AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 23 agosto 2019, n. 340
Art. 11, comma 1 lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212. Applicazione del regime della cedolare secca alle locazioni di immobili commerciali classificati nella categoria catastale C/1 Articolo 1, comma 59, della legge n. 145 del 2018
Con l’interpello specificato in oggetto, concernente l’interpretazione dell’art. 1, comma 59, della legge n. 145 del 2018 è stato esposto il seguente
QUESITO
La contribuente istante rappresenta di avere intenzione di acquistare un negozio nel comune di ALFA, iscritto in catasto con categoria C/1 e con superficie inferiore a 600 mq.
Tale immobile sarà, quindi, locato alla società BETA con un nuovo contratto di locazione per immobile commerciale della durata di anni 6+6. Il canone di locazione sarà costituito da due componenti:
– una quota fissa annuale pari ad euro 59.000,00;
– una quota variabile pari al 3,4% dei ricavi del punto vendita della società conduttrice, per la sola parte dei ricavi che in ciascun anno supererà euro 1.000.000,00.
La contribuente intende assoggettare il suddetto contratto di locazione al regime della cedolare secca di cui all’art. 3 del D.L. n. 23 del 2011, esteso alle locazioni commerciali a determinate condizioni dall’art. 1, comma 59, della Legge n. 145 del 2018, con decorrenza dall’ 1 gennaio 2019.
Poiché il comma 11 dell’art. 3 del citato D.L. n. 23 del 2011, prevede che durante il periodo corrispondente alla durata dell’opzione per la cedolare secca è sospesa “la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se prevista dal contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’Istat”, l’istante chiede di conoscere se la previsione contrattuale presente nel contratto di locazione, che fa dipendere la quota variabile del canone dal fatturato del conduttore, possa essere di ostacolo all’assoggettamento del contratto stesso al regime della cedolare secca.
SOLUZIONE PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
Secondo la contribuente istante, pur essendo il canone annuo variabile per effetto della quota percentuale sui ricavi del conduttore, di fatto non verrà richiesto, dopo la stipula del contratto stesso, alcun aggiornamento del canone, che rimarrà esattamente quello pattuito, seppure variabile negli anni.
Di conseguenza, l’istante ritiene applicabile il regime della cedolare secca al contratto in oggetto, pur in presenza di un canone variabile, perché detta variabilità non è conseguente ad una successiva richiesta di aggiornamento, ma è frutto dell’applicazione di clausole contrattuali liberamente concordate dalle parti, fin dalla stipula del contratto e ritenute eque per contemperare i diversi interessi dei contraenti.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Il comma 59 dell’art. 1 della Legge n. 145 del 2018 (Legge di bilancio 2019) prevede che “Il canone di locazione relativo ai contratti stipulati nell’anno 2019, aventi ad oggetto unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1, di superficie fino a 600 metri quadrati, escluse le pertinenze, e le relative pertinenze locate congiuntamente, può, in alternativa rispetto al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, essere assoggettato al regime della cedolare secca, di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, con l’aliquota del 21 per cento. Tale regime non è applicabile ai contratti stipulati nell’anno 2019, qualora alla data del 15 ottobre 2018 risulti in corso un contratto non scaduto, tra i medesimi soggetti e per lo stesso immobile, interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza naturale”.
Il regime previsto dall’art. 3 del D.lgs. n. 23 del 2011, che ha carattere facoltativo, consente di assoggettare il canone di locazione annuo stabilito dalle parti ad un’imposta sostitutiva (dell’Irpef e delle relative addizionali regionale e comunale per la parte derivante dal reddito dell’immobile, nonché delle imposte di registro e di bollo ordinariamente dovute per la registrazione, la risoluzione e la proroga di un contratto di locazione) nella misura del 21%, anziché facendo concorrere il reddito fondiario alla formazione del reddito complessivo imponibile alla tassazione IRPEF ordinaria.
Il comma 11 del citato art. 3 prevede che “Nel caso in cui il locatore opti per l’applicazione della cedolare secca è sospesa, per un periodo corrispondente alla durata dell’opzione, la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’ISTAT dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell’anno precedente. L’opzione non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comunicazione al conduttore con lettera raccomandata, con la quale rinuncia ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. Le disposizioni di cui al presente comma sono inderogabili”.
Nella fattispecie prospettata dalla contribuente istante, il canone di locazione pattuito con la società locataria sarà caratterizzato da due componenti:
– una quota fissa annuale;
– una quota variabile pari al 3,4% dei ricavi del punto vendita della società conduttrice, per la sola parte dei ricavi che in ciascun anno supera euro 1.000.000,00.
Al riguardo, per rispondere al quesito in esame occorre stabilire se la descritta pattuizione contrattuale, che determina la variabilità del canone di locazione, possa rientrare nel campo di applicazione della disposizione di cui al citato comma 11 che, in sostanza, sospende la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone di locazione.
Sul punto, occorre far presente che la variazione accertata dall’ISTAT dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, citata nell’art. 3 del D.lgs. n. 23 del 2011, è quella prevista, nel caso di immobili non abitativi, dall’art. 32 della legge n. 392 del 1978, che dispone: “Le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore per eventuali variazioni del potere di acquisto della lira. Le variazioni in aumento del canone, per i contratti stipulati per durata non superiore a quella di cui all’articolo 27, non possono essere superiori al 75 per cento di quelle, accertate dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati (…)”.
L’art. 81 della legge n. 392 prevede, inoltre, che “Le variazioni dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertate dall’ISTAT sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana”.
Il suesposto quadro normativo evidenzia che la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo trova la sua fonte normativa nel citato art. 32 e che tale disposizione, in effetti, non incide sul principio di libera determinazione del canone di locazione delle parti contraenti.
In altri termini, appare evidente la differenza tra l’aggiornamento del canone di locazione per eventuali variazioni del potere di acquisto della moneta, di cui all’art. 32 della legge n. 392, e la pattuizione di una quota del canone di locazione in forma variabile (che nel presente interpello è posta in relazione alla parte di ricavi che supera euro 1.000.000,00).
In ordine al principio della libertà di determinare il canone di locazione per gli immobili adibiti ad uso diverso dall’abitazione la Corte di Cassazione, con sentenza n. 5849 del 2015, si espressa nei seguenti termini:
“…le parti, nel momento in cui costituiscono il rapporto di locazione commerciale, sono lasciate libere di determinare il contenuto del contratto che meglio riproduca il loro concreto assetto di interessi, dando spazio anche alla possibilità che il canone non sia uniformemente determinato per tutti gli anni di durata del rapporto potendo essere tali eventuali variazioni predeterminate causalmente giustificate dal contesto delle pattuizioni o comunque dalle circostanze del caso concreto prese in considerazione dalle parti stesse.
Il limite non valicabile dalla autonomia delle parti in relazione al canone di locazione di immobili destinati ad utilizzo commerciale è costituito esclusivamente, nel momento genetico del contratto, dalla nullità delle clausole che sostanzialmente si traducano in un aggiramento della L. n. 392 del 1978, art. 32 ed in una determinazione privatistica della misura della indicizzazione. (…)”.
Con riferimento al caso di specie, quindi, la possibilità di determinare il canone di locazione – tenendo conto anche dei ricavi del punto vendita quando superano euro 1.000.000,00 – rientra nella libertà accordata alle parti di determinare il contenuto del contratto e non integra una determinazione privatistica della misura di indicizzazione, né un aggiornamento del canone a qualsiasi titolo di cui al comma 11 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 23 del 2011 citato.
Per le suesposte considerazioni, la scrivente ritiene che la previsione contrattuale presente nel contratto di locazione, che fa dipendere la quota variabile del canone dal fatturato del conduttore, non rientra nel campo di applicazione del citato comma 11 e, come tale, non possa essere di ostacolo all’assoggettamento del contratto stesso al regime della cedolare secca.
Anche in tale caso, infatti, il locatore dovrà rispettare la previsione di cui al secondo periodo del comma 11 dell’articolo 3 secondo cui : “L’opzione non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comunicazione al conduttore con lettera raccomandata, con la quale rinuncia ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo”.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 5470 depositata il 22 febbraio 2023 - I redditi da locazione cui si applica il regime della cedolare secca sono rilevanti ai fini del calcolo dei limiti di reddito per fruire della pensione sociale di conversione dell'assegno…
- Regime della cedolare secca per i contratti di locazione di immobili commerciali categoria C/1 - Risposta 22 luglio 2019, n. 297 dell'Agenzia delle Entrate
- Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Friuli Venezia-Giulia, sezione 1, sentenza n. 210 depositata il 3 ottobre 2022 - Gli immobili strumentali all’attività di interporto sono privi di autonomia reddituale. Essi, pertanto, sono classificati nella…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 7110 depositata il 9 marzo 2023 - In tema di dirigenza medica del settore sanitario pubblico, la P.A. è tenuta a dare inizio e a completare, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, il procedimento per l'adozione…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 18553 depositata l' 8 giugno 2022 - In tema d'ICI, le domande di variazione della categoria catastale per l'attribuzione all'immobile della categoria A/6 per gli immobili rurali ad uso abitativo o della categoria D/10 per gli…
- Soggetti che possono accedere, previa opzione, al regime della cedolare secca su canoni di affitto di immobili commerciali - Risposta 18 luglio 2019, n. 268 dell'Agenzia delle Entrate
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il verbale di conciliazione deve essere sottoscrit
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25796 depositata il 5 settembre…
- Processo tributario: la perizia estimativa e la co
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26798 depositata il 19 settembre…
- Il dipendente che effettua un furto di piccolo imp
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27353 depositata il 26 settembre…
- Sanzioni tributarie: prescrizione e decadenza in c
Le sanzioni tributarie sono soggette, in tema di prescrizione e decadenza, ad un…
- Interessi sul ritardato pagamento dei tributi: pre
La prescrizione degli interessi sul ritardato pagamento dei tributi costituiscon…