AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 21 dicembre 2021, n. 839
Applicabilità della ritenuta di cui all’articolo 26, comma 5, del d.P.R. n. 600 del 1973, sui finanziamenti a medio-lungo termine concessi da banche del Regno Unito dopo la Brexit
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La banca Istante è un istituto di credito stabilito nel Regno Unito, soggetto a vigilanza da parte della Banca d’Inghilterra ed è ivi autorizzato a fornire servizi e prodotti bancari ai propri clienti.
L’Istante pone un quesito in ordine alla possibilità di continuare ad applicare nei confronti delle banche stabilite nel Regno Unito la normativa di cui all’articolo 26, comma 5-bis, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, tenuto conto che, a decorrere dal 1° febbraio 2020, il Regno Unito non fa più parte dell’Unione Europea.
Ai sensi dell’articolo 127 dell’Accordo di Recesso tra Regno Unito ed Unione Europea (c.d. Withdrawal Agreement – in seguito “Accordo di Recesso”), il diritto dell’Unione ha continuato ad applicarsi al Regno Unito fino alla scadenza del c.d. periodo transitorio, terminato il 31 dicembre 2020.
Di conseguenza, a partire dal 1° gennaio 2021, il Regno Unito non è più considerato alla stregua di uno Stato Membro, ai fini dell’applicazione del diritto dell’Unione.
In data 24 dicembre 2020 è stato sottoscritto l’Accordo sugli Scambi Commerciali e Cooperazione tra Regno Unito ed Unione Europea (c.d. Trade and Cooperation Agreement – in seguito “TCA”), il quale ha lo scopo di agevolare le relazioni commerciali e i rapporti tra il Regno Unito e l’Unione europea dalla fine del Periodo Transitorio dell’Accordo di Recesso.
In data 29 aprile 2021 il Parlamento dell’Unione europea ha formalmente approvato il TCA, il quale era entrato in vigore il 1° gennaio 2021, in via provvisoria, in pendenza di tale approvazione.
L’Istante è da lungo tempo operativa nel mercato dei capitali del Regno Unito, quale ente concedente finanziamenti, inoltre, svolge la medesima attività anche nel mercato europeo, ivi incluso quello italiano.
In particolare, in data 6 maggio 2020 l’Istante ed altri istituti di credito hanno sottoscritto con una società italiana un contratto di finanziamento per l’apertura di una linea di credito revolving a medio-lungo termine, per un valore di Euro XXX.
In tale contesto detta società italiana ha presentato istanza d’interpello ai fini dell’applicazione dell’esclusione da ritenuta ai sensi dell’articolo 26, comma 5bis del d.P.R. n. 600 del 1973 agli interessi ed altri proventi corrisposti all’Istante su tale finanziamento durante il periodo transitorio. Con risposta, notificata in data 7 dicembre 2020, la scrivente ha confermato la non applicazione della ritenuta sugli interessi ed altri proventi corrisposti all’Istante nel periodo transitorio.
L’attività dell’Istante in Italia è stata condotta in passato attraverso il passaporto bancario (c.d. “Italian EEA fmancialServices Passpor” il quale ha cessato di essere valido il 31 dicembre 2020.
Nel corso del 2020, l’Istante ha deciso di chiedere alla Banca d’Italia l’autorizzazione ad operare, in modo tale da poter continuare a fornire i propri servizi ai clienti stabiliti in Italia ed evitare un’interruzione nella fornitura dei servizi.
In virtù dell’autorizzazione concessa da Banca d’Italia, in data gg/mm/aaaa, l’Istante può erogare finanziamenti a soggetti italiani anche successivamente al termine del periodo transitorio, ivi incluso il finanziamento oggetto della risposta di cui sopra.
Sul mercato italiano l’Istante concede finanziamenti, per conto proprio, al fine di detenerli fino a scadenza e non per attività di negoziazione. Detta attività è svolta in libera prestazione di servizi, senza stabilimento sul territorio italiano.
Tanto premesso, in relazione alla descritta fattispecie, l’istante ritiene che sussistono obiettive condizioni di incertezza in merito al trattamento fiscale da applicare agli interessi e altri proventi derivanti dai finanziamenti a medio-lungo termine erogati ad imprese residenti nel territorio italiano.
Con documentazione integrativa del gg/mm/aaaa, l’Istante ha fornito ulteriori chiarimenti e documentazione a supporto delle proprie tesi.
L’Istante chiede di confermare la non applicabilità della ritenuta di cui all’articolo 26, comma 5, del d.P.R. n. 600 del 1973, in virtù dell’esclusione di cui al comma 5-bis, del medesimo articolo su interessi ed altri proventi (ivi incluse anche le commissioni bancarie) derivanti da finanziamenti a medio lungo termine erogati ad imprese residenti in Italia (di seguito, “Primo Quesito”).
In subordine, ove la risposta al Primo Quesito sia negativa, Vistante chiede conferma che l’esclusione da ritenuta di cui all’Articolo 26, comma 5-bis, del d.P.R. n. 600 del 1973 sia applicabile al caso di specie in quanto l’istante rientrerebbe tra gli « investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, di cui all’articolo 6, comma 1, lettera b), del d.lgs. 1° aprile 1996, n. 239, soggetti a forme di vigilanza nei paesi esteri nei quali sono istituiti» (di seguito, “Secondo Quesito).
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
A parere dell’Istante non è applicabile, al caso di specie, la ritenuta di cui all’articolo 26, comma 5, del d.P.R. n. 600 del 1973, in virtù dell’esclusione di cui al comma 5-bis del medesimo articolo, in quanto l’Istante non dovrebbe subire, in virtù delle disposizioni del TCA, un trattamento fiscale, in termini di ritenute applicabili sugli interessi ed altri proventi corrisposti da soggetti italiani, che sia meno favorevole di quello applicabile agli enti creditizi nazionali e/o stabiliti in Stati membri dell’Unione europea o che, comunque, sia di ostacolo alle libertà garantite dal TCA, in termini di prestazione di servizi e libera circolazione dei capitali.
L’amministrazione finanziaria con il Principio di diritto del 9 aprile 2021, ha confermato l’estensione, per tutto il periodo transitorio, dell’esclusione da ritenuta degli interessi ed altri proventi assimilati derivanti da un contratto di finanziamento a medio e lungo termine erogato a favore di un’impresa italiana da una banca stabilita nel Regno Unito, ai sensi del citato articolo 26, comma 5-bis.
Detto Principio afferma che l’articolo 127 dell’Accordo fa salva, durante il periodo transitorio, l’applicazione al Regno Unito del cd. “diritto dell’Unione”.
Quest’ultimo include, inter alias, i “principi generali” del diritto unionale, quali le libertà fondamentali sancite dal TFUE (libertà di stabilimento ex articolo 49 del TFUE, libera prestazione di servizi ex articolo 56 del TFUE e libera circolazione di capitali ex articolo 63 del TFUE) e il principio di non discriminazione stabilito all’articolo 18 del medesimo Trattato.
L’Istante ritiene che tali principi, soprattutto quello della libera circolazione di capitali, siano stati trasposti nel testo del TCA, seppur la loro portata debba essere inquadrata in un diverso contesto normativo.
Pertanto, l’Istante ritiene che l’eventuale diniego ad una banca del Regno Unito, autorizzata ad operare in Italia, dell’esclusione da ritenuta di cui all’articolo 26, comma 5-bis, costituirebbe una violazione del TCA e non sarebbe giustificabile ai sensi dell’articolo EXC.2 (attualmente indicato come articolo 413 – “Fiscalità”).
In subordine, qualora la risposta al Primo Quesito sia negativa, l’Istante ritiene non applicabile la ritenuta di cui all’articolo 26, comma 5, del d.P.R. n. 600 del 1973, in quanto una Banca stabilita nel Regno Unito sarebbe un “Investitore Istituzionale soggetto a vigilanza residente in uno Stato White List”.
Al riguardo l’Istante sottolinea che l’articolo 6, comma 1, del decreto legge 24 gennaio 2015, n. 3 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33) ha modificato il comma 5-bis dell’articolo 26 del d.P.R. n. 600 del 1973, sostituendo, tra i soggetti nei cui confronti non si applica la ritenuta, gli ” organismi di investimento collettivo del risparmio che non fanno ricorso alla leva finanziaria, ancorché privi di soggettività tributaria” con la più generica categoria degli “investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, di cui all’articolo 6, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 1° aprile 1996, n. 239, soggetti a forme di vigilanza nei paesi esteri nei quali sono istituiti”.
A parere dell’Istante da tale modifica si evincerebbe l’intenzione del legislatore di ampliare la platea dei soggetti che possono beneficiare dell’esclusione da ritenuta. Pertanto, ritiene che tale modifica comporti l’esclusione dall’applicazione della ritenuta in argomento non solo alle banche europee ma anche alle banche autorizzate e stabilite in un Paese white list.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Il 30 gennaio 2020, l’Unione europea ha ratificato l’Accordo di Recesso con il Regno Unito che, dalla mezzanotte del 31 gennaio 2020, è diventato un Paese terzo.
Ciò ha segnato l’inizio di un periodo transitorio che si è protratto fino al 31 dicembre 2020, in cui ha continuato a trovare, provvisoriamente, applicazione nei confronti del Regno Unito il diritto unionale, incluse le libertà fondamentali sancite dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
In data 24 dicembre 2020 è stato concluso l’Accordo sugli Scambi Commerciali e Cooperazione tra Regno Unito ed Unione Europea (c.d. “Trade and Cooperation Agreement” – in seguito “TCA”), il quale ha lo scopo di agevolare le relazioni commerciali e i rapporti tra il Regno Unito e l’Unione europea, dalla fine del Periodo Transitorio dell’Accordo di Recesso.
Detto Accordo è entrato in vigore il 1° gennaio 2021, in via provvisoria, in pendenza di approvazione da parte del Parlamento dell’Unione europea.
L’Accordo prevedeva che l’applicazione provvisoria cessasse a fine febbraio, a meno che le Parti non concordassero una data successiva.
Su richiesta dell’Unione europea, il 23 febbraio il Consiglio di partenariato UE- Regno Unito ha deciso di prorogare l’applicazione provvisoria al 30 aprile 2021, al fine di concedere un periodo di tempo sufficiente per completare la revisione giuridico-linguistica dell’Accordo UE-UK in tutte le 24 lingue. L’autenticazione delle 24 versioni linguistiche è stata completata il 21 aprile.
A seguito della richiesta di approvazione del Consiglio del 26 febbraio 2021, il Parlamento europeo ha approvato la decisione relativa alla conclusione dell’Accordo in esame il 29 aprile 2021.
Pertanto, allo stato attuale i rapporti tra Unione europea e Regno Unito sono regolati dal sopra citato TCA.
Nel testo convenzionale vengono definite “le basi di ampie relazioni tra le parti, in uno spazio di prosperità e buon vicinato caratterizzato da relazioni strette e pacifiche basate sulla cooperazione, nel rispetto dell’autonomia e della sovranità delle partì (Cfr. Parte Prima, Titolo I, Articolo 1 – Finalità).
Nello specifico, vengono disciplinati:
– un accordo di libero scambio, che prevede una collaborazione in materia economica, sociale, ambientale e nel settore della pesca;
– una stretta collaborazione per quanto riguarda la sicurezza dei cittadini;
– un assetto generale di governarne.
Nonostante l’Accordo in esame promuova un forte partenariato tra Unione europea e Regno Unito, in nessun caso tale Paese può essere considerato al pari di uno Stato membro, non facendo ormai più parte né del mercato unico né dell’Unione doganale e non essendo più coinvolto negli accordi internazionali dell’Unione.
Nello stesso Preambolo all’accordo, pur affermando l’intento di «stabilire norme chiare e reciprocamente vantaggiose che disciplinino il commercio e gli investimenti tra le parti”, si precisa che “ai fini dell’efficiente gestione e della corretta interpretazione e applicazione del presente accordo o eventuale accordo integrativo e dell’osservanza degli obblighi che ne derivano, è essenziale stabilire disposizioni che garantiscano la governane e globale, in particolare norme in materia di risoluzione delle controversie e di esecuzione che rispettino integralmente l’autonomia degli ordinamenti giuridici dell’Unione e del Regno Unito nonché lo status del Regno Unito di paese esterno all’Unione europea».
Pertanto si ritiene, con riferimento alle disposizioni del TCA richiamate dall’ Istante, che le medesime siano volte a definire i principi e le regole di cooperazione tra Regno Unito e Unione europea, a seguito della Brexit con riferimento a determinati ambiti ma che, al tempo stesso e per quanto sopra chiarito, non possano condurre ad una equiparazione del Regno Unito ad uno Stato membro.
L’articolo 26, comma 5-bis, del d.P.R. n. 600 del 1973 prevede che «Ferme restando le disposizioni in tema di riserva di attività per l’erogazione di finanziamenti nei confronti del pubblico di cui al decreto legislativo 1 ° settembre 1993, n. 385, la ritenuta di cui al comma 5 non si applica agli interessi e altri proventi derivanti da finanziamenti a medio e lungo termine alle imprese erogati da enti creditizi stabiliti negli Stati membri dell’Unione europea, enti individuati all’articolo 2, paragrafo 5, numeri da 4) a 23), della direttiva 2013/36/UE, imprese di assicurazione costituite e autorizzate ai sensi di normative emanate da Stati membri dell’Unione europea o investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, di cui all’articolo 6 comma 1, lettera b), del decreto legislativo 1 ° aprile 1996, n. 239, soggetti a forme di vigilanza nei paesi esteri nei quali sono istituiti».
Tale disposizione è stata introdotta nell’articolo 26 (come eccezione all’applicazione della ritenuta prevista dal comma 5 dello stesso articolo) dall’articolo 22 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 91 con l’obiettivo di favorire l’accesso al credito da parte degli operatori.
Successivamente, il predetto comma è stato oggetto di diversi interventi normativi che hanno, progressivamente, modificato l’ambito soggettivo di applicazione della norma, chiarendone altresì i presupposti.
Le modifiche di cui sopra, tuttavia, non hanno riguardato la parte della disposizione inerente gli «enti creditizi stabiliti negli Stati membri dell’Unione europea».
Rispetto a tale categoria di soggetti potenzialmente beneficiari dell’esclusione di cui all’articolo 26, comma 5-bis, la lettera della norma non pone alcun dubbio interpretativo, riferendosi espressamente agli entri creditizi stabiliti in Stati membri dell’Unione europea, tra cui evidentemente non rientra più il Regno Unito.
Viceversa con l’articolo 6, comma 1, del decreto legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33 la categoria, originariamente prevista degli «organismi di investimento collettivo del risparmio che non fanno ricorso alla leva finanziaria, ancorché privi di soggettività tributaria», quali soggetti titolati all’esclusione da ritenuta sui finanziamenti a medio lungo termine , è stata sostituita dalla categoria degli «investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, di cui all’articolo 6, comma 1, lettera b), del d.lgs. 1° aprile 1996, n. 239, soggetti a forme di vigilanza nei paesi esteri nei quali sono istituiti».
L’articolo 6, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 1 aprile 1996, n. 239 si riferisce agli investitori istituzionali costituiti in “Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni ad oggi individuati dal decreto ministeriale del 4 settembre 1996 (“Stati White List) e successive modificazioni, fra i quali rientra il Regno Unito, che siano soggetti a forme di vigilanza nei paesi nei quali sono istituti.
Rispetto alla formulazione previgente, la disposizione amplia l’ambito soggettivo di operatività dell’agevolazione anche a taluni investitori non residenti in paesi UE o aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo senza modificare la prima parte della disposizione per effetto della quale la ritenuta non si applica, tra l’altro, agli «enti creditizi stabiliti negli Stati membri dell’Unione europea»»
Ciò posto, con riferimento ad entrambi i quesiti posti dall’Istante, seguendo i canoni ermeneutici dell’interpretazione delle leggi, di cui all’articolo 12 delle preleggi al Codice Civile, non è possibile, in sede interpretativa, ampliare l’ambito soggettivo di applicazione della norma alle banche extra UE, in ragione della circostanza che le norme di esenzione in materia tributaria, per effetto della loro natura derogatoria di carattere speciale, sono di stretta interpretazione.
Infatti, qualora il legislatore avesse voluto estendere l’esenzione in argomento alle banche extra-UE lo avrebbe fatto espressamente, anche con riferimento specifico a tale categoria di enti, negli interventi modificativi sopra citati che hanno interessato la norma con riferimento ad altre categorie di soggetti.
Si ritiene, inoltre, che l’applicazione della ritenuta di cui all’articolo 26, comma 5, del d.P.R. n. 600 del 1973 ad una Banca UK non violi l’articolo EXC.2 – Fiscalità (attualmente Articolo 413) a norma del quale «Fatto salvo l’obbligo di non applicare le misure fiscali in una forma che costituisca una discriminazione arbitraria o ingiustificata tra paesi in presenza di condizioni analoghe, o una restrizione dissimulata degli scambi e degli investimenti, nulla nei titoli da I a VII, nel titolo VIII, capo 4 e nei titoli IX, X e XI della presente rubrica, nel presente titolo o nella rubrica sesta dovrà interpretarsi in modo da impedire a una parte di adottare, mantenere in vigore o applicare misure che:
a) sono intese a garantire l’imposizione o la riscossione equa o efficace delle imposte dirette;
b) operano una distinzione tra contribuenti che non si trovano nella stessa situazione, in particolare per quanto riguarda il luogo di residenza o il luogo in cui è investito il loro capitale… omissis… ».
Infatti, considerato anche che la nota 1 al punto a) di cui sopra, riportata nel TCA a commento di tale disposizione, chiarisce espressamente che «Le misure finalizzate a garantire l’imposizione o la riscossione equa o efficace delle imposte dirette comprendono le misure adottate da una parte secondo il proprio sistema fiscale, le quali:
i) si applicano ai prestatori di servizi non residenti in considerazione del fatto che l’imposta dovuta dai soggetti non residenti viene determinata con riferimento a elementi imponibili aventi la loro fonte o situati nel territorio della parte; o ii) si applicano ai soggetti non residenti, al fine di garantire l’imposizione o la riscossione delle imposte nel territorio della parte; ….omissis…» si ritiene che la norma ammetta tutte quelle disposizioni in materia tributaria che operano una distinzione tra residenti e non-residenti, o comunque tra contribuenti che non si trovino in situazioni equiparabili (tra le quali rientrano a titolo esemplificativo anche le ritenute alla fonte).
Inoltre, si ritiene che l’applicazione della disposizione di cui sopra ad una Banca UK non costituisca una ” arbitraria od ingiustificabile discriminazione” né costituisca una “restrizione dissimulata al commercio e agli investimenti, posto che equivale ad accordare lo stesso trattamento fiscale riconosciuto ad oggi a tutte le altre Banche stabilite in Paesi Terzi.
Alla luce di quanto precede, si ritiene che, nei confronti della Banca istante non si possa applicare l’esclusione da ritenuta di cui all’articolo 26, comma 5-bis, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 su interessi ed altri proventi (ivi incluse anche le commissioni bancarie) derivanti da finanziamenti a medio lungo termine erogati ad imprese residenti in Italia, in quanto Banca non stabilita in una Stato membro dell’Unione europea.
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