Al fine di individuare l’ambito di applicazione della normativa antiriciclagggio e dei relativi obblighi in materia a carico dei professionisti destinatari della normativa in commento occorre definire ed esaminare correttamente il concetto dell’autoriciclaggio.
Dal punto di vista della normativa penale il soggetto che abbia commesso il reato presupposto con la legge n. 186 del 15 dicembre 2014 che ha introdotto l’art. 648 ter c.p. è punibile anche del reato di riciclaggio per avere sostituito o trasferito il provento del reato presupposto in quanto, del tutto irrilevanti per la normativa penale, le eventuali modalità con cui l’autore del reato presupposto abbia lui stesso ad esempio movimentato,trasferito o impiegato i proventi illeciti.
Sul fronte della normativa antiriciclaggio la definizione di riciclaggio, per gli obblighi degli avvocati, commercialisti e altri destinatari della norma, ricomprende anche la condotta dell’autoriciclaggio.
Per autoriciclaggio va inteso il reimpiego o occultamento di proventi delittuosi effettuato dallo stesso soggetto che ha commesso il reato presupposto anche se impiegati in attività lecite
Il D.Lgs n. 231/2007 con l’articolo 2 comma 1 contiene la nozione di riciclaggio chiarendo che ai soli fini del presente decreto costituisce riciclaggio “la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza che essi provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l’origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni”
Per come è strutturata la norma, gli avvocati e i commercialisti, ai fini della normativa antiriciclaggio, pur non avendo l’obbligo di segnalazione per il reato presupposto in quanto tale, hanno l’obbligo di segnalare le anomalie nell’operatività del cliente sui denari o utilità che utilizza, e quindi nell’ipotesi in cui il cliente ponga in essere un operazione, i cui proventi derivino da un reato presupposto, devono effettuare la segnalazione di operazione sospetta.
I professionisti, avvocati o commercialisti, potrebbero essere chiamati dal cliente ad assisterlo in una operazione i cui proventi sono stati generati da una condotta penalmente rilevante in cui il cliente stesso ne è stato l’autore materiale.
Ricordiamo che questa normativa, è di prevenzione e contrasto alle operazioni di riciclaggio secondo la definizione di cui all’art. 2, comma 1) del D.Lgs. 231/2007, e quindi sia le casistiche ivi previste che i soggetti astrattamente coinvolti sono moltissimi. La condotta di autoriciclaggio è particolarmente critica, ad esempio, in tutte le ipotesi che riguardano i reati tributari, che per la normativa sono tutti da qualificarsi come reati presupposti al riciclaggio, essendo delitti non colposi per i quali è sempre prevista la reclusione e non l’arresto.
Con riferimento ai reati tributari, è necessario chiarire che, non è sufficiente la semplice condotta del cliente astrattamente riconducibile ad uno dei delitti previsti dalla norma, per aversi il presupposto del riciclaggio o dell’autoriciclaggio. In sostanza, è sempre necessario verificare la oggettiva sussistenza della condizione della provenienza delittuosa del denaro o degli altri beni o utilità utilizzato, e la sussistenza degli altri presupposti che integrano la condotta criminosa
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