AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 05 gennaio 2021, n. 5
Applicabilità della valutazione “automatica” dell’articolo 34, comma 5, d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, al valore dichiarato, in sede di donazione o dichiarazione di successione di quota di società semplice che non abbia redatto né bilancio né inventario, con riguardo agli immobili della società.
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’Istante intende donare al proprio nipote (figlio di un fratello) la nuda proprietà della propria quota di partecipazione in una Società Semplice (“Alfa S.S.”), riservandosi il diritto di usufrutto vitalizio.
Al riguardo, l’istante chiede se, ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, il valore dei fabbricati e dei terreni non aventi destinazione edificatoria di proprietà della Società Semplice, che rileva ai fini della determinazione del valore della quota societaria oggetto di donazione (o, eventualmente, qualora si decidesse di non procedere in vita con la donazione, oggetto di successione), possa essere determinato secondo i coefficienti della “valutazione automatica” ai sensi dell’articolo 34, comma 5, del decreto legislativo del 31 ottobre 1990, n. 346, contenente il Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni (di seguito, “TUS”).
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante evidenzia che, secondo l’articolo 16, comma 1, lettera b), del TUS, la base imponibile per le quote anche di società semplici è costituita dal valore proporzionalmente corrispondente al valore del patrimonio netto della società risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti, o, in assenza di bilancio e inventario, al valore complessivo dei beni e diritti appartenenti alla società al netto delle passività risultanti a norma degli articoli da 21 a 23, escludendo i beni indicati alle lettere h) e i) dell’articolo 12.
L’articolo 34, comma 5, del TUS, poi, dispone che non sono sottoposti a rettifica i valori degli immobili iscritti in catasto con attribuzione di rendita dichiarati in misura non inferiore a quella stabilita secondo i coefficienti per le imposte sui redditi, né i valori della nuda proprietà e dei diritti reali di godimento sugli immobili stessi dichiarati in misura non inferiore a quella stabilita secondo l’articolo 14, fermo restando che tale disposizione non si applica ai terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria.
Infine, ai sensi dell’articolo 56 del TUS, il valore dei diritti e dei beni oggetto di donazione viene determinato secondo le medesime regole previste per il calcolo del valore dei beni oggetto di successione, a norma degli articoli da 14 a 19 e a norma dell’articolo 34, commi 3, 4 e 5.
Tanto premesso, l’istante ritiene che l’articolo 34, comma 5, del TUS si applichi non solo nel caso di immobili di proprietà delle persone fisiche, ma anche nel caso di immobili di proprietà delle società semplici.
In particolare, l’istante evidenzia che, se non vi è bilancio pubblicato né inventario regolarmente redatto e vidimato, il valore delle quote della società è determinato tenendo conto del valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti alla società, al netto delle passività. In tal senso, secondo l’istante, dispone l’art. 16 del TUS e la Circolare 30 dicembre 2003, n. 58/E.
Al riguardo, l’istante sostiene che il valore dei beni non possa che essere il valore di “mercato” degli stessi.
L’istante ritiene, però, che se per gli immobili di proprietà di società semplici (esclusi i terreni aventi destinazione edificatoria) viene considerato un valore non inferiore a quello catastale, il valore considerato al fine del calcolo del valore della quota societaria non potrà essere contestato e/o rettificato dall’Ufficio, dovendo trovare applicazione anche in tal caso quanto disposto dal citato art. 34, comma 5.
Ciò pur mancando nelle disposizioni relative alla valutazione di quote di società non quotate prive di bilancio uno specifico rinvio all’articolo 34, comma 5, del TUS.
Infatti, secondo l’istante, un’interpretazione sistematica delle citate norme induce a ritenere che “il valore dei beni e dei diritti” di cui all’articolo 16, lettera b) del TUS appartenenti a società le cui quote sono oggetto di donazione o successione non possa che rispettare le regole stabilite dal TUS per i medesimi beni, e, quindi, per gli immobili, la “valutazione automatica”.
Altrimenti, conclude l’istante, si determinerebbe una disparità di trattamento tra il proprietario di beni immobili ed il proprietario di una quota di società che sia a sua volta proprietaria di beni immobili.
Parere dell’Agenzia delle entrate
L’art. 16, lettera b), del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (di seguito, “TUS”), prevede che la base imponibile è determinata assumendo: “b) per le azioni e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, non quotate in borsa né negoziati al mercato ristretto, nonché per le quote di società non azionarie, comprese le società semplici e le società di fatto, il valore proporzionalmente corrispondente al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto dell’ente o della società risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti, ovvero, in mancanza di bilancio o inventario, al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all’ente o alla società al netto delle passività risultanti a norma degli articoli da 21 a 23, escludendo i beni indicati alle lettere h) e i) dell’art. 12”.
Pertanto, il comma 1, lettera b), del citato articolo 16 dispone che il valore delle azioni delle società non quotate in borsa e delle quote di società non azionarie, e dunque anche delle società semplici, è determinato assumendo, alla data di apertura della successione o della donazione, due distinti criteri:
– ove sia reperibile l’ultimo bilancio pubblicato o l’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, il valore della quota deve essere individuato nel valore proporzionalmente corrispondente a quello del patrimonio netto dell’ente o della società da essi risultante, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti;
– ove non vi sia un bilancio o un inventario, il valore della quota corrispondente, in proporzione, al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all’ente o alla società, al netto delle passività risultanti a norma degli articoli da 21 a 23 del TUS, ed escludendo i beni indicati alle lettere h) e i) dell’articolo 12 del TUS.
Inoltre, il comma 2 del citato articolo 16 dispone che “In caso di usufrutto si applicano le disposizioni dell’art. 14, comma 1, lettere b) e c)”.
Pertanto, al fine di individuare il valore della nuda proprietà della quota di società semplice, oggetto di donazione o di successione, occorre, a norma del citato articolo 14, individuare il valore del diritto di usufrutto della quota in oggetto, secondo i coefficienti indicati nell’art. 17 del TUS, e, successivamente, determinare, per differenza rispetto al valore della piena proprietà della quota, il valore della nuda proprietà della medesima quota donata o trasmessa mortis causa.
Per quanto concerne la determinazione del valore dei beni trasferiti per donazione, l’art. 56, comma 4, del TUS dispone che “Il valore dei beni e dei diritti donati è determinato a norma degli artt. da 14 a 19 e dell’art. 34, commi 3, 4 e 5”. Come chiarito anche nella Circolare 30 dicembre 2003, n. 58/E, secondo la Corte costituzionale (Cfr. Ordinanza 14 giugno 2002, n. 250) il riferimento al valore risultante dal bilancio “appare tutt’altro che irragionevole, considerata la mancanza di un valore di mercato della quota e la evidente impossibilità, per l’acquirente mortis causa, di procedere ad una autonoma valutazione degli elementi attivi e passivi del patrimonio sociale; ferma sempre restando la possibilità, da parte dell’amministrazione finanziaria, di contestare il mancato rispetto dei criteri legali di redazione del bilancio o dell’inventario”.
A seguito di tale pronuncia, la Corte di Cassazione ha stabilito che la citata norma consente all’Amministrazione finanziaria un’autonoma valutazione nel caso in cui si tratti di società per la quale non siano stati approvati bilanci o redatti inventari, mentre il valore del patrimonio netto risultante dal bilancio “è vincolante per l’amministrazione finanziaria, che non può procedere ad un’autonoma valutazione del valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti alla società al netto delle passività, salvo che non denunci (motivatamente) la inattendibilità delle poste di bilancio” (Cass. 7 maggio 2003, n. 6915; 4 aprile 2003, n. 5282).
Pertanto, in assenza di bilancio o inventario, occorre procedere ad una valutazione analitica del valore complessivo dell’azienda sociale attraverso la procedura di quantificazione del valore effettivo attribuibile a ciascun bene e diritto di cui la società è titolare, secondo i criteri, quindi, indicati dagli articoli 14 e seguenti del TUS, nonché mediante l’individuazione delle passività deducibili risultanti a norma degli articoli da 21 a 23 del TUS.
Con riferimento al quesito in esame, la base imponibile degli immobili, ai fini della determinazione del valore della quota societaria oggetto di donazione o successione, è così determinata dall’art. 14 del TUS:
“a) per la piena proprietà, il valore venale in comune commercio alla data di apertura della successione;
b) per la proprietà gravata da diritti reali di godimento, la differenza tra il valore della piena proprietà e quello del diritto da cui è gravata;
c) per i diritti di usufrutto, uso e abitazione, il valore determinato a norma dell’art. 17 sulla base di annualità pari all’importo ottenuto moltiplicando il valore della piena proprietà per il saggio legale d’interesse; (..)”.
Pertanto, la base imponibile relativa agli immobili, oggetto di donazione o successione, è costituita, quanto alla piena proprietà, dal valore venale in comune commercio degli stessi.
Come chiarito anche dalla Circolare 22 gennaio 2008, n. 3/E, tale norma va coordinata con la previsione di cui all’articolo 34, comma 5, del TUS, che preclude la rettifica di valore da parte degli uffici dell’Agenzia nell’ipotesi in cui il valore dichiarato sia almeno pari al c.d. “valore tabellare”.
In particolare, l’art. 34, comma 5, del TUS, con riferimento agli immobili, prevede che “Non sono sottoposti a rettifica il valore degli immobili iscritti in catasto con attribuzione di rendita dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a settantacinque volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati, a cento volte il reddito risultante in catasto, aggiornati con i coefficienti stabiliti per le imposte sui redditi, né i valori della nuda proprietà e dei diritti reali di godimento sugli immobili stessi dichiarati in misura non
inferiore a quella determinata su tale base a norma dell’art. 14. La disposizione del presente comma non si applica per i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria”.
L’applicazione del limite di rettifica è esclusa per i “terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria”. Si tratta di quei terreni utilizzabili a scopo edificatorio “in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”, secondo la definizione contenuta nell’articolo 36, comma 2, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223.
Il citato articolo 34, comma 5, del TUS, si applica anche:
– alle donazioni (sulla base dell’articolo 56, comma 4, del TUS);
– agli altri atti a titolo gratuito e alla costituzione di vincoli di destinazione (cfr. articoli 2, comma 50, del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, e 56, comma 4, del TUS).
Inoltre, si precisa che gli atti di donazione, gli altri atti a titolo gratuito e la costituzione di vincoli di destinazione aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, non rientrano nella previsione di cui all’articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (c.d. “prezzo-valore”). Infatti, tale norma, per la determinazione della base imponibile delle cessioni di beni immobili ad uso abitativo poste in essere nei confronti di persone fisiche, rinvia all’articolo 52, commi 4 e 5, del TUR, e non anche alle disposizioni che, sebbene di contenuto analogo, regolano l’imposta sulle successioni e donazioni.
Dunque, per i predetti atti sono in ogni caso confermati i limiti al potere di accertamento da parte degli uffici, previsti dall’articolo 34, comma 5, del TUS sopra richiamato.
Può ritenersi, pertanto, che qualora, in sede di donazione o di dichiarazione di successione di quota di società semplice che non abbia redatto né bilancio né inventario, venga dichiarato con riferimento agli immobili di proprietà di tali società, eccettuati i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria, un valore non inferiore, per i terreni, a settantacinque volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati, a cento volte il reddito risultante in catasto, aggiornati con i coefficienti stabiliti per le imposte sui redditi, o un valore della nuda proprietà o del diritto reale di godimento sugli stessi in misura non inferiore a quella determinata su tale base a norma dell’art. 14 del TUS, l’Ufficio non potrà procedere a rettificare tale valore dichiarato.
A sostegno di tale soluzione interpretativa, si può far riferimento alla Risoluzione n.105/E del 20 agosto 1998 con cui l’Amministrazione Finanziaria – con riferimento alle aziende, disciplinate dall’art. 15, comma 1, del TUS, il cui tenore risulta analogo a quello della seconda parte dell’art. 16, lettera b) del TUS – ha ritenuto applicabile la previsione di cui all’art. 34, comma 5, del TUS ai beni immobili facenti parte del patrimonio di aziende oggetto di donazione ovvero di successione.
Può ritenersi, dunque, che anche al valore dichiarato, in sede di donazione o di dichiarazione di successione di quota di società semplice che non abbia redatto né bilancio né inventario, con riguardo agli immobili compresi nel patrimonio di tale società, eccettuati i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria, possa essere applicabile il criterio della c.d. valutazione “automatica”, o “tabellare” prevista dal citato art. 34, comma 5, del TUS.
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