AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 29 dicembre 2021, n. 871
Applicazione dell’art. 9 del decreto interministeriale del 28 novembre 2017: qualificazione di costi al fine di individuarne la corretta collocazione nell’ambito dei termini del rapporto che costituisce il nexus ratio e criterio per stabilirne il diretto collegamento al bene agevolabile
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società Alfa (in seguito anche l’Istante, la Società, o Alfa), nel corso del 2021, ha siglato (…) un accordo relativamente all’agevolazione cosiddetta Patent Box per l’utilizzo diretto di beni immateriali per il periodo 2015-2019.
Il quesito verte sulla corretta determinazione del cosiddetto nexus ratio, in particolare sulla interpretazione e sulle modalità applicative dell’art. 9 del decreto interministeriale del 30 luglio 2015 (rimaste invariate anche a seguito delle revisioni apportate dal decreto interministeriale del 28 novembre 2017) in relazione alla qualificazione giuridico tributaria dei costi cosiddetti di co-promotion.
Infatti, la Società istante, relativamente al periodo oggetto di agevolazione coperto da Accordo preventivo, ha in essere nel periodo 2015 e fino al 31/10/2018 due contratti di co-promotion con la società Beta, in base ai quali entrambe le società, rispettivamente ognuna per il tramite della propria rete di informatori scientifici, provvedevano, per determinati prodotti e in determinate aree geografiche nazionali, a svolgere, per conto dell’altra società attività di informazione scientifica.
A fronte di tale attività di informazione scientifica, ogni società riconosce all’altra un corrispettivo pari alle spese effettivamente sostenute senza mark-up (di seguito anche “costi di co-promotion”).
(…)
La suddetta ponderazione comporta che la quota di costi che ciascuna delle due società imputa all’altra società viene stabilito sulla base dello sforzo dedicato dalla propria rete di informazione scientifica a promuovere i prodotti dell’altra società.
Nel corso del 2018 è stato conferito, in continuità dei valori contabili e fiscali, nella società Alfa il ramo d’azienda (…) della società Beta.
Nell’atto di conferimento è stato stabilito che gli effetti dello stesso decorrono dal (…) con la conseguenza che a partire da tale data, a seguito del trasferimento dell’intera rete di informatori scientifici in capo alla società Alfa, sono venuti meno i rapporti di cui ai contratti di co-promotion (…).
Pertanto la Società chiede quale sia la corretta qualificazione giuridico tributaria dei costi relativi agli informatori scientifici di cui ai suddetti contratti di co-promotion intercorsi fino al (…) tra la società Istante Alfa e la società Beta al fine della determinazione del nexus ratio.
Più specificamente l’Istante chiede di sapere se ai fini del nexus ratio:
a) i costi di co-promotion debbano essere qualificati quali costi sostenuti nell’ambito di un accordo per la ripartizione dei costi ( Cost Contribution Agreement o CCA ) escludendo di conseguenza che i costi stessi debbano essere qualificati quali costi cosiddetti intercompany;
b) i costi relativi agli informatori scientifici, di cui ai citati accordi di copromotion, debbano qualificarsi quali costi direttamente collegati a uno specifico bene immateriale agevolato della Società (marchi).
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante ritiene che i costi relativi agli informatori scientifici oggetto del contratto di co-promotion che ogni società (Beta e Alfa) riaddebita all’altra, per un importo pari al costo sostenuto senza mark-up, siano da qualificare come costi sostenuti nell’ambito di un accordo per la ripartizione dei costi e che gli stessi siano da considerare quali costi direttamente collegati ad uno specifico bene immateriale.
La Società motiva la propria posizione citando il paragrafo 9 della circolare n. 11 del 7 aprile 2016 e le linee guida OCSE al fine di evidenziare che le caratteristiche dei contratti in questione sono tali da poterli considerare quali Cost Contribution Agreement.
Sul tema la Società rammenta che essa svolge direttamente solo la funzione di informazione scientifica attraverso una propria Rete posta in condivisione con la Rete della controllante Beta al fine di ripartirne i costi nell’ambito di un Cost Sharing Agreement.
Inoltre, l’Istante evidenzia che per quanto riguarda la rete di informazione scientifica (anche sinteticamente la Rete) i costi sono direttamente collegati ad uno specifico prodotto e relativo marchio (…).
Pertanto, ai fini della determinazione del nexus ratio, i costi di co-promotion, qualificati quali costi relativi al CCA, andranno posti sia al numeratore e al denominatore del rapporto.
Relativamente alla qualificazione dei costi degli informatori scientifici quali costi direttamente collegati ad uno specifico bene immateriale la Società osserva che nelle linee guida/istruzioni operative in tema di patent box per il settore (…), impartite ai vari Uffici dell’Agenzia delle Entrate dalla Direzione Centrale Grandi Contribuenti, riguardo ai costi relativi agli informatori scientifici, viene rilevato che l’attività promozionale sui marchi svolta dagli informatori scientifici presso gli operatori sanitari (medici e farmacisti), si caratterizza per una “precisa correlazione tra il numero di contatti e di visite informative effettuate presso gli operatori sanitari e i successivi volumi di vendita del medicinale” (in tal senso vedasi par. 3 punto ii delle citate linee guida/istruzioni operative).
Pertanto, in sostanza, in tali linee guida, oltre a confermare che i costi relativi agli informatori scientifici sono da qualificare quali costi promozionali dei marchi (e quindi costi qualificabili quali costi di R&S ai fini Patent box come, afferma la Società, confermato dal ruling sottoscritto), viene rilevato il diretto collegamento (richiesto dall’art. 9 c. 9 del decreto attuativo) dei costi degli informatori scientifici ai vari marchi, data appunto la constatazione della suddetta precisa correlazione tra il numero di contatti e di visite informative effettuate presso gli operatori sanitari e i successivi volumi di vendita dei singoli medicinali.
(…)
Altresì l’Istante evidenzia (…) dell’Accordo preventivo siglato con l’Amministrazione e in particolare (…) si dà atto che i costi in questione sono direttamente collegati ad uno specifico prodotto e relativo marchio.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Con l’interpello in esame la Società chiede chiarimenti in merito alla qualificazione, ai fini del calcolo del cosiddetto nexus ratio, dei costi di co-promotion, relativi alla funzione di informazione scientifica svolta ponendo in condivisione la propria Rete con la Rete della controllante Beta con lo scopo di ripartirne i costi nell’ambito di un Cost Sharing Agreement, secondo le previsioni dell’art. 9 del decreto interministeriale del 28 novembre 2017, di aggiornamento rispetto al decreto interministeriale del 30 luglio 2015 (sinteticamente anche decreti Patent Box), emanato ai sensi dell’art. 42 della legge del 23 dicembre 2014 n. 190 (“legge di stabilità” per il 2015) e successive modificazioni.
Al fine di individuare la ratio sottostante l’applicazione del nexus ratio si evidenzia che la disciplina sul Patent box, fa riferimento alle indicazioni fornite dall’Action 5 intitolata Countering Harmful Tax Practices More Effectively, Taking into Account Transparency and Substance nell’ambito del progetto BEPS (Base Erosion and Profit Shifting).
L’ Action 5 BEPS si prefigge l’obiettivo di consentire che i regimi agevolativi siano applicati alle attività “sostanziali”, al fine di ridimensionare il fenomeno riguardante il trasferimento dei profitti in Paesi diversi da quelli in cui sono effettivamente generati.
Per individuare se esiste una attività economica sostanziale, l’ Action 5 individua tre approcci, ma suggerisce di utilizzare il cosiddetto nexus approach che intende assicurare che ci sia un nesso tra l’entità delle attività di ricerca e sviluppo svolte dai contribuenti che ricevono il beneficio e il beneficio stesso ( The third approach was the nexus approach. This approach looks to whether an IP regime makes its benefits conditional on the extent of R&D activities of taxpayers receiving benefits.).
In particolare, i benefici derivanti da un regime fiscale privilegiato in relazione agli IP devono essere subordinati allo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo da parte del soggetto che beneficia dell’agevolazione; deve sussistere, quindi, un collegamento tra il reddito oggetto del regime privilegiato e le spese che hanno contribuito a tale reddito; la misura delle spese correlate direttamente alle attività di ricerca e sviluppo rappresenta sia un parametro del valore aggiunto riconducibile al beneficiario dell’agevolazione sia un’approssimazione delle attività sostanziali svolte dallo stesso.
In sintesi, il nexus ratio è un indicatore in grado di consentire di imputare il beneficio in commento al soggetto che sostiene i costi per l’attività di ricerca e sviluppo relativa ai beni immateriali da cui origina il reddito agevolabile. Tali spese rappresentano un indicatore di attività economica sostanziale ai fini dell’agevolazione Patent Box.
Per quel che riguarda i costi qualificati, il già citato articolo 9 del decreto Patent Box prevede che, in linea con quanto risulta dal documento OCSE sopra citato laddove si afferma: Where a payment is made through a related party to an unrelated party without any margin, the payment will be included in qualifying expenditures ” (par. F, Outsourcing), il valore dei costi qualificati da indicare al numeratore può essere incrementato dei costi afferenti alle attività di ricerca e sviluppo addebitati da società infragruppo solo per la quota degli stessi che rappresenta un mero riaddebito di costi sostenuti dalle stesse società del gruppo nei confronti di soggetti terzi per l’effettuazione delle predette attività di ricerca e sviluppo. In linea con il medesimo principio, il valore del numeratore può essere incrementato dei costi afferenti alle attività di ricerca e sviluppo sostenute per lo sviluppo, il mantenimento e l’accrescimento dei beni immateriali nell’ambito di accordi di ripartizione dei costi (CCA), nel limite dei proventi costituiti dal riaddebito ai partecipanti dei costi di sviluppo, mantenimento accrescimento (cfr. Circolare 11/E del 7 aprile 2016).
Con riferimento alla corretta qualificazione dei costi di co-promotion, oggetto del presente quesito, giova innanzitutto osservare che i Decreti Patent Box fanno esplicito riferimento ai costi riaddebitati a seguito di accordi cosiddetti di cost contribution (in breve CCA) che, secondo le Linee Guida OCSE del 2017, sono contratti stipulati dalle imprese per condividere apporti e rischi nel congiunto sviluppo, produzione od ottenimento di beni immateriali, beni materiali o servizi con l’obiettivo che tali beni immateriali, beni materiali o servizi creino benefici per l’attività d’impresa svolta da ciascuno dei partecipanti ( A CCA is a contractual arrangement among business enterprises to share the contributions and risks involved in the joint development, production or the obtaining of intangibles, tangible assets or services with the understanding that such intangibles, tangible assets or services are expected to create benefits for the individual businesses of each of the participants.) Sul tema, le stesse Linee Guida chiariscono che ciò che contraddistingue gli apporti in un accordo sulla ripartizione dei costi da un trasferimento ordinario infragruppo di beni o servizi è che, in parte o in tutto, la remunerazione attesa dai partecipanti è costituita dagli utili previsti per ciascuno di essi sulla base della condivisione di risorse e competenze.
Pertanto in un CCA, le parti sostengono gli oneri e condividono le conseguenze dei rischi emergenti dallo sviluppo del bene immateriale e stabiliscono che ciascuna di loro, per il tramite dei suddetti apporti, acquisisca un diritto nel bene immateriale.
Dall’analisi delle argomentazioni e della documentazione inviata dall’Istante emerge come il rapporto di co-promotion consista in una attività svolta a favore di un’altra entità del gruppo; in particolare, nella regolamentazione non si ravvisano previsioni contrattuali relative alla ripartizione dei rischi, fattispecie da considerare sintomatica di un CCA.
Questi ultimi appaiono, infatti, annullati dalla garanzia contrattuale del riconoscimento dei costi sopportati, ripartiti in base allo sforzo effettivamente sostenuto.
Infatti, solitamente grazie al meccanismo di contribuzione si ha che ciascun partecipante al C.C.A. resta inciso per una quota del costo complessivo dell’attività/progetto svolto in comune coerente e proporzionata con l’utilizzo del risultato di quanto fatto.
Da ciò discende l’ulteriore considerazione per cui non si ritiene di poter qualificare l’attività di co-promotion quale accordo di ripartizione dei costi per l’assenza dell’attività/progetto comune cui cooperano le Parti, in quanto, nel caso prospettato nell’istanza emerge, semplicemente, che ciascun soggetto promuove i prodotti dell’altro. Inoltre, nulla è espressamente previsto nella regolamentazione in essere tra le società né nella descrizione fatta dal contribuente in ordine alla circostanza per cui la remunerazione attesa dai partecipanti all’accordo è rappresentata dagli utili attesi da ciascuno, per quanto questi potrebbero idealmente riconoscersi nei proventi derivanti dall’accrescimento del valore dei marchi di ciascuna parte.
In definitiva, alla luce di quanto sopra, non si ritiene che i costi di co-promotion oggetto del quesito siano qualificabili come costi derivanti da un contratto di cost contribution, ma rappresentano i costi connessi a vere e proprie prestazioni di servizi intercompany.
Non può, pertanto, trovare applicazione nel caso in esame l’esempio riportato nel paragrafo 14.2.6 Cost Contribution Agreement (C.C.A.) della circolare n. 11/E del 7 aprile 2016 diversamente da quanto asserito dalla Società (…).
Infatti, differentemente dall’esempio della circolare non è chiarito quale sia il risultato comune cui le Società partecipano, né quale sia la percentuale di ripartizione dello stesso, né quella di ripartizione dei costi, né viene specificato se vi sia un rimborso. Secondo l’art. 9 del Decreto Patent Box infatti il valore del numeratore può essere incrementato dei costi afferenti alle attività di ricerca e sviluppo per lo sviluppo, mantenimento e accrescimento dei beni immateriali sostenuti dal contribuente nell’ambito di accordi di ripartizione dei costi (CCA) nel limite dei proventi costituiti dal riaddebito ai partecipanti dei costi di sviluppo, mantenimento e accrescimento.
Con riguardo al quesito, concernente la possibilità di considerare i costi relativi agli informatori scientifici, di cui ai citati accordi di co-promotion, quali costi direttamente collegati a uno specifico bene immateriale agevolato, si ricorda che, fatti salvi tutti i requisiti specifici previsti dalla normativa relativa al Patent Box, in linea di principio affinché un costo si possa considerare direttamente collegato ad uno specifico bene è necessario che lo stesso sia tracciato attraverso un adeguato sistema di rilevazione contabile ed extracontabile. Tale valutazione, non è esperibile in sede di interpello in quanto richiede un esame (…) fattuale con la conseguenza che il quesito sullo specifico punto deve essere dichiarato inammissibile.