AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 18 settembre 2018, n. 4
Applicabilità dell’aliquota IVA del 10% ai contratti di appalto stipulati per la costruzione di unità immobiliari.
Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n.212
Quesito
L’istante Alfa è un imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 del Codice Civile e svolge l’attività di “allevamento di ovini e caprini” (codice ATECO n. 01.45.00). Svolge, inoltre, anche l’attività di “Attività di alloggio connesse alle aziende agricole” (codice ATECO 55.20.52). L’istante rappresenta, quindi, di essere proprietario di un terreno nel comune di Gamma, e di essere in possesso della concessione edilizia per la costruzione di tre appartamenti, di cui due da destinare all’attività agrituristica e uno da destinare come “prima casa” del proprietario, nonché di un garage agricolo da destinare all’attività agricola.
Il fabbricato descritto sarà realizzato in zona agricola (zona E), la destinazione agrituristica sarà vincolante ai fini urbanistici per un periodo non inferiore a dieci anni e l’investimento immobiliare sarà strettamente inerente all’attività agrituristica. L’istante sosterrà per intero i costi di costruzione e rispetta e rispetterà tutte le disposizioni previste in materia di agriturismo. I nuovi appartamenti da costruire, prima di poter essere utilizzati per l’attività agrituristica nonché come abitazione del proprietario, dovranno essere iscritti nel catasto edilizio urbano e, con molta probabilità, saranno classificati nella categoria catastale A2 (abitazioni), mentre il deposito agricolo sarà da classificare come immobile strumentale nella categoria catastale D/10.
I due appartamenti da destinare all’attività agrituristica si troveranno rispettivamente al piano terra e al sottotetto, mentre quello da destinare a “prima casa” del proprietario/istante sarà al primo piano. Il nuovo edificio sarà a se stante e non aggiunto ad un’altra casa già esistente.
Poiché la costruzione sarà composta da unità abitative e da locali seminterrati riservati e destinati all’attività agricola, l’istante specifica che lo stesso soddisfa i requisiti di cui all’articolo 13 della Legge 2 luglio 1949, n. 408 (c.d. fabbricati “Tupini”).
Sulla base di quanto rappresentato, il contribuente formula i seguenti quesiti:
1) se alle spese di costruzione dei due appartamenti destinati ai fini agrituristici, dell’appartamento “prima casa” e del locale a destinazione agricola, è applicabile l’aliquota IVA ridotta del 10 per cento ai sensi del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, Tabella A, parte III, numeri 127-quaterdecies) e 127-undecies);
2) se le spese edilizie complessive devono essere ripartite tra l’attività agrituristica e agricola, nonché la sfera privata dell’istante/committente ai fini della corretta applicazione dell’IVA, ed in particolare per la corretta detrazione dell’IVA afferente le attività imprenditoriali;
3) secondo quale criterio possono essere imputate le spese edilizie all’attività agrituristica, a quella agricola nonché alla sfera privata dell’istante/committente.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’interpellante, tenuto conto delle interpretazioni ministeriali e dei chiarimenti forniti in recenti documenti di prassi dell’Agenzia delle entrate (nello specifico i documenti di prassi citati sono: circolare 30 dicembre 2014, n. 31/E, punto 24, risoluzione 14 gennaio 2014, n. 8/E, circolare 28 giugno 2013, n. 22/E, circolare 4 agosto 2006, n. 27/E, circolare ministeriale 25 luglio 1996, n. 85, circolare ministeriale 11 luglio 1996, n. 182) su questioni analoghe a quella rappresentata, ritiene che l’aliquota IVA applicabile alle spese di costruzione degli appartamenti e del locale seminterrato sia del 10% ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, Tabella A, Parte III, numero 127-quaterdecies) e 127-undecies), trattandosi comunque di un edificio avente i requisiti di cui alla legge 2 luglio 1949, n. 408 (cd. Tupini).
Ciò nondimeno alla luce della recente sentenza della Corte di Cassazione n. 19197 del 2 agosto 2017 che, riguardo un contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di una struttura destinata a residence turistico-ricettivi, ha precisato che i locali destinati a scopi alberghieri, ove si presti “ospitalità dietro corrispettivo alla massa indiscriminata dei fruitori dei servizi”, ancorché classificati nella categoria catastale A/2, devono essere ricondotti alla diversa categoria del “negozio”, se sono destinati all’esercizio di attività imprenditoriale.
L’istante precisa che codesta interpretazione è in evidente contrasto con i chiarimenti ministeriali forniti dall’amministrazione finanziaria ed in particolare con la Risoluzione n. 8/E del 2014, che ritiene, invece, applicabile l’aliquota ridotta per complessi immobiliari destinati a residenza turistica alberghiera se le unità abitative sono accatastate (nel caso concreto) per una superficie superiore al 75% nella categoria catastale A/2.
Con riferimento al secondo e terzo quesito, dopo aver citato dei documenti di prassi (risoluzione 21 settembre 1996, n. 223, risoluzione 30 ottobre 1998, n. 164, circolare ministeriale 25 luglio 1996, n. 85 e circolare ministeriale 26 agosto 1999, n. 142) aventi ad oggetto la ripartizione, nei contratti di appalto, delle spese di costruzione di edifici ai fini dell’applicazione di aliquote Iva diverse, l’istante ritiene applicabile alla fattispecie rappresentata il criterio proporzionale basato sulle quote millesimali, come individuato dalle circolari n. 21 e n. 39 rispettivamente del 23 aprile 2010 e del 1° luglio 2010, ai fini dell’Irpef, in quanto criterio oggettivo per la ripartizione di spese relative ad interventi edilizi.
Inoltre, le fatture relative alla costruzione dell’abitazione “prima casa” devono essere emesse indicando soltanto il codice fiscale del committente, senza indicazione del numero di partita IVA, considerato che appartengono alla sfera privata del committente. Al contrario, le fatture relative alle attività d’impresa devono contenere la partita IVA del committente e per le prestazioni di completamento relative all’edificio sarà applicabile l’inversione contabile a norma della lettera a-ter) del comma 6 dell’articolo 17 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Parere dell’agenzia delle entrate
Si deve premettere che l’articolo 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, riguarda gli edifici che, unitariamente considerati, abbiano destinazione prevalente per le abitazioni, secondo il rapporto fissato dalla norma interpretativa di cui all’articolo unico della legge 2 dicembre 1967, n. 1212 (almeno il cinquantuno per cento della superficie totale dei piani sopra terra destinato ad abitazioni e non più del venticinque per cento della stessa superficie destinato a negozi); ove tale rapporto non sia rispettato, l’edificio non può considerarsi “Tupini”.
Pertanto, il presente parere è reso sulla base degli elementi rappresentati dal contribuente, assunti acriticamente così come esposti nell’istanza d’interpello e fatti salvi gli ulteriori accertamenti di natura tecnica.
Ciò premesso, con riferimento al primo quesito, relativo alla corretta aliquota IVA da applicare alle spese di costruzione di un edificio “Tupini”, si richiama la disposizione normativa di cui al n. 127-quaterdecies) della Tabella A, parte III, del DPR n. 633 del 1972, ai sensi della quale l’aliquota ridotta del 10% è applicabile alle “prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione di case di abitazione di cui al n. 127-undecies)”.
Sul punto, la circolare n. 1 del 2 marzo 1994 ha chiarito che “Nell’ambito del citato decreto legge n. 557 [del 30 dicembre 1993], non trovano espressa disciplina le prestazioni di appalto aventi ad oggetto la realizzazione di interi “edifici Tupini” rese nei confronti di committenti che non li realizzano per destinarli alla successiva vendita.
Si deve ritenere che detta fattispecie, poiché in sostanza consiste nella realizzazione di fabbricati di edilizia abitativa, ancorché comprendenti e nelle percentuali sopra chiarite, uffici o negozi, sia riconducibile nella previsione del citato n. 127 quaterdecies) e quindi assoggettabile anche essa alla aliquota IVA del 9 [ora 10] per cento.
Dall’insieme delle disposizioni disciplinanti le aliquote IVA applicabili al settore edilizio, anche in base alle più recenti disposizioni, emerge infatti una ratio agevolativa nei confronti di tutte le operazioni relative all’edilizia abitativa di tipo economico. Risulterebbe pertanto nettamente contraria a tale logica agevolativa l’assoggettamento delle prestazioni di appalto relative alla realizzazione di detti edifici alla aliquota ordinaria del 19 [ora 22 ] per cento.”
Tanto richiamato, si ritiene che anche nel caso di specie trovi applicazione l’aliquota del 10 per cento.
Tale orientamento è in linea anche con i chiarimenti forniti con la risoluzione n. 8/E del 14 gennaio 2014, avente ad oggetto la costruzione di complessi immobiliari destinati a “residenza turistico alberghiera”, i cui edifici consteranno di unità abitative non di lusso censite catastalmente nella categoria A/2 nonché di locali di ricevimento alberghiero ed aree condominiali accatastati nella categoria D/2. Con tale documento di prassi è stato, infatti, precisato che anche il contratto di appalto per la costruzione dell’anzidetto immobile potrà essere assoggettato ad IVA con aliquota ridotta laddove risultino rispettate le proporzioni tra unità abitative (utilizzate per fornire prestazioni di alloggio in strutture ricettive) ed uffici e negozi richieste per i c.d. edifici Tupini (art. 13 della Legge n. 408 del 1949) ai sensi del n. 127-quaterdecies) della Tabella A, parte III, del DPR n. 633 del 1972.
Inoltre, per quanto riguarda il concetto di casa di abitazione, con la Circolare n. 31/E del 30 dicembre 2014 è stato chiarito che, essendo stata superata la nozione di abitazioni non di lusso, per “case di abitazione” e “fabbricati o porzioni di fabbricato Tupini” di cui al citato n. 127-undecies) devono intendersi quelli classificati o classificabili nelle categorie catastali A, diverse da A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli e palazzi di eminenti pregi artistici e storici). Analoghe considerazioni sono state, altresì, formulate ai fini dell’individuazione delle abitazioni e dei fabbricati Tupini, la cui costruzione può fruire dell’aliquota agevolata “prima casa” (cfr. paragrafo 24.3 APPALTI RELATIVI ALLA COSTRUZIONE DI FABBRICATI TUPINI della Circolare n. 31/E del 2014), attesa l’applicabilità ad essi del criterio di classificazione catastale.
Al riguardo, la Circolare n. 27/E del 4 agosto 2006, nel fornire chiarimenti alle novità introdotte dal Decreto Legge n. 223 del 4 luglio 2006 al regime fiscale delle cessioni e locazioni di fabbricati, ha precisato, tra l’altro, che “la distinzione tra immobili ad uso abitativo e immobili strumentali deve essere operata con riferimento alla classificazione catastale dei fabbricati, a prescindere dal loro effettivo utilizzo, adottando il medesimo criterio di tipo oggettivo elaborato in relazione alla pregressa normativa che esentava dall’IVA i soli immobili abitativi.”
Quanto sopra riportato conferma che la prassi di questa Agenzia utilizza, quale criterio discretivo per la distinzione tra immobili ad uso abitativo e immobili strumentali, il solo criterio oggettivo della classificazione catastale, a prescindere dal loro effettivo utilizzo.
Tale soluzione merita di essere confermata anche in questa sede, seppure non perfettamente coincidente con il concetto di casa di abitazione affermato dalla Corte di Cassazione con la citata sentenza n. 19197 del 2 agosto 2017.
Per quanto concerne, infine, il secondo ed il terzo quesito posto dall’interpellante, nel confermare la necessità di identificare e distinguere, ai fini della detrazione IVA, la quota parte della stessa riferibile alla sfera privata dell’istante, dalle quote riferite all’attività agricola ed agrituristica dallo stesso esercitate, si precisa quanto segue.
L’art. 19, quarto comma, del DPR n. 633 del 1972 specifica che “Per i beni ed i servizi in parte utilizzati per operazioni non soggette all’imposta la detrazione non è ammessa per la quota imputabile a tali utilizzazioni e l’ammontare indetraibile è determinato secondo criteri oggettivi, coerenti con la natura dei beni e servizi acquistati. Gli stessi criteri si applicano per determinare la quota di imposta indetraibile relativa ai beni e servizi in parte utilizzati per fini privati o comunque estranei all’esercizio dell’impresa, arte e professione.”
Ciò posto, con riferimento al caso in esame, ai fini dell’esercizio del diritto della detrazione IVA, si ritiene che le spese di costruzione in oggetto debbano essere ripartite a seconda dell’effettiva destinazione di ogni singola unità immobiliare, di modo che quelle riconducibili ai due appartamenti da destinare all’attività agrituristica vengano contabilizzate nell’ambito di tale specifica attività d’impresa, e distinte da quelle relative al locale seminterrato, che verrà, invece, destinato all’attività agricola, nonché da quelle necessarie alla costruzione dell’appartamento da attribuire alla sfera privata dell’istante.
A tal fine, si ritiene che possa essere condivisibile la soluzione prospettata dall’interpellante, ovvero di usare un criterio di ripartizione dei costi che consenta di rispettare la citata disposizione e che si basi su dati certi ed obiettivamente comprovanti; ad es. il criterio basato sulle quote millesimali.
Per completezza, si rappresenta che, qualora l’interpellante non abbia optato per il regime ordinario, trova applicazione per lo stesso il regime speciale per i produttori agricoli di cui all’art. 34 del DPR n. 633 del 1972, per il quale l’imposta assolta sull’acquisto dei beni ammortizzabili non è detraibile per la parte eccedente la detrazione forfettaria effettuata a compensazione dell’imposta dovuta sulla cessione di prodotti agricoli (cfr. circolare n. 6 del 25 gennaio 1994).
Qualora si eserciti l’attività di agriturismo (ai sensi dell’art. 5 della legge 30 dicembre 1991 n. 413), senza effettuare l’opzione per il regime ordinario, l’IVA è detraibile forfetariamente in misura pari al 50 per cento dell’imposta sui corrispettivi delle operazioni imponibili, restando, tuttavia, esclusa la possibilità di detrarre analiticamente l’IVA relativa ai costi sostenuti nell’esercizio dell’attività agrituristica.
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