regola un onere contributivo a carico del datore di lavoro. È, infatti, previsto un contributo addizionale la cui misura è stabilita in base al calo del fatturato aziendale del primo semestre 2020 rispetto a quello del corrispondente semestre 2019.
Più specificamente, il contributo da calcolarsi sulla retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa è pari:
- a) al 9% per i datori di lavoro che hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al 20%;
- b) al 18% per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato.
Si è evidenziato che il contributo addizionale costituisce la regola ma sono previste alcune eccezioni.
Non è infatti dovuto alcun contributo nelle seguenti ipotesi:
- a) datori di lavoro che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20%;
- b) per coloro che hanno avviato l’attività di impresa successivamente al primo gennaio 2019.
A tal fine, è espressamente previsto che le domande di accesso ai periodi di ulteriori nove settimane di trattamenti d’integrazione salariale, da presentare all’Inps, debbano essere corredate da apposita autocertificazione dei datori di lavoro, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, dalla quale deve risultare la sussistenza dell’eventuale riduzione del fatturato. Sulla base dell’autocertificazione, l’Inps concederà l’autorizzazione individuando l’aliquota del contributo addizionale che il datore di lavoro è tenuto a versare a partire dal periodo di paga successivo al provvedimento di concessione dell’integrazione salariale (v. infra).
Il contributo è dovuto per tutte le tipologie di trattamenti come si desume dal combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’art. 1 D.L. n. 104/2020. Le ulteriori nove settimane di trattamenti previste dal citato comma 2, infatti, riguardano i trattamenti di cui al comma 1 che richiama (tutti) “i trattamenti di cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga di cui agli articoli da 19 a 22-quinquies del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 e successive modificazioni”.
Nella circolare n. 115/2020, l’Inps puntualizza che, ricorrendo i presupposti per il relativo versamento, il contributo addizionale sarà dovuto, “con riferimento a tutti i trattamenti (cassa integrazione ordinaria, cassa integrazione in deroga e assegno ordinario erogato dal Fondo di integrazione salariale e dai Fondi di solidarietà di cui agli articoli 26, 29 e 40 del D.Lgs. n. 148/2015)”.
Come si può notare non vengono richiamati i Fondi di solidarietà bilaterale alternativi di cui all’articolo 27 del D.Lgs. n. 148/2015. Si tratta, come è noto, dei Fondi di solidarietà bilaterali non istituiti presso l’Inps ovvero: il Fondo di solidarietà bilaterale alternativo per l’artigianato e il Fondo di solidarietà per i lavoratori in somministrazione.
Tuttavia, l’articolo 1, comma 7, del D.L. n. 104/2020 prevede che i Fondi di cui all’articolo 27 del D.Lgs. n. 148/2015 garantiscono l’erogazione dell’assegno ordinario di cui al comma 1 con le medesime modalità, per cui si ritiene comunque dovuto il contributo addizionale ma saranno da definire le modalità per il relativo versamento. In definitiva il contributo addizionale è dovuto in tutti i casi e dunque anche per i Fondi di solidarietà di cui al predetto articolo 27 occorrerà attendere le indicazioni sulle modalità di versamento.
8.1. Modalità di versamento del contributo
La circolare n. 115 del 30 settembre 2020 fornisce le istruzioni sulle modalità di versamento del contributo all’Istituto, che variano a seconda che l’impresa abbia richiesto il trattamento d’integrazione salariale anticipando ai lavoratori la prestazione oppure si sia avvalsa del pagamento diretto a carico dell’Inps.
MODALITÀ DI PAGAMENTO AL LAVORATORE | TERMINI | MODALITÀ DI PAGAMENTO DEL CONTRIBUTO ADDIZIONALE |
---|---|---|
Anticipazione del datore di lavoro | Dal mese di paga successivo al provvedimento di autorizzazione Inps | Esposizione col flusso UniEmens del mese di paga successivo alla data di autorizzazione.Oltre al contributo addizionale del mese in corso, anche quello riferito ai periodi di integrazione salariale che insistono sui periodi di paga intercorrenti fra la data di inizio della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa e quello in cui ricade il provvedimento di concessione dell’integrazione salariale e ad assolvere i conseguenti obblighi contributivi. A partire dal secondo mese di paga successivo al rilascio dell’autorizzazione, l’azienda è tenuta a esporre, mese per mese, il contributo addizionale riferito ad ogni periodo di paga, operando i versamenti correlati. Nel caso in cui il rilascio dell’autorizzazione avvenga nel mese in cui termina il periodo di integrazione salariale o successivamente, l’azienda è tenuta a versare l’importo del contributo addizionale per l’intero periodo autorizzato nel periodo di paga successivo a quello di autorizzazione. |
Pagamento diretto a carico Inps | Nei termini indicati dall’Inps nella richiesta di pagamento | L’Inps rimanda alle procedure previste dai messaggi n. 6129/2015 e n. 1113/2017.La procedura, in estrema sintesi, prevede che l’Istituto proceda alla richiesta al raggiungimento, considerando la singola matricola, la soglia economica di (50 euro) e/o temporale (6 mesi). L’Inps provvederà a notificare all’azienda apposita comunicazione concernente l’importo dovuto a titolo di contributo addizionale relativo ai trattamenti erogati via PEC (o per raccomandata nel caso di indirizzi non validi), allegando il modello di pagamento unificato (mod. F24) precompilato. |
Rispetto alle considerazioni finora formulate, aderenti al dettato normativo, emergono ulteriori questioni non altrettanto chiare, su cui è necessario soffermarsi e che impongono un approfondimento e tentare all’interprete di formulare una possibile lettura.
8.2. Il fatturato
La prima riguarda la nozione di fatturato, definizione evidentemente centrale ai fini della determinazione della misura del contributo addizionale eventualmente dovuto. Il significato che può essere attribuito a tale indicatore può essere differente e soprattutto diverso può essere il risultato. Per fatturato si potrebbe, infatti, intendere il volume di ricavi o compensi, oppure quello delle fatture (o documenti equipollenti) emessi.
Tale distinzione non è di poco conto in considerazione dei diversi criteri che regolano la determinazione del fatturato, rispettivamente, ai fini civilistici, fiscali relativamente alle imposte sui redditi e fiscali per l’imposta sul valore aggiunto. Basti pensare alle differenze derivanti dei diversi criteri previsti applicando il principio di competenza piuttosto che quello di cassa.
A questo proposito è significativo evidenziare che l’ultimo periodo dell’articolo 1, comma 4 del D.L. n. 104/2020 prevede che “sono comunque disposte le necessarie verifiche relative alla sussistenza dei requisiti richiesti e autocertificati per l’accesso ai trattamenti di integrazione salariale di cui al presente articolo, ai fini delle quali l’Inps e l’Agenzia delle Entrate sono autorizzati a scambiarsi i dati”. Ciò fa discendere che il criterio applicabile è verosimilmente quello fiscale, anche se – come abbiamo accennato – anche ai fini fiscali sussistono criteri differenti per la determinazione del fatturato ai fini delle imposte sui redditi o dell’IVA.
La circolare Inps n. 115/2020 richiama, peraltro genericamente, “gli indici di calcolo e le modalità di raffronto illustrate dalle circolari dell’Agenzia delle Entrate”. Tali modalità debbano essere seguite dai datori in sede di richiesta d’integrazione salariale al momento dell’autocertificazione relativa all’eventuale riduzione del fatturato (v. infra). Orbene, è utile ricordare che l’Agenzia delle Entrate è stata chiamata a fornire chiarimenti per il calcolo del fatturato ai fini dell’accesso ad altre misure previste da provvedimenti adottati durante il periodo d’emergenza epidemiologica da virus COVID-19. Ricordiamo:
1) l’articolo 18 del D.L. n. 23/2020, convertito dalla legge n. 40/2020, che ha previsto la sospensione dei versamenti tributari e contributivi rispettivamente, per i mesi di aprile e di maggio 2020, per alcuni contribuenti che “hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33% nel mese di marzo 2020 rispetto allo stesso mese del precedente periodo d’imposta e nel mese di aprile 2020 rispetto allo stesso mese del precedente periodo d’imposta”;
2) l’articolo 25, comma 5, del D.L. n. 34/2020, convertito dalla legge n. 77/2020, che ha previsto un contributo a fondo perduto “a condizione che l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019”.
Tali indicazioni sono state fornite dall’Agenzia delle Entrate, in particolare nelle circolari numeri 9/E del 13 aprile 2020 e 15/E del 14 giugno 2020. Per l’Amministrazione finanziaria, al fine di determinare il fatturato o i corrispettivi, occorre fare riferimento alle operazioni che hanno partecipato alle liquidazioni periodiche IVA dei rispettivi periodi oggetto del raffronto.
Bisogna inoltre tenere conto del momento di effettuazione dell’operazione ai fini IVA, anche se invero tale previsione è prevista dall’art. 25, comma 4, del richiamato D.L. n. 34/2020. L’Agenzia delle Entrate (cfr. circolare n. 9/E del 2020) ha infatti chiarito che “il calcolo del fatturato e dei corrispettivi da confrontare va eseguito prendendo a riferimento le operazioni eseguite nei mesi interessati e fatturate o certificate, e che, conseguentemente, hanno partecipato alla liquidazione periodica dei relativi periodi cui vanno sommati i corrispettivi relativi alle operazioni effettuate in detti mesi non rilevanti ai fini IVA. La data da prendere a riferimento è quella di effettuazione dell’operazione che, per le fatture immediate e i corrispettivi, è rispettivamente la data della fattura (nel caso di fattura elettronica il campo 2.1.1.3 <Data>) e la data del corrispettivo giornaliero, mentre per la fattura differita è la data dei DDT o dei documenti equipollenti richiamati in fattura (nel caso di fattura elettronica il campo 2.1.8.2 <DataDDT>)”.
È stato altresì specificato che: – “devono essere considerate tutte le fatture attive (al netto dell’IVA) con data di effettuazione dell’operazione che cade ad aprile nonché le fatture differite emesse nel mese di maggio e relative a operazioni effettuate nel mese di aprile”;
– “occorre tenere conto delle note di variazione di cui all’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972, con data aprile”;
– “i commercianti al minuto e gli altri contribuenti di cui all’art. 22 del D.P.R. n. 633/1972, devono considerare l’ammontare globale dei corrispettivi (al netto dell’IVA) delle operazioni effettuate nel mese di aprile”;
– “concorrono a formare l’ammontare del fatturato anche le cessioni di beni ammortizzabili”;
– “nel caso di operazioni la cui imposta viene calcolata con il metodo della ventilazione dei corrispettivi ovvero con applicazione del regime del margine, per le quali risulta difficoltoso il calcolo dei corrispettivi o delle fatture al netto dell’IVA, l’importo può essere riportato al lordo dell’IVA (sia con riferimento al 2019 che al 2020)”.
Per i soggetti che non hanno obbligo di fatturazione, occorre fare riferimento all’ammontare dei ricavi da determinare tenendo conto delle proprie regole di determinazione del reddito (cfr. circolare n. 8/E del 3 aprile 2020). Con riferimento a coloro che esercitano contestualmente più attività ovvero producano nel medesimo periodo d’imposta reddito d’impresa e reddito di lavoro autonomo, l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del periodo interessato dovrà tener conto di tutte le attività esercitate. In definitiva, i criteri descritti sono quelli verosimilmente applicabili anche ai fini della verifica del calo di fatturato richiesto per la riduzione o l’esonero dal versamento del contributo addizionale in parola. Peraltro, gli accordi di cooperazione tra Inps e Agenzia delle Entrate per i controlli, considerando che il dato è infrannuale, non potranno che suffragare tale criterio.
Ricordiamo, infatti, che grazie alle regole in materia di fattura elettronica e corrispettivi telematici, i dati sono disponibili periodicamente all’Agenzia delle Entrate, salvo una limitata fascia di contribuenti esonerati da tali adempimenti.
8.3. Inizio attività e attività d’impresa
Altra questione, meritevole d’approfondimento, riguarda la data di inizio attività che, qualora sia successiva al 1° gennaio 2019, consente l’esonero dal contributo addizionale. Secondo quanto riportato nella circolare Inps n. 115/2020, “tenuto conto del dettato testuale della norma, ai fini dell’esonero dal versamento per le aziende che hanno iniziato l’attività successivamente al 1° gennaio 2019, si tiene conto della data di inizio dell’attività di impresa comunicata dall’azienda alla Camera di Commercio.
Pertanto, si deve fare riferimento alla data di inizio dell’attività di impresa riferita al codice fiscale dell’azienda e non alla data di apertura della matricola aziendale”.
Il riferimento alla data di inizio attività desunta dalla Camera di Commercio rischia però di penalizzare quei datori di lavoro che hanno effettivamente iniziato l’attività produttiva successivamente a quella denunciata, ipotesi piuttosto frequente in fase di start up. Ma un’attenta lettura della norma che regola l’esonero per coloro che iniziano l’attività dopo il 1° gennaio 2019 fa emergere un dubbio ben più rilevante. Dall’articolo 1, commi 2 e 3, del D.L. n. 104/2020, infatti, non è chiaro se il contributo sia dovuto da tutti i datori di lavoro ovvero solamente da quelli che esercitano attività d’impresa. Il comma 2, infatti, recita testualmente: “I datori di lavoro che presentano domanda per periodi di integrazione relative alle ulteriori nove settimane di cui al comma 1 versano un contributo addizionale determinato sulla base del raffronto tra il fatturato aziendale del primo semestre 2020 e quello del corrispondente semestre 2019”. Ciò farebbe dedurre che l’applicabilità dell’onere riguardi tutti i datori di lavoro ma nel contempo va in senso il riferimento del legislatore al fatturato aziendale. Inoltre, il successivo comma 3, nel regolare le ipotesi d’esonero, prevede che “Il contributo addizionale non è dovuto dai datori di lavoro che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20% e per coloro che hanno avviato l’attività di impresa successivamente al primo gennaio 2019”.
Le letture a tal proposito potrebbero essere due:
1) il contributo è dovuto esclusivamente dai datori di lavoro che esercitano attività d’impresa;
2) il contributo è dovuto da tutti i datori di lavoro e l’esonero per coloro che hanno iniziato l’attività successivamente al primo gennaio 2019 si applica esclusivamente alle imprese.
Nella prima ipotesi evidentemente i datori di lavoro non costituiti in forma d’impresa sarebbero esonerati dal contributo addizionale; nel secondo caso, invece, sarebbero soggetti e l’unica ipotesi d’esonero applicabile sarebbe quella della riduzione di fatturato pari o superiore al 20%. Non appare decisivo, peraltro, l’articolo 1, comma 2 del D.L. n. 104/2020 che regola il contributo addizionale e fa sempre riferimento ai datori di lavoro ma nel contempo, nel determinarne la misura, fa riferimento al fatturato aziendale. Va evidenziato che la terminologia utilizzata dall’Inps nella circolare n. 115/2020 nella parte relativa al contributo addizionale fa quasi esclusivamente riferimento all’impresa.
Su questo aspetto sarebbe auspicabile un intervento chiarificatore, peraltro sollecitato nel Dossier di documentazione del Senato della Repubblica del 24 agosto 2020, destinato alle esigenze di documentazione interna degli organi parlamentari e dei parlamentari per la conversione in legge del D.L. n. 104/2020 (cfr. pag. 11) e ribadito in quello del 4 ottobre 2020 con gli emendamenti approvati dalla V Commissione (cfr. pag. 21).
8.4. La procedura
Per l’incremento di nove settimane, l’Inps ha previsto una causale autonoma rispetto a quella “COVID 19”, finora utilizzata per gli ammortizzatori sociali riconosciuti ai sensi degli articoli da 19 a 22-quinquies del D.L. n. 18/2020. È stata infatti introdotta la nuova causale denominata “COVID 19 con fatturato” che i datori di lavoro dovranno utilizzare per l’inoltro delle domande di cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 104/2020 (cfr. circolare Inps n. 115 del 30 settembre 2020).
Le domande relative a tale ulteriore periodo possono essere presentate all’Inps a seguito della diffusione del messaggio n. 3525 del 1° ottobre 2020 con decorrenza della sospensione o riduzione dell’orario di lavoro 14 settembre 2020, corrispondente al lunedì della prima settimana successiva alle prime nove eventualmente richieste con decorrenza 13 luglio 2020.
Naturalmente, le domande potranno essere presentate anche con decorrenza successiva. Si è evidenziato, a tal fine, che le settimane autorizzate s’intendono sempre fruite a prescindere dall’effettivo utilizzo (v. supra). Al momento della presentazione della richiesta d’accesso ai trattamenti di CIGO, CIGD e ASO, i datori di lavoro dovranno rendere la dichiarazione di responsabilità contenuta all’interno della domanda relativa al fatturato.
Con tale dichiarazione, come emerge dal messaggio Inps n. 3525/2020, autocertificheranno di trovarsi in una delle seguenti condizioni:
– non avere subito un calo di fatturato;
– aver avuto un calo di fatturato inferiore al 20%;
– aver subito un calo di fatturato pari o superiore al 20%;
– avere avviato l’attività di impresa in data successiva al 1° gennaio 2019.
Quanto alle modalità e tempi della richiesta di trattamento, nonché per l’invio all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale, si applicano le medesime regole previste per le prime nove settimane (cfr. art. 1, commi 5 e 6 D.L. n. 104/2020).
- LE CARATTERISTICHE DEGLI INTERVENTI DI SOSTEGNO AL REDDITO DEL DECRETO “AGOSTO” (ART. 3)
Gli ammortizzatori sociali concessi dal D.L. 104/2020, sotto il profilo normativo, assumono le stesse caratteristiche peculiari di quelli emergenziali già previsti dalla normativa previgente, presentando requisiti propri, difformi dagli strumenti classici di cui al D.L. n. 148/2020.
In tale logica, sia gli interventi con causali “COVID-19 nazionale” che quelli con causale “COVID-19 con fatturato” non computano ai fini della determinazione dei limiti:
– di durata di 52 settimane nel biennio mobile per i trattamenti di CIGO e ASO dei Fondi di solidarietà di cui all’articolo 26 del D.Lgs. n. 148/2015 e nel limite delle 26 settimane per l’ASO del Fondo di integrazione salariale (FIS);
– di durata di 24 mesi (30 mesi per le imprese del settore edile e lapideo) nel quinquennio mobile, previsto, per la durata massima complessiva dei trattamenti, dall’articolo 4 del D.Lgs. n. 148/2015;
– di 1/3 delle ore lavorabili per la CIGO ex art. 12, comma 5, del D.Lgs. n. 148/2015.
L’Istituto afferma quindi correttamente che possono farvi ricorso anche le aziende che hanno già raggiunto i limiti per la fruizione degli strumenti di sostegno al reddito di matrice classica essendo neutralizzati anche ai fini di successive richieste di CIGO e di ASO. Una novità sostanziale è invece da individuare sotto il profilo soggettivo atteso che ne possono essere infatti coinvolti i lavoratori assunti alla data del 13 luglio 2020. In tale logica, nelle ipotesi di trasferimento d’azienda ex articolo 2112 c.c. e nei casi di lavoratore che passa alle dipendenze dell’impresa subentrante nell’appalto, si computa anche il periodo durante il quale il lavoratore stesso è stato impiegato presso il precedente datore di lavoro. Così come in passato, per le misure a carattere emergenziale non si applica l’art. 11 del D.Lgs. n. 148/2015. Ne deriva che le domande potranno essere istruite senza l’onere per il datore di lavoro di fornire prova in ordine alla transitorietà dell’evento e alla ripresa dell’attività lavorativa né, tantomeno, di dimostrare la sussistenza del requisito di non imputabilità dell’evento stesso all’imprenditore o ai lavoratori. Non deve essere quindi allegata la relazione tecnica di cui all’articolo 2 del D.M. n. 95442/2016, ma unicamente l’elenco dei lavoratori destinatari della prestazione. Resta comunque ferma la possibilità per i datori di lavoro di poter usufruire, in presenza delle condizioni di legge, degli strumenti previsti dalla normativa generale di cui al D.Lgs. n. 148/2015. In tale circostanza, dovranno essere ossequiati tutti i vincoli normativi previsti dal richiamato Decreto di Riforma del sistema degli ammortizzatori sociali.
- SULLE MODALITÀ DI PAGAMENTO DELLA PRESTAZIONE (ART. 8)
Rimangono, peraltro, inalterate le modalità di pagamento delle prestazioni mediante conguaglio o pagamento diretto da parte dell’Inps. In quest’ultimo caso, così come in precedenza, non sussiste l’obbligo datoriale di produzione della documentazione comprovante le difficoltà finanziarie dell’impresa. L’Inps ha precisato che, in riferimento al pagamento diretto – poiché l’articolo 1 del D.L. n. 104/2020 richiama anche gli articoli 22-quater e 22-quinquies del D.L. n. 18/2020, volti a regolamentare il pagamento diretto dei trattamenti salariali a carico dell’Istituto – tali disposizioni si applicano anche per quanto previsto dal decreto “Agosto” (cfr. Inps, msg. n. 2489/2020 e circ. n. 78/2020). Ne deriva che la presentazione delle domande di CIGO, di CIG in deroga e di ASO, a pagamento diretto con richiesta di anticipo del 40% deve avvenire entro 15 giorni dall’inizio del periodo di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. In tale circostanza, l’Istituto è tenuto ad autorizzare le richieste di anticipazione e a disporre il pagamento dell’anticipo nei confronti dei lavoratori coinvolti, entro 15 giorni dal ricevimento delle stesse. Entro i termini di decadenza all’uopo previsti, il datore di lavoro deve successivamente inviare all’Inps, tramite il modello “SR41 semplificato”, tutti i dati necessari per il saldo dell’integrazione salariale. In caso di inadempienza da parte del datore di lavoro nei termini previsti, il pagamento della prestazione e gli oneri a essa connessi rimangono a suo carico e, conseguentemente, le somme eventualmente erogate ai lavoratori a titolo di anticipo verranno considerate indebite e recuperate in capo al datore di lavoro medesimo.
- LA CASSA INTEGRAZIONE SPECIALE PER GLI OPERAI E IMPIEGATI A TEMPO INDETERMINATO DIPENDENTI DA IMPRESE AGRICOLE CISOA (ART. 5)
A favore del settore agricolo, il decreto “Agosto” ha previsto la possibilità di un trattamento emergenziale di cassa integrazione speciale operai agricoli (CISOA), per un periodo della durata di massima di 50 giorni ricompresi tra il 13 luglio 2020 e il 31 dicembre 2020, per sospensioni dell’attività lavorativa dovute ad eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai sensi dell’articolo 19, comma 3-bis, del decreto legge n. 18/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2020. Tale periodo viene concesso indipendentemente dal precedente utilizzo della CISOA con causale “CISOA DL RILANCIO”, ex art. 19, comma 3-bis, del D.L. n. 18/2020.
Qualora fossero tuttavia stati richiesti e autorizzati, ai sensi della predetta normativa, periodi che si collocano, anche parzialmente, successivamente al 12 luglio 2020, gli stessi sono imputati riducendoli ai 50 giorni previsti dal D.L. n. 104/2020. L’Inps precisa che le domande di concessione del trattamento di CISOA per periodi decorrenti dal 13 luglio 2020 al 31 dicembre 2020 devono essere presentate utilizzando sempre la causale “CISOA DL RILANCIO”. Dato il carattere di specialità dell’ammortizzatore, tali domande possono riguardare anche lavoratori per i quali risulti superato il limite di fruizione ordinario pari a 90 giornate. Conformemente a quanto previsto per gli strumenti di sostegno al reddito, anche i trattamenti concessi ai sensi dell’articolo 1, comma 8, del D.L. n. 104/2020, sono da considerare neutri ai fini delle successive richieste. I lavoratori potranno beneficare di questo ammortizzatore se in forza alla data del 13 luglio 2020 (salvo quanto già annotato in materia di trasferimento d’azienda ex art. 2112 c.c.) a nulla rilevando, ai fini dell’accesso alla prestazione, il requisito dell’anzianità lavorativa pari a 181 giornate nell’anno solare di riferimento presso l’azienda richiedente la prestazione. L’autorizzazione della provvidenza è demandata al direttore della sede Inps territorialmente competente in luogo delle Commissioni provinciali. Il pagamento della CISOA potrà essere attuato mediante conguaglio o pagamento diretto da parte dell’Inps senza obbligo di produzione della documentazione comprovante le difficoltà finanziarie dell’impresa fatto salvo che per gli impiegati è unicamente possibile l’opzione del pagamento diretto. La prestazione di CISOA è incompatibile con la CIGD. Sulla base di questo presupposto eventuali aziende che avessero presentato istanza per la CIGD ai sensi dell’articolo 22 del decreto legge n. 18/2020 non possono accedere alla prestazione di CISOA secondo le regole introdotte dal novellato articolo 19, comma 3-bis, del decreto legge n. 18/2020. Analogamente, le aziende agricole che presentano domanda di CISOA con causale “CISOA DL RILANCIO” non possono presentare ricorrere alla CIGD. Resta ferma, invece, la possibilità di richiedere la cassa integrazione in deroga per gli operai a tempo determinato, che sono esclusi dalla tutela della CISOA. Pertanto, la medesima azienda che ha alle sue dipendenze lavoratori sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato potrà presentare una domanda di CISOA per la prima categoria di dipendenti e una domanda di cassa integrazione in deroga per la seconda categoria di lavoratori. I trattamenti di CISOA previsti dal D.L. n. 104/2020 e dal D.L. 18/2020 sono computati ai fini del raggiungimento del requisito delle 181 giornate di effettivo lavoro previsto dall’articolo 8 della legge n. 457/1972. È fatta infine salva la possibilità di richiedere la provvidenza con le causali ordinariamente previste dalla circolare n. 178/1993 per periodi distinti da quelli per i quali la prestazione è richiesta con la causale emergenziale (“CISOA DL RILANCIO”).
- SOSTEGNO AL REDDITO PER SOSPENSIONE DEI LAVORATORI RESIDENTI O DOMICILIATI IN COMUNI INTERESSATI DA PROVVEDIMENTI DI PERMANENZA DOMICILIARE ADOTTATI DALL’AUTORITÀ PUBBLICA PER L’EPIDEMIA DA COVID-19 (ART. 10)
Ai sensi dell’art. 19 del D.L. n. 104/2020, nel limite massimo di spesa pari a 59,3 milioni di euro per l’anno 2020, i datori di lavoro operanti esclusivamente nelle regioni Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, che abbiano sospeso l’attività lavorativa – anche limitatamente a lavoratori domiciliati o residenti in Comuni per i quali la pubblica autorità abbia emanato provvedimenti di contenimento e di divieto di allontanamento dal proprio territorio, che siano stati impossibilitati a raggiungere il luogo di lavoro in conseguenza dell’emanazione di ordinanze amministrative emesse dalle autorità pubbliche territorialmente competenti, in merito all’obbligo di permanenza domiciliare e conseguente divieto di allontanamento dal territorio comunale in ragione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, prima dell’entrata in vigore del decreto “Agosto” – possono presentare domanda di accesso ai trattamenti di CIGO, CIGD, ASO e CISOA con specifica causale “COVID-19 – Obbligo permanenza domiciliare”, per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 30 aprile 2020. La richiesta potrà essere effettuata per un periodo di durata pari a quello previsto dai provvedimenti emanati dalle pubbliche autorità e, in ogni caso, fino a un massimo di 4 settimane complessive per le prestazioni di CIGO, assegno ordinario e CIGD.
La circolare n. 115/2020 precisa che la prestazione non potrà riguardare soggetti già compresi in precedenti richieste di ammortizzatori sociali stabiliti dal D.L. n. 18/2020. In particolare, per la CISOA è possibile presentare domanda di accesso alla prestazione di cui alla causale in argomento per periodi compresi nel medesimo ambito temporale e per un massimo di 20 giornate. Le istanze, da inoltrare entro il 15 ottobre 2020, devono essere corredate dall’autocertificazione, rilasciata ai sensi dell’articolo 47 del D.P.R. n. 445/2000, con cui il datore di lavoro indica il provvedimento di restrizione. In caso di richiesta di pagamento diretto della prestazione da parte dell’Inps, il datore di lavoro deve inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro il 15 novembre 2020 a pena del decadere della provvidenza. L’Istituto comunica che nel breve termine sarà resa disponibile la procedura informatica per la presentazione delle domande di cui darà conto con specifico messaggio. Per tale ragione, in fase di prima applicazione, le aziende, con riferimento ai periodi i cui termini di trasmissione fossero già scaduti, potranno utilmente inviare le relative istanze entro e non oltre 30 giorni dalla data di pubblicazione di tale atto di prassi.
- MODIFICHE DELLA DISCIPLINA CIGD EMERGENZIALE PER I DIPENDENTI ISCRITTI AL FONDO PENSIONE SPORTIVI PROFESSIONISTI (ART. 11)
L’Istituto è altresì intervenuto sulle disposizioni dell’art. 2 del D.L. n. 104/2020, il quale ha novellato la disciplina della CIGD relativa alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa dei lavoratori dipendenti sportivi professionisti, introdotta dall’articolo 98, comma 7, del D.L. n. 34/2020, ora abrogato. Tale forma di intervento è collocata nell’ambito delle disposizioni sulla CIGD con competenza concessoria posta a carico dell’Inps. Sono tuttavia fatti salvi la validità e gli effetti prodotti dalle domande già presentate dalle Associazioni sportive presso le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano che – nei limiti delle risorse loro assegnate – devono provvedere alla relativa autorizzazione, nel rispetto delle condizioni di accesso stabilite dalla norma. In merito alla misura è stato introdotto il comma 1-bis dell’articolo 22 del D.L. n. 18/2020. Secondo tale disposizione possono essere ammessi al trattamento in deroga i lavoratori dipendenti iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti che abbiano percepito retribuzioni contrattuali lorde non superiori a 50.000 euro, nella stagione sportiva 2019-2020, superando così il concetto di retribuzione annua, riferita al 2019, di cui alla previgente disciplina. La retribuzione utile per l’accesso alla misura, a pena di procedibilità dell’istanza, deve essere dichiarata dal datore di lavoro mediante dichiarazione sostitutiva di atto notorio ex art. 47, D.P.R. n. 445/2000, che, per le domande già presentate, potrà essere inviata successivamente. Il periodo oggetto di tutela per la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa dovrà essere compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 31 ottobre 2020 e non potrà eccedere un limite complessivo di 9 settimane per ogni singola Associazione sportiva, fatte salve quelle con sede in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, che potranno beneficiare di un totale di 13 settimane, nei limiti delle disponibilità finanziarie già assegnate alle medesime Regioni. L’Inps ha precisato che, ai fini dell’identificazione dei soggetti interessati dalla misura si deve fare riferimento all’articolo 2 della legge n. 91/1981, secondo cui la qualifica di sportivo professionista può essere prevista, nell’ordinamento delle singole Federazioni sportive nazionali del CONI, con riferimento agli atleti, agli allenatori, ai direttori tecnico-sportivi e ai preparatori atletici, che esercitino l’attività sportiva a titolo oneroso e con carattere di continuità.
Gli sportivi professionisti (con la precisazione che, al momento, tale qualificazione è contemplata soltanto per le federazioni relative a calcio, ciclismo, golf e pallacanestro) devono essere iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti. Sotto il profilo operativo è stato reso disponibile uno specifico applicativo informatico per la presentazione delle domande (si veda il msg. n. 3137/2020 rilasciato dall’Inps). Sono ammesse al beneficio unicamente le aziende con codice statistico contributivo (CSC) 1.18.08 che dovranno corredare la domanda dell’elenco dei beneficiari in formato “csv”.
Le Associazioni con forza occupazionale superiore alle 5 unità dovranno altresì allegare – in formato “pdf” – l’accordo sindacale da cui sono esonerati i datori di lavoro che occupano fino ai 5 dipendenti. Le Associazioni sportive che hanno già inoltrato domanda alle Regioni o Province autonome non devono produrre all’Istituto una nuova istanza in sostituzione della precedente.
L’Inps precisa inoltre che, qualora siano già state autorizzate 9 o 13 settimane come “deroga regionale”, non potranno essere richiesti né autorizzati ulteriori periodi. Il pagamento della prestazione è effettuato direttamente dall’Inps secondo modalità procedurali che saranno oggetto di un successivo messaggio. La circolare n. 115/2020 stabilisce infine che gli effetti del regime decadenziale relativo alle istanze di concessione del trattamento de quo presentate all’Inps si considerano operanti decorsi 30 giorni dalla data di pubblicazione del messaggio n. 3137/2020 e quindi dal 21 settembre 2020.
- CASSA INTEGRAZIONE STRAORDINARIA PER LE AZIENDE DEL SETTORE AEREO (ART. 12)
L’art. 20 del decreto “Agosto”, novellando l’art. 94 del decreto “Cura Italia”, ha altresì esteso – mediante specifici finanziamenti – il trattamento CIGS con pagamento diretto a carico dell’Inps, per una durata massima di 10 mesi, alle aziende operanti nel settore aereo, in possesso di particolari requisiti, che hanno cessato o cessano l’attività produttiva nel corso dell’anno 2020 e che non sono sottoposte a procedure concorsuali al momento della sottoscrizione dell’accordo previsto dalla norma.
L’autorizzazione è subordinata alla preventiva sottoscrizione, in sede governativa, del richiamato accordo presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, anche in presenza dei Ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti e dello Sviluppo Economico, nonché della regione o delle regioni interessate. In via ulteriore il riconoscimento dell’ammortizzatore è subordinato alternativamente alla sussistenza di prospettive di cessione dell’azienda o di un ramo di essa o alla circostanza secondo cui vengano posti in essere, dalla Regione o dalle Regioni interessate, specifici percorsi di politica attiva del lavoro secondo le modalità indicate nell’accordo sottoscritto in sede governativa. Tale trattamento è escluso dall’obbligo del pagamento del contributo addizionale di cui all’articolo 5 del D.Lgs. n. 148/2015. L’Istituto ricorda inoltre che i datori di lavoro soggetti alla disciplina del Fondo di Tesoreria dovranno versarvi le quote di TFR maturate dal lavoratore durante il periodo di integrazione salariale. Benché l’art. 20, comma 1, lett. c) del D.L. n. 104/2020 preveda quale unica modalità di erogazione della provvidenza quella del pagamento diretto per ragioni di monitoraggio delle risorse, l’Inps si è riservato di emanare successive istruzioni di prassi riguardo alle modalità operative per il recupero, tramite conguaglio, del trattamento straordinario di integrazione salariale di cui in argomento.
- RISORSE FINANZIARIE (ART. 9)
La circolare in commento spiega altresì che secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 11, del D.L. n. 104/2020, i trattamenti di CIGO, CIGD, ASO e CISOA, previsti dalla disposizione d’urgenza, sono concessi nel limite massimo di spesa di 8.220,3 milioni di euro, ripartiti quanto a 5.174 milioni di euro per i trattamenti CIGO e ASO, 2.889,6 milioni di euro per la CIGD e 156,7 milioni di euro per la CISOA. Così come già avvenuto per la previgente normativa emergenziale, lo stanziamento finanzia le prestazioni di sostegno al reddito richiamate e la relativa contribuzione figurativa o correlata che non sarebbero state autorizzate nell’ordinario regime previsto dal D.Lgs. n. 148/2015, con riferimento:
– al superamento dei limiti di fruizione della CIGO e dell’ASO;
– all’ampliamento dei beneficiari dell’assegno ordinario del FIS (datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 e fino a 15 dipendenti);
– al superamento dei limiti finanziari di cui ai decreti interministeriali per le aziende iscritte ai Fondi di solidarietà ex artt. 26 e 40 del D.Lgs. n. 148/2015;
– agli assegni al nucleo familiare dell’assegno ordinario.
Resta a carico dell’Inps il monitoraggio della spesa con la conseguenza che, qualora venga riscontrato, anche in via prospettica, il raggiungimento dell’importo stanziato, non potranno essere emessi ulteriori provvedimenti concessori.
L’Istituto spiega che, ai fini dell’erogazione dell’assegno ordinario da parte dei Fondi di cui all’art. 27 del D.Lgs. n. 148/2015 (Fondo di solidarietà bilaterale dell’Artigianato e il Fondo di solidarietà bilaterale per i lavoratori in somministrazione) – non gestiti dall’Inps – l’art. 1, comma 7, del D.L. n. 104/2020 prevede uno stanziamento massimo a carico del bilancio statale di complessivi 1.600 milioni di euro, per l’anno 2020, che saranno trasferiti ai rispettivi Fondi con decreti ministeriali.
Tenuto conto che il finanziamento di cui all’art. 1, comma 11, prevede provviste finanziarie aggiuntive che si vanno a sommare ai precedenti stanziamenti, si individua quindi un finanziamento unico per la CIGO, per il FIS e per i Fondi di cui agli articoli 26 e 40 del D.Lgs. n. 148/2015, pari a complessivi 17.852,6 milioni di euro. Per la stessa logica, con riferimento alle prestazioni di CIGD autorizzate dall’Inps, ivi comprese le prestazioni di deroga autorizzate dai rispettivi Fondi per le Province autonome di Trento e di Bolzano, viene previsto un finanziamento unico pari a 3.789,6 milioni di euro.
- TERMINI PER LA TRASMISSIONE DELLE DOMANDE E DEI DATI UTILI PER IL PAGAMENTO (ARTT. 6 E 7)
Il D.L. 104 del 14 agosto 2020 ha fissato i nuovi termini per la trasmissione delle domande e dei dati utili per il pagamento dei trattamenti di integrazione salariale, prevedendo inoltre, sia ai commi 5 e 6 che, soprattutto ai commi 9 e 10 dell’art. 1, un articolato sistema di differimento e deroghe, apprezzabile per l’intenzione di assicurare un lasso di tempo adeguato ed evitare decadenze immediate cui sarebbero costretti i destinatari per effetto della introduzione delle nuove norme, discutibile per gli effetti, conseguenti dalla concatenazione di diverse scadenze e decorrenze, che hanno ingenerato non poca confusione negli operatori.
Conseguenza grave se si pensa che si tratta di termini imposti a pena di decadenza, dal cui mancato rispetto deriva il diniego degli ammortizzatori sociali.
16.1. Il regime decadenziale e la sua prima applicazione
Il comma 5 dell’art. 1 del decreto “Agosto” prevede che le domande di accesso ai trattamenti di integrazione salariale devono essere inoltrate all’Inps, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa. In fase di prima applicazione, il suddetto termine di decadenza è fissato dallo stesso quinto comma entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del decreto (dunque entro il 30 settembre).
Per il sesto comma, in caso di pagamento diretto delle prestazioni in discorso da parte dell’Inps, il datore di lavoro è tenuto ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore, entro il termine di trenta giorni dall’adozione del provvedimento di concessione. Ancora per il caso della prima applicazione delle norme introdotte dal decreto “Agosto”, i termini premessi sono spostati al trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto (quindi 14 settembre), se tale ultima data è posteriore a quella di cui al primo periodo. Per effetto della natura decadenziale dei termini fissati, nell’eventualità del loro decorso, in mancanza degli adempimenti prescritti, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro.
16.2. Il diritto alla “disconnessione” e il differimento dei termini
Considerati gli adempimenti cui sono chiamati gli operatori dal D.L. n. 104/2020, peraltro dopo un periodo tumultuoso caratterizzato da un rapido susseguirsi di norme, previsioni di prassi, fissazione di termini e loro deroghe, non di rado per nulla coordinati tra loro, il Legislatore d’urgenza ha previsto, ai commi 9 e 10, sempre dell’art. 1 del decreto “Agosto”, una disciplina di deroga del regime decadenziale ordinario, per la quale, secondo il nono comma, i termini decadenziali di invio delle domande di accesso ai trattamenti collegati all’emergenza COVID-19 e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi, compresi quelli differiti in via amministrativa, in scadenza entro il 31 luglio 2020, sono differiti al 31 agosto 2020, e, invece, ai sensi del decimo comma i termini di invio delle domande di accesso ai trattamenti collegati all’emergenza COVID-19 e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi che, in applicazione della disciplina ordinaria, si collocano tra il 1° e il 31 agosto 2020 sono differiti al 30 settembre 2020.
Ciò, come premesso, perché nelle intenzioni vi era l’obiettivo di garantire una introduzione quanto meno rigida possibile del nuovo regime decadenziale previsto dal D.L. n. 104/2020, ed un effetto graduale della decorrenza dei relativi termini.
Di fatto, tali intenzioni non hanno confermato l’efficacia perseguita all’atto pratico, perché dalla necessità di individuare l’esatta decorrenza e, soprattutto, decadenza, di ben sei termini (!), quali sono alla fine quelli previsti dai commi 5, 6, 9 e 10 dell’art. 1 del D.L. n. 104/2020, sono derivate criticità di non poco conto, alcune di natura oggettiva, date dalle situazione di grave disparità che tale concatenazione talvolta causava (pochi giorni di differenza impedivano di fruire del differimento in deroga, a fronte di presupposti di fatto e di diritto identici), altre di natura soggettiva, determinate dalla difficoltà applicativa delle norme, del loro coordinamento, considerate le finalità cui le norme in discorso erano preordinate e gli obiettivi di semplicità che si erano prefissi.
Ciò è tanto vero che pure l’Inps, con la circolare n. 115/2020, non ha potuto non rilevare che in ordine all’applicazione dei suddetti termini decadenziali, in talune particolari situazioni, la mancata applicabilità del loro differimento avrebbe potuto generare ricadute negative su aziende e lavoratori (e l’Istituto, con il provvedimento in discorso, offre esempi pratici di tali singolari circostanze e conseguenze). Pertanto, con la circolare de qua, viene dato atto della necessità di garantire questa opera di armonizzazione della descritta pletora di termini, ai fini di assegnare certezza alla decadenza dalle misure di sostegno al reddito richiesto, e garantire l’efficacia deflattiva prefissa. In tal senso, la circolare n. 115, innanzi tutto riconosce che:
- a) “anche le istanze di trattamenti con inizio di sospensione o riduzione dal 1° luglio 2020 al 12 luglio 2020, ancorché non ricomprese nella nuova disciplina dettata dal decreto legge n. 104/2020, possono essere utilmente trasmesse entro il 30 settembre 2020” (NOTA 12);
- b) “Il Ministero vigilante, in relazione alla gestione dell’emergenza, ha segnalato l’esigenza dello slittamento del suddetto termine al 31 ottobre 2020, anche in ragione di una imminente soluzione legislativa. Pertanto, il termine del 30 settembre viene sospeso e le domande e la documentazione per i pagamenti diretti presentate oltre tale data ed entro il 31 ottobre saranno definite successivamente all’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 104/2020” (NOTA 13).
Concludendo, per una applicazione diffusa del principio del differimento dei termini di cui al comma 10, si ribadisce che “anche relativamente ai termini di trasmissione dei dati utili al pagamento, si richiamano le considerazioni svolte nel precedente paragrafo, per quanto attiene lo slittamento del termine dal 30 settembre 2020 al 31 ottobre 2020” (NOTA 14).
CONCLUSIONI: LE PROSPETTIVE DE IURE CONDENDO
Non vi è dubbio che il contenuto dei punti 6 e 7 della circolare n. 115/2020 dell’Inps conferma quella che era stata la sensibilità della categoria dei Consulenti del Lavoro nel rilevare, immediatamente, come le intenzioni di differimento e le finalità sottese alle deroghe dei commi 9 e 10 dell’art. 1 del D.L. n. 104/2020 risultassero frustrate dalla coabitazione con quelli ordinari e dalle difficoltà di coordinamento che ne derivavano, a grave danno degli interessati, prima ancora che dei professionisti che vi dovevano operare. È altrettanto vero che la singolare bolla sospensiva rappresentata dalla circolare che, sul punto, congela tutto fino al 31 ottobre 2020, in attesa della preannunciata soluzione legislativa, rappresenta un momento di non irrilevante recupero di tutela per tutti: destinatari delle misure ed operatori (Consulenti del Lavoro in primis). Cionondimeno è innegabile che tale provvedimento è, per sua natura, necessariamente interinale e non può rappresentare la soluzione effettiva e definitiva ai problemi evidenziati, e confermati dall’Istituto con la circolare in esame. Pertanto, soltanto la “soluzione legislativa” potrà definitivamente confermare l’assetto prefigurato dalla circolare, riconducendo ad un unicum il termine decadenziale per i differimenti operati dai commi 9 e 10 del D.L. “Agosto”.
A tal fine non c’è che da auspicare che nella sede deputata, e quanto prima possibile, il dichiarato termine decadenziale del 31 ottobre venga confermato quale unico e definitivo traguardo di decadenza, a prescindere dal dies a quo, per recuperare effettivamente quella tutela di sostanza che uno Stato di diritto deve garantire, rifuggendo orpelli burocratici forieri di sanzioni, tanto gravi (la decadenza dalla fruizione delle misure di sostegno al reddito), quanto evidentemente non volute, come nel caso di specie.
—
Note:
(1) I datori di lavoro che nell’anno 2020 sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, possono presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario con causale “emergenza COVID-19”, per una durata massima di nove settimane per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020, incrementate di ulteriori cinque settimane nel medesimo periodo per i soli datori di lavoro che abbiano interamente fruito il periodo precedentemente concesso fino alla durata massima di nove settimane. È altresì riconosciuto un eventuale ulteriore periodo di durata massima di quattro settimane di trattamento per periodi decorrenti dal 1° settembre 2020 al 31 ottobre 2020 fruibili.
(2) Il legislatore aveva previsto che, in deroga a quanto previsto dagli articoli 19, 20, 21 e 22 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, e successive modifiche e integrazioni, esclusivamente per i datori di lavoro che avessero interamente fruito del periodo precedentemente concesso fino alla durata massima di quattordici settimane, fosse possibile usufruire di ulteriori quattro settimane anche per periodi decorrenti antecedentemente al 1° settembre 2020.
(3) A consuntivo della richiesta, l’azienda può calcolare esattamente quanti giorni di integrazione salariale sono stati effettivamente fruiti. Dalla somma del numero dei giorni si risale al numero di settimane ancora residue da godere, che si potranno richiedere con una nuova domanda.
(4) Articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148.
(5) Circolare dell’Inps n. 86 del 15 luglio 2020, emanata d’intesa con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
(6) Paragrafo 3: “Ai sensi dell’articolo 19 del decreto legge n. 18/2020, così come convertito dalla legge n. 27/2020, l’assegno ordinario, nell’anno 2020, è concesso anche ai lavoratori dipendenti da datori di lavoro iscritti al Fondo di integrazione salariale (FIS) che occupano mediamente più di 5 e fino a 15 dipendenti”.
(7) Cfr. la circolare n. 88/2020.
(8) Resta fermo quanto indicato dall’Inps nella circolare n. 86/2020 in ordine alle aziende destinatarie della disciplina e ai lavoratori ammessi alla misura.
(9) Approfondimento Fondazione Studi del 6 aprile 2020.
(10) Cfr. messaggio Inps n. 2946/2020.
(11) Cfr. circolare Inps n. 86/2020.
(12) Circolare INPS n. 115 del 30 settembre 2020, punto 6, pag. 15.
(13) Circolare INPS n. 115 del 30 settembre 2020, punto 6, pag. 15.
(14) Circolare INPS n. 115 del 30 settembre 2020, punto 7, pag. 17.
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