Risposta 24 gennaio 2020, n. 11 dell’Agenzia delle Entrate
Interpello articolo 11, comma 1, lettera a) della legge 27 luglio 2000, n. 212 – Applicazione del meccanismo dell’inversione contabile (Reverse charge)
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
Alfa (di seguito, “Società”, “Istante” o “Contribuente”) è una società con sede legale in Polonia.
In previsione dello svolgimento in Italia di un’attività imponibile, il Contribuente rappresenta di aver chiesto all’Agenzia delle entrate – Centro operativo di Pescara, Ufficio gestione e controlli dei contribuenti non residenti, l’identificazione diretta ai fini IVA come soggetto non residente così da avere la possibilità sia di detrarre l’IVA sulle fatture emesse dai propri fornitori sia di versare la corrispondente Iva a debito.
La Società precisa che, su richiesta dell’Ufficio, ha inviato oltre ai documenti identificativi che la riguardano anche quelli del legale rappresentante nonché un’autocertificazione contenente precisazioni sulle modalità di svolgimento della propria attività. In particolare, mediante autocertificazione, l’Istante dichiara:
1. di svolgere nello Stato estero di stabilimento “l’attività di intermediazione nella commercializzazione di beni vari”;
2. che, dopo l’ottenimento dell’identificazione diretta ai fini IVA, è sua intenzione svolgere sul territorio italiano un'”attività di servizi nell’ambito del recupero di materiali “end of waste” ed attività ad essa connesse”;
3. di avere un tipo di clientela rappresentata da aziende e imprese;
4. di non avere in Italia né una sede fissa d’affari tramite la quale esercita in tutto o in parte la sua attività né rappresentanti alle proprie dipendenze che operano in suo nome e per suo conto;
5. di non aver nel frattempo effettuato in Italia operazioni e/o prestazioni di servizi ivi rilevanti, per le quali occorre avere una partita IVA.
Il Contribuente afferma di aver ricevuto l’attestazione di inizio attività a far data dal 17 gennaio 2019. Da tale momento, l’Istante asserisce di aver:
– emesso fatture con IVA nei confronti dei propri clienti italiani per i quali effettua operazioni di intermediazione di materia prima secondaria all’interno del territorio Italiano;
– ricevuto fatture dai fornitori italiani in relazione a fatture emesse;
– effettuato i versamenti trimestrali risultanti dalla contabilizzazione delle fatture clienti e fornitori.
Tutto ciò descritto, l’Istante chiede il parere della scrivente in merito alla correttezza del proprio operato nella considerazione che un nuovo cliente ha sollevato dubbi sul comportamento sopra decritto. In particolare, secondo questo cliente, per le operazioni rese dalla Società l’imposta deve essere adempiuta con il meccanismo del reverse charge anziché mediante l’emissione di fattura attiva da parte del
Contribuente.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L’Istante ritiene corretto il comportamento adottato come sopra descritto.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Il presente parere è reso nel presupposto che l’attività svolta dal Contribuente sia quella di intermediazione, nei termini e modalità descritti nell’istanza, assunti acriticamente, senza dunque entrare nel merito della qualificazione delle operazioni effettuate e ricevute dallo stesso.
La territorialità IVA dei servizi di intermediazione, diversi da quelli di agenzia immobiliare, è soggetta a regole diverse a seconda che i servizi in commento siano resi a soggetti passivi d’imposta (B2B) oppure a privati consumatori (B2C). L’Istante rientra nella prima fattispecie (B2B) in quanto afferma di avere come clienti solo soggetti passivi (i.e. aziende e imprese).
In questo caso la territorialità IVA della dichiarata attività di intermediazione effettuata dalla Società dipende dal luogo in cui è stabilito il committente con la conseguenza che se la prestazione in commento è resa a soggetti passivi IVA stabiliti nel territorio dello Stato, l’operazione si considera ivi effettuata [cfr. articolo 7-ter, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
633, in seguito “Decreto IVA”].
Nel presupposto che l’intermediazione resa dalla Società ai clienti italiani sia territorialmente rilevante in Italia, il debitore dell’imposta e le corrette modalità di fatturazione sono disciplinati dall’articolo articolo 17 del Decreto IVA.
In particolare, ai sensi del comma 2 di questo articolo: “Gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, (…), sono adempiuti dai cessionari o committenti. Tuttavia, nel caso di cessioni di beni o di prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea, il cessionario o committente adempie gli obblighi di fatturazione di registrazione secondo le disposizioni degli articoli 46 e 47 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427″.
Ne consegue che l’IVA relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia anziché dal prestatore o dal cedente “estero” (i.e. soggetto passivo IVA stabilito in Stato estero), è assolta dal cessionario o committente italiano (i.e. soggetto passivo IVA stabilito in Italia) mediante l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile (c.d. reverse charge). Ciò anche se il cedente o prestatore “estero” è identificato ai fini IVA in Italia, mediante l’identificazione diretta o la nomina di un rappresentante fiscale, che non fanno venire meno la qualifica di “non residente” del fornitore (cfr. circolari del 18 marzo 2010, n. 14 e del 21 giugno 2010, n. 36, quesito n. 31, nonché risoluzione 20 febbraio 2015, n. 21/E).
Il sistema dell’inversione contabile è attuato attraverso due modalità alternative a seconda che il fornitore estero, sia un soggetto passivo IVA stabilito fuori dall’UE o nell’UE.
Nel primo caso (i.e. fornitore extra-UE), il committente/cessionario italiano emette un’autofattura, mentre quando il fornitore è stabilito in altro Stato dell’UE, il committente/cessionario italiano adempie gli obblighi di fatturazione e di registrazione secondo le disposizioni degli articoli 46 e 47 del Decreto Legge 30 agosto 1993, n. 331, ossia integrando la fattura ricevuta con l’IVA “italiana”.
Nella fattispecie in esame, l’Istante afferma di essere un soggetto passivo IVA stabilito in Polonia e, pertanto, l’imposta relativa alle prestazioni di servizi dallo stesso effettuate a favore dei clienti italiani (soggetti passivi IVA stabiliti in Italia) sarà assolta da questi ultimi, che dovranno integrare la fattura (senza IVA) emessa dal Contribuente e annotarla nei registri acquisti e vendite (per dettagli, cfr. risoluzione 20 febbraio 2015, n. 21/E).
La Società non specifica se il cliente che contesta la modalità di fatturazione seguita sia o meno un soggetto passivo IVA stabilito in Italia.
Nel caso in cui non sia stabilito in Italia e l’operazione sia ivi territorialmente rilevante, si fa presente che non è applicabile il meccanismo dell’inversione contabile appena descritto.
In questo caso, secondo quanto previsto dall’articolo 17, comma 3, del Decreto IVA, gli obblighi o i diritti derivanti dall’applicazione delle disposizioni normative in materia di imposta sul valore aggiunto, sono adempiuti dal fornitore stabilito all’estero, direttamente, se identificato in Italia si sensi dell’articolo 35-ter del Decreto IVA, ovvero tramite un proprio rappresentante fiscale. Se dunque il cliente che contesta la modalità di fatturazione è un soggetto passivo IVA stabilito all’estero, sarà l’Istante ad assolvere gli obblighi IVA, ivi compresi quelli di fatturazione e versamento, tramite il proprio numero di identificazione diretta o, in alternativa, mediante un rappresentante fiscale (cfr. circolare del 29 luglio 2011, n. 37/E, paragrafo 4.3, e risoluzione del 28 marzo 2012, n. 28/E).
Ad ogni buon fine si rileva che ci sono delle cessioni di beni e/o delle prestazioni di servizi che rientrano “oggettivamente” nel meccanismo dell’inversione contabile, per le quali quindi gli obblighi IVA sono sempre in capo al committente. Si tratta delle operazioni di cui all’articolo 74, settimo comma, del decreto IVA, che sembrerebbero essere quelle che la Società intenderà effettuare in Italia (“le cessioni di rottami, cascami e avanzi di metalli ferrosi e dei relativi lavori, di carta da macero, di stracci e di scarti di ossa, di pelli, di vetri, di gomma e plastica, nonché di bancali in legno (pallet) recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo, intendendosi comprese anche quelle relative agli anzidetti beni che siano stati ripuliti, selezionati, tagliati, compattati, lingottati o sottoposti ad altri trattamenti atti a facilitarne l’utilizzazione, il trasporto e lo stoccaggio senza modificarne la natura”). In questi casi l’imposta è adempiuta sempre dal cessionario/committente che, se non stabilito in Italia, deve ivi identificarsi o nominare un proprio rappresentante fiscale per assolvere gli obblighi previsti dalla legislazione nazionale (risoluzione del 28 marzo 2012 n. 28/E).
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