La Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 166 del 27 giugno 2013 chiarisce, ritenendola non incostituzionale l’art.59 del D.Lgs. 546/92 pertanto nel processo tributario la Commissione Tributaria Regionale, chiamata a decidere su questioni di inammissibilità rilevate in primo grado, può decidere anche nel merito della controversia se tale intervento viene richiesto coi motivi d’appello. Pertanto,per i giudici della Consulta, non è incostituzionale la norma che non consente, in questi casi, un rinvio della causa alla Commissione provinciale.
La Consulta ha dichiarato la “manifesta infondatezza” della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 59 del D.Lgs. n. 546 del 1992, promossa dalla Commissione Tributaria Regionale della Marche, in riferimento all’articolo 24 della Costituzione, nella parte in cui la norma del processo tributario non contempla, tra i casi di rimessione, quello dell’erronea dichiarazione di inammissibilità del ricorso, emessa da parte del giudice di prime cure senza trattazione nel merito della causa.
La Consulta ha ritenuto che i dubbi del giudice remittente sono stati espressi sulla base di un “erroneo presupposto interpretativo”, posto che la norma censurata non limita affatto – si legge in sentenza – “la trattazione del processo né pone il giudice dell’appello nella situazione di stallo prospettata dal rimettente”. Infatti l’art. 59 del D.Lgs. n. 546 del 1992, qualora non ricorra una delle ipotesi di rimessione alla CTP elencate dal comma primo, non preclude in appello la possibilità di esame del processo nel merito, sempre che l’appellante abbia correttamente riproposto, insieme alla censura di erroneità della dichiarazione di inammissibilità, le relative censure di merito. La preclusione lamentata dal giudice a quo si verifica, pertanto, solo in caso di “mancata deduzione delle questioni di merito da parte dell’appellante, il quale ha male esercitato il suo diritto di appellare”.
Sulla questione la Consulta ricorda l’indirizzo univoco e consolidato della Cassazione che ritiene “ammissibile l’impugnazione con la quale l’appellante si limiti a dedurre unicamente i vizi di rito avverso una pronuncia a lui sfavorevole, solo se i vizi denunciati comporterebbero, se fondati, una rimessione al primo giudice ai sensi degli artt. 353 e 354 c.p.c e nel caso specifico del processo tributario, ai sensi dell’art. 59, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992; nelle ipotesi in cui, invece, il vizio non rientra in uno dei casi tassativamente previsti dalle citate norme è necessario che l’appellante deduca ritualmente anche le questioni di merito, con la conseguenza che, in tali ipotesi, ‘l’appello fondato esclusivamente su vizi di rito, senza contestuale gravame contro l’ingiustizia della sentenza di primo grado dovrà ritenersi inammissibile, oltre che per difetto d’interesse, per non rispondenza al modello legale dell’impugnazione’” (SS.UU. n. 12541/98).
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