AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 17 luglio 2019, n. 260
Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Applicabilità dell’aliquota IVA al 10% ai contratti di appalto stipulati per la costruzione di fabbricati “Tupini” n. 127-quaterdecies) della Tabella A, parte III, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente
Quesito
L’Istante è un’imprenditrice agricola ed intende avviare “Attività di alloggio connesse alle aziende agricole”.
In particolare, l’istante intende demolire la vecchia sede di un maso chiuso e costruire un nuovo fabbricato costituito da 4 appartamenti e 2 camere per ospiti, tutti da destinare all’attività agrituristica. Un ulteriore appartamento al piano terra sarà costruito come “prima casa” della proprietaria.
Al piano terra e seminterrato verranno costruiti vani agricoli usati come garage per macchinari agricoli, deposito per attrezzature e prodotti agricoli.
Inoltre, verranno costruite complessivamente 7 autorimesse come accessorio all’unità abitazione “prima casa” e/o come accessorio agli appartamenti e camere destinati all’attività agrituristica.
I nuovi appartamenti e le camere da costruire, prima di poter essere utilizzati per l’attività agrituristica nonché come abitazione del proprietario, devono essere iscritti nel catasto edilizio urbano e, con molta probabilità, saranno classificati nella categoria catastale A/2 (abitazioni), mentre i vani agricoli saranno da classificare, quali immobili strumentali, nella categoria catastale D/10 e le autorimesse nella categoria C/6.
L’Istante, inoltre, precisa che il nuovo fabbricato da costruire (che sarà a sé stante e dunque non aggiunto ad un’altra casa già esistente), dovrà essere considerato “Tupini” ai sensi dell’articolo 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, in quanto verrà rispettato il requisito fissato dalla norma interpretativa di cui all’articolo unico della legge 2 dicembre 1967, n. 1212, secondo il quale almeno il cinquantuno per cento della superficie totale dei piani sopra terra deve essere destinato ad abitazioni e non più del venticinque per cento della stessa superficie deve essere destinato a negozi.
Al riguardo, l’Istante rappresenta che analoga fattispecie è stata esaminata e risolta da questa Agenzia delle Entrate con la risposta n. 4 del 18 settembre 2018, in cui sono stati forniti chiarimenti:
1) sull’applicazione dell’IVA relativa alla costruzione di un fabbricato “Tupini” composto da più unità immobiliari con destinazioni diverse, confermando in questo caso l’applicazione dell’aliquota del 10% ai sensi del combinato disposto del n. 127-undecies) e del n. 127-quaterdecies) della Tabella A, Parte III, allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633;
2) sulla ripartizione delle spese di costruzione tra le attività svolte dal contribuente e la sua sfera privata, da effettuarsi a seconda dell’effettiva destinazione di ogni singola unità immobiliare;
3) sulla necessità di utilizzare un criterio di ripartizione dei costi basato su dati certi ed obiettivamente comprovanti quale quello basato sulle quote millesimali.
Ciò posto, l’Istante chiede di conoscere la corretta aliquota IVA applicabile alle spese di costruzione del fabbricato sopra descritto e, in particolare, se sia possibile fruire di aliquote IVA diverse per ogni singola unità immobiliare a seconda della loro effettiva destinazione, a condizione che nel contratto di appalto relativo alla realizzazione di tale fabbricato siano “indicati corrispettivi distinti per ogni unità immobiliare con destinazione diversa”.
Soluzione prospettata dal contribuente
L’Istante, considerato quanto previsto dall’art. 16 del d.P.R. n. 633 del 1972, dall’art. 23 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, e tenuto conto dei chiarimenti forniti con Risoluzioni n. 223 del 21 settembre 1996, n. 164 del 30 ottobre 1998 e n. 142 del 26 agosto 1999 e Circolari n. 182 del 11 luglio 1996, n. 21 del 23 aprile 2010 e n. 39 del 1 luglio 2010, ritiene che, con riferimento ad un fabbricato “Tupini”, composto da più unità immobiliari con destinazioni diverse, sussiste la possibilità di applicare aliquote IVA diverse, a seconda dell’effettiva destinazione delle varie unità immobiliari.
Pertanto, nel caso di specie, l’istante ritiene che sussistano i presupposti per l’applicabilità:
– dell’aliquota del 4% ai sensi del n. 39) della Tabella A, Parte III, del d.P.R. n. 633 del 1972, per quanto riguarda l’appartamento “prima casa” ed il garage come accessorio;
– dell’aliquota del 10% ai sensi del n. 127-quaterdecies) e n. 127-undecies) della Tabella A, Parte III, del d.P.R. n. 633 del 1972, per quanto riguarda gli appartamenti e le camere da destinare all’attività agrituristica considerato che saranno accatastati come abitazioni in una categoria catastale A;
– dell’aliquota del 22% per i vani al piano terra e seminterrato, che verranno invece destinati all’attività agricola.
Parere dell’agenzia delle entrate
In via preliminare, si rileva che l’articolo 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, riguarda edifici che, unitariamente considerati, hanno immobili destinati prevalentemente ad abitazioni, secondo il rapporto fissato dalla norma interpretativa di cui all’articolo unico della legge 2 dicembre 1967, n. 1212, ovvero almeno il 51 per cento della superficie totale dei piani sopra terra destinato ad abitazioni e non più del 25 per cento della stessa superficie destinato a negozi; ove tale rapporto non sia rispettato, l’edificio non può considerarsi “Tupini”.
Pertanto, il presente parere è reso sulla base degli elementi rappresentati dal contribuente, assunti acriticamente così come esposti nell’istanza di interpello e fatti salvi gli accertamenti di natura tecnica.
Al riguardo, si osserva che, in linea con la risposta n. 4 pubblicata il 18 settembre 2018, ai corrispettivi relativi ad un contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di un fabbricato “Tupini” si applica l’aliquota IVA del 10 per cento, ai sensi del n. 127-quaterdecies) della Tabella A, parte III, del d.P.R. n. 633 del 1972 secondo cui detta aliquota ridotta è applicabile alle “prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione di case di abitazione di cui al n. 127-undecies)” (cfr. circolare n. 1 del 2 marzo 1994).
Con la circolare n. 1 del 1994, in particolare, è stato chiarito che il contratto di appalto per la costruzione di un fabbricato “Tupini”, composto da case di abitazione e da immobili strumentali (nelle percentuali indicate dalla norma), commesso da un soggetto che non lo realizza per destinarlo alla successiva rivendita, deve essere ricondotto nella previsione del citato n. 127-quaterdecies) e, dunque, soggetto ad Iva con applicazione dell’aliquota nella misura del 10 per cento.
Tali indicazioni sono state ribadite anche nella risoluzione 30 ottobre 1998, n. 164, nella quale è stato specificato che l’aliquota del 4% non è applicabile nei casi in cui una persona fisica, nei cui confronti ricorrano le condizioni per beneficiare delle agevolazioni “prima casa”, stipuli un appalto per la costruzione di un intero edificio avente le caratteristiche di cui all’art. 13 della legge n. 408 del 1949, comprendente più unità abitative, in quanto “questa fattispecie non concretizza, in realtà l’ipotesi della costruzione della prima casa, attesa la inscindibilità del relativo contratto di appalto”, per cui si rende applicabile la diversa aliquota del 10%.
Sul punto, seppur con riferimento alla diversa ipotesi di cessione unitaria di un fabbricato, si può far riferimento anche alla Suprema Corte di Cassazione che con Ordinanza del 14 aprile 2017, n. 9661, ha affermato che “Nel caso di specie si tratta non di una pluralità di (autonomi) atti di cessione aventi ad oggetto abitazioni del tipo suindicato, bensì di un unico atto di cessione da parte di una società non costruttrice avente ad oggetto un immobile unitariamente considerato (un fabbricato da cielo a terra) il cui corrispettivo non è legittimamente parcellizzabile con una fittizia ripartizione dello stesso secondo le tipologie di diverse porzioni immobiliari al fine dell’applicazione a ciascuna di una differente aliquota IVA, la quale non può essere che unica e applicabile all’intero corrispettivo dell’immobile unitariamente valutato”.
Per completezza, si evidenzia che i documenti di prassi richiamati dall’Istante si riferiscono a fattispecie diverse rispetto al caso di specie; in particolare, riguardano ipotesi di contratti contenenti più operazioni distinte ciascuna soggetta ad aliquote IVA differenti (Risoluzioni n. 223 del 21 settembre 1996 e n. 142 del 26 agosto 1999), oppure di contratti contenenti più beni soggetti a regimi tributari diversi quali l’IVA o l’imposta di registro (Circolare ministeriale n. 182 del 11 luglio 1996), o, infine, criteri di ripartizione delle quote di spese edilizie detraibili ai fini dell’Irpef (Circolari n. 21/E del 23 aprile 2010 e n. 39/E del 1 luglio 2010).
Alla luce di tali considerazioni, si ritiene non condivisibile la soluzione interpretativa prospettata dal contribuente, in quanto nel caso in esame il contratto di appalto ha ad oggetto la costruzione di un intero immobile, unitariamente considerato, come fabbricato “Tupini”, e, dunque, non si è in presenza di prestazioni diverse ognuna delle quali soggetta ad aliquote differenti.
Pertanto, nella fattispecie in esame dovrà essere applicata l’aliquota IVA del 10 per cento, ai sensi del numero 127-quaterdecies) della Tabella A, Parte III, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, ancorché nel contratto di appalto siano “indicati corrispettivi distinti per ogni unità immobiliare con destinazione diversa”.
La soluzione relativa all’aliquota Iva del 10% che deve applicare il soggetto appaltatore prescinde dal criterio che dovrà, poi, applicare il soggetto appaltante quando successivamente dovrà ripartire le spese sostenute tra le diverse attività svolte e la sua sfera privata.
Infatti, la ripartizione delle spese di costruzione da effettuarsi a seconda dell’effettiva destinazione di ogni singola unità immobiliare (anche sulla base di un criterio basato sulle quote millesimali) ha riguardo all’esercizio del diritto della detrazione dell’IVA ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972 e, pertanto, ad un momento diverso e successivo rispetto a quello in cui occorre individuare la corretta aliquota Iva da applicare al corrispettivo del contratto di appalto.
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