AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 06 agosto 2021, n. 537
Applicabilità del regime di esenzione da ritenuta sui dividendi corrisposti a una società “madre” fiscalmente residente in Svizzera, ai sensi dell’articolo 9 dell’Accordo tra la Comunità Europea e la Confederazione svizzera, siglato il 26 ottobre 2004.
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società ALFA S.p.A. (di seguito anche “ALFA”, “istante” o “Società”), ammessa al regime di adempimento collaborativo con provvedimento prot.XXXX, avvalendosi della facoltà prevista dal paragrafo 6.2 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 101573 del 26 maggio 2017, ha formulato un’istanza di interpello, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera a) della Legge 27 luglio 2000 n. 212, avente ad oggetto la corretta interpretazione dell’articolo 9 (già articolo 15) dell’Accordo tra la Comunità Europea e la Confederazione svizzera, siglato il 26 ottobre 2004 (di seguito “Accordo”), esponendo il seguente QUESITO
ALFA è una società di capitali residente nel territorio dello Stato italiano, interamente posseduta dal 1° agosto 2020 dalla società BETA., con sede legale in Svizzera (Cantone XXX), Avenue YYYY, iscritta nel Registro del Commercio al n.YYYYY.
La Società “intende distribuire dividendi al socio unico BETA., applicando le disposizioni di cui all’articolo 15 dell’Accordo tra la Comunità Europea e la Confederazione svizzera siglato il 26 ottobre 2004 (i. e. esenzione da ritenuta alla fonte).
L’articolo 15 del predetto Accordo prevede la sussistenza congiunta dei seguenti requisiti per la sua applicazione:
a) la società madre detiene direttamente almeno il 25per cento del capitale della società figlia per un periodo minimo di due anni;
b) una delle due società ha la residenza fiscale in uno Stato membro e l’altra ha la residenza fiscale in Svizzera;
c) nessuna delle due società ha la residenza fiscale in uno Stato terzo sulla base di un accordo in materia di doppie imposizioni con tale Stato terzo;
d) entrambe le società sono assoggettate all’imposta diretta sugli utili delle società, senza beneficiare di esenzioni ed entrambe adottano la forma di una società di capitali. “
A tale riguardo, con particolare riferimento al requisito di cui alla lettera a) dell’articolo 9 (già articolo 15) del citato Accordo l’Istante chiede di sapere se: “
avendo la BETA., acquisito il 100% del capitale sociale di ALFA in data XXXX, sia essa titolata a percepire i dividendi da quest’ultima società in esenzione da ritenuta, già a decorrere dalla medesima data, anche se non sono ancora trascorsi due anni di detenzione del capitale, nel presupposto che la medesima condizione, di cui alla lett a), si verificherà successivamente, e fatta salva, ovviamente, la restituzione delle ritenute non applicate qualora le partecipazioni fossero cedute prima del decorrere del biennio prescritto dalla norma. “
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La Società “ritiene applicabile l’esenzione in parola nel presupposto che l’Accordo non prevede che la condizione del possesso continuato per due anni di una quota di capitale, pari almeno al 25%, debba essere già terminato al momento del pagamento del dividendo.”
A tale proposito, ALFA richiama la sentenza della CGUE del 17 ottobre 1996 (procedimenti riuniti C-283/94, C-291/94 e C-292/94, cd. sentenza “Denkavit”), concernente l’interpretazione di analoghe disposizioni contenute negli articoli 3, n. 2, e 5, della Direttiva 90/435/CEE (di seguito anche “Direttiva Madre-Figlia”), ove è stato stabilito che “gli Stati membri non possono subordinare la concessione dell’agevolazione fiscale prevista dall’articolo 5, n. 1, della direttiva alla condizione che, al momento della distribuzione degli utili, la società capogruppo abbia detenuto una partecipazione nella consociata per il periodo minimo fissato dall’articolo 3, n. 2, purché tale periodo venga in seguito osservato. Su quest’ultimo punto gli Stati membri sono liberi di determinare, tenuto conto delle necessità del loro ordinamento giuridico interno, i criteri per garantire l’osservanza di tale periodo… (Omissis)”.
L’Istante è consapevole del fatto che, in diversi precedenti di prassi, l’Amministrazione finanziaria “ha sostenuto che l’esenzione sui dividendi fluenti verso la società “madre” non possa operare prima che sia trascorso il periodo di detenzione prescritto” (cfr Circolare 60/E del 19 giugno 2001) e che tale posizione è stata assunta per far fronte a “problematiche di carattere operativo, legate al fatto che non sarebbe possibile un’azione efficace di controllo sulle posizioni delle società che hanno omesso l’applicazione della ritenuta. Secondo l’Amministrazione, infatti, consentire al sostituto d’imposta residente la disapplicazione del prelievo in uscita, sulla base di una semplice dichiarazione della società “madre” comunitaria che si impegna a detenere le azioni o quote per un anno, non significherebbe conferire automaticamente alla stessa Amministrazione il potere-dovere di controllare ex post il rispetto del requisito. “(cfr Risoluzione n. 109/E del 29 luglio 2005).
Ciò nondimeno, l’Istante ritiene che, nonostante non risulti intervenuto un ripensamento della prassi sull’argomento, “le precedenti posizioni siano da considerarsi non pertinenti e, dunque, superate sul rilievo che la Società è stata ammessa al regime di cooperative compliance, di cui al D.Lgs. n. 128/2015. “
Tale regime ha imposto, per le società aderenti, di svolgere la propria attività nel contesto di un costante dialogo con l’Agenzia delle Entrate, la quale deve essere tempestivamente informata di tutti i dati utili circa le operazioni compiute dalle contribuenti. Ciò in quanto tale regime è ispirato al rispetto dei cd. “fve key pillars ” che devono informare, secondo l’OCSE, il propugnato rapporto di “enhanced relatioship ” tra i soggetti coinvolti nel rapporto di imposta: la comprensione dei “driver commerciali”; l’imparzialità; la proporzionalità nella gestione delle risorse; la collaborazione e la reattività; la comunicazione e la trasparenza da parte dei contribuenti.
Come noto, il sistema fiscale italiano è basato sulprincipio dell’autoliquidazione dell’imposta; pertanto, l’Agenzia delle Entrate, nell’ordinarietà dei casi, interviene ex post per “sindacare” l’operato dei contribuenti. Ciò indubbiamente genera delle inefficienze, in quanto l’Amministrazione si trova a dover ricostruire e ad interpretare i comportamenti del contribuente a distanza di tempo da quando la condotta è stata posta in essere e dichiarata. E’ proprio in questa cornice che si pone il regime di adempimento collaborativo, il cui obiettivo prefissato è quello di favorire un dialogo continuo tra le parti”.
In tale contesto, secondo la Società: “muta anche la possibilità, per l’Agenzia delle Entrate, di poter reperire le informazioni circa le operazioni svolte dalla Società. Infatti, stando ai sopra citati cd. five key pillars ” la Società deve adottare un comportamento trasparente nei confronti dell’Ufficio, il che significa che è tenuta a favorire un agevole reperimento di informazioni da parte dell’Ufficio. Prima ancora, la società aderente al regime è tenuta a predisporre il sistema di controllo fiscale interno (cd. “tax control framework”; cfr. punto 3 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 54237del 2016), che garantisca un presidio costante sui processi aziendali. “
Facendo leva su tali assunzioni, l’Istante “ritiene che il superamento della posizione della prassi sopra riportata sia possibile proprio nello specifico caso di società che operino in regime di “adempimento collaborativo. ” e che quindi “prendendo spunto dalla citata pronuncia giurisprudenziale della Corte di Lussemburgo nel caso Denkavit e dall’attuale disciplina relativa all’adempimento collaborativo (. ), a decorrere dal XXXX, data di acquisizione del 100% del capitale, ALFA possa effettuare le previste distribuzioni di dividendi senza applicazione della ritenuta di cui all’articolo 27 del DPR n. 600/1973 (o della ritenuta convenzionale), purché in presenza delle prescritte certificazioni di legge, e fatta salva la restituzione della ritenuta applicata qualora venisse meno, successivamente al pagamento del dividendo, la condizione secondo cui “la società madre detiene direttamente almeno il 25% del capitale della società figlia per un minimo di due anni”.
Infatti, secondo la Società “il costante rapporto di interlocuzione proprio del regime di adempimento collaborativo consentirebbe all’Agenzia delle Entrate di avere contezza del rispetto delle condizioni previste per l’applicazione dell’esenzione in parola. Ciò è testimoniato, nella specie, dalla pacifica circostanza che la Società ha prontamente notiziato Codesto Ufficio dell’avvenuto cambio della propria compagine societaria, giusta la cennata comunicazione del XXXX.”
Parere dell’Agenzia delle entrate
Il quesito interpretativo sottoposto all’attenzione della scrivente attiene all’applicabilità del regime di esenzione da ritenuta sui dividendi che ALFA intende corrispondere al socio unico svizzero, BETA, come previsto, dall’originario articolo 15, poi trasfuso nell’attuale articolo 9, del citato Accordo tra la Comunità Europea e la Confederazione svizzera.
Nello specifico, il dubbio interpretativo sollevato è riferito a una delle condizioni individuate al paragrafo 1 dell’articolo 9 dell’Accordo, al fine di esentare da ritenuta i dividendi corrisposti dalle società figlie alle società madri nello Stato d’origine e, segnatamente, alla condizione secondo cui “la società madre detiene direttamente almeno il25% del capitale della società figlia per un minimo di due anni”.
Preliminarmente, si condivide l’approccio seguito dall’Istante di interpretare l’articolo 9 dell’Accordo sulla base dell’esegesi delle analoghe disposizioni contenute nella Direttiva Madre Figlia.
Come noto, i trattati internazionali devono essere interpretati con un metodo oggettivo, in buona fede, secondo il senso ordinario da attribuire ai loro termini, nel contesto in cui sono collocati e alla luce dell’oggetto e dello scopo dei trattati stessi (cfr. articoli 31-33 della Convenzione di Vienna del 23 maggio 1969).
Nel caso di specie, l’intento di fondo dell’Accordo appare essere quello di estendere le misure che regolano i rapporti tra imprese residenti nel territorio europeo alle imprese elvetiche, stabilendo “misure equivalenti” a quelle definite nella direttiva 2003/48/CE del Consiglio in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi e, per quanto attiene in particolare all’articolo 9 citato, nella Direttiva Madre Figlia.
Ne deriva che le disposizioni contenute nell’articolo 9 dell’Accordo devono essere interpretate alla luce delle analoghe disposizioni contenute negli articoli 3 e 5, della Direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, n. 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi.
Ciò posto, preme rilevare che la sentenza della CGUE del 17 ottobre 1996 (procedimenti riuniti C-283/94, C-291/94 e C-292/94, cd. sentenza “Denkavit”), concernente l’interpretazione degli articoli 3, n. 2, e 5, della Direttiva Madre-Figlia, in merito al requisito del “possesso ininterrotto della partecipazione” ha esplicitamente stabilito, da un lato che: “Spetta agli Stati membri stabilire le norme intese a far rispettare il periodo minimo in conformità alle procedure previste nel loro ordinamento interno” e dall’altro che: “In ogni caso, tali Stati non sono tenuti in forza della Direttiva, a concedere l’agevolazione in modo immediato quando la società capogruppo si impegna unilateralmente a rispettare il periodo minimo di partecipazione”.
In tale direzione si è mossa l’Agenzia delle entrate, con la Circolare 60/E del 19 giugno 2001, ove è stato chiarito che “dalla lettera della norma, così come modificata, non sembra potersi dedurre che l’agevolazione sui dividendi fluenti verso la società madre possa essere applicata direttamente dal sostituto d’imposta italiano prima che sia trascorso il periodo di detenzione prescritto” e, successivamente, con la Risoluzione n. 109/E del 29 luglio 2005, rubricata “Esenzione dalla ritenuta sui dividendi-Direttiva madrefiglid”, in cui è stato osservato che il combinato disposto dei commi 1, lettera d), e 2 dell’articolo 27 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, consente alla società beneficiaria dei dividendi la possibilità di chiedere al sostituto di non applicare la ritenuta solo quando ricorrono i presupposti per esercitare il diritto al rimborso della ritenuta medesima e, specificamente, qualora la partecipazione sia stata detenuta ininterrottamente per almeno un anno.
In particolare, in quest’ultimo arresto interpretativo, l’Agenzia delle entrate ha avuto modo di sottolineare che: “Invero, qualora la non applicazione della ritenuta sui dividendi distribuiti venisse direttamente riconosciuta dal sostituto d’imposta sulla base di una semplice dichiarazione di voler mantenere il requisito della detenzione ininterrotta per almeno un anno della partecipazione qualificata, non sarebbe agevole vigilare a posteriori sul mantenimento dell’ “impegno ” assunto dal socio che ha percepito i dividendi” aggiungendo, altresì, che, in tali ipotesi “per quanto attiene il rispetto di tale impegno, il sostituto d’imposta non avrebbe alcun potere-dovere di riscontro e la stessa Amministrazione finanziaria incontrerebbe difficoltà nell’attivare controlli efficaci”.
Per quanto detto sopra, tali conclusioni tornano applicabili anche alla corretta interpretazione del requisito di cui all’articolo 9 (ex articolo 15) del predetto Accordo tra l’UE e la Confederazione svizzera secondo cui, ai fini dell’esenzione da ritenuta “la società madre ” deve detenere “direttamente almeno il 25% del capitale della società figlia per un minimo di due anni.
Fatta tale generale premessa, occorre in questa sede soffermarsi sulle ragioni di fondo che hanno spinto l’Agenzia delle entrate a negare l’esenzione sui dividendi fluenti verso la società madre prima che sia interamente decorso il periodo di detenzione previsto dall’articolo 27, comma 1, lettera d) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, al fine di comprendere se dette ragioni possano ritenersi superate in funzione della specificità del rapporto tributario istauratosi tra Agenzia delle entrate e ALFA, a seguito dell’adesione di quest’ultima al regime di Adempimento collaborativo.
Come sopra accennato, nel motivare la posizione assunta con la risoluzione n. 109/ del 29 luglio 2005, l’Agenzia delle entrate ha espressamente richiamato l’esistenza di specifiche esigenze di controllo connesse con le oggettive difficoltà che incontrerebbe l’Amministrazione finanziaria “qualora la non applicazione della ritenuta sui dividendi distribuiti venisse direttamente riconosciuta dal sostituto d’imposta sulla base di una semplice dichiarazione ” nell’attivare “controlli efficaci” circa il rispetto dell’impegno della società madre di non alienare le partecipazioni prima del decorso dei due anni di possesso, requisito necessario per beneficiare della non applicazione delle ritenute.
A tale riguardo, preme osservare che il regime di adempimento collaborativo prevede “l’adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate ” tra Agenzia delle entrate e contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale “basate sul reciproco affidamento”. Tale obiettivo è perseguito tramite l’interlocuzione costante e preventiva con il contribuente su elementi di fatto, ivi inclusa l’anticipazione del controllo, finalizzata ad una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali. Nell’ambito del nuovo framework, i contribuenti sono incentivati a fornire informazioni spontanee, complete e tempestive e ad assumere comportamenti improntati alla trasparenza e alla collaborazione, a fronte dell’impegno dell’Agenzia delle entrate di rendere l’adempimento fiscale più semplice e supportare le imprese a raggiungere un maggior grado di certezza.
Proprio in ragione del fatto che l’adesione al regime consente all’Amministrazione finanziaria di avere una visione di estrema trasparenza sui processi aziendali e sui rischi fiscali a essa sottesi, l’articolo 5 del d.lgs n. 128 del 2015, rubricato “Doveri”, prevede in capo all’Agenzia delle entrate una serie di impegni nei confronti dei contribuenti ammessi, tra cui la: “d) realizzazione di specifiche semplificazioni degli adempimenti tributari, in conseguenza degli elementi informativi forniti dal contribuente nell’ambito del regime;”. Pertanto, tenuto conto dei doveri e degli impegni reciproci assunti con l’adesione al regime – doveri che comportano, per il contribuente, l’obbligo di notiziare tempestivamente l’Ufficio di tutti i dati utili alla verifica della sua posizione fiscale e, per l’Agenzia delle entrate, l’impegno ad accordare specifiche semplificazioni negli adempimenti tributari, proprio in conseguenza degli elementi informativi forniti – si ritiene che, in seno al peculiare contesto del regime di adempimento collaborativo, le esigenze di controllo che di norma ostano alla applicazione del regime prima del decorso del termine previsto, richiamate nella più volte citata Risoluzione 109/E del 2005, possano essere pienamente soddisfatte nell’ordinario svolgimento delle attività. Pertanto, si ritiene possibile consentire a ALFA di effettuare le previste distribuzioni di dividendi senza applicazione della ritenuta di cui all’articolo 27 del d.P.R. n. 600 del 1973 (o della ritenuta convenzionale), purché in presenza delle prescritte certificazioni di legge, e fatta salva la restituzione della ritenuta applicata qualora venisse meno, successivamente al pagamento del dividendo, la condizione secondo cui “la società madre detiene direttamente almeno il 25% del capitale della società figlia per un minimo di due anni”.
Si precisa che la presente risposta non riguarda eventuali profili di abuso del diritto degli istituti trattati, di cui all’articolo 10-bs della legge n. 212 del 2000 e viene resa sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
Con particolare riferimento alla fattispecie prospettata, peraltro, è opportuno evidenziare come l’articolo 9 (già articolo15) dell’Accordo prevede che è “fatta salva l’applicazione delle disposizioni previste in Svizzera e negli Stati membri al fine della prevenzione delle frodi o degli abusi, sulla base delle legislazioni interne o di accordi internazionali”.
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