AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 120 del 3 giugno 2024
Applicazione delle disposizioni contenute negli articoli 13 (compensi per servizi tecnici) della Convenzione tra Italia e Uganda per evitare le doppie imposizioni, ratificata con Legge del 10 febbraio 2005, n. 18, e 8 del Protocollo di modifica della Convenzione tra Italia e Tanzania per evitare le doppie imposizioni, ratificata con Legge del 7 ottobre 1981, n. 667
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società XXX (di seguito, anche ”Istante”, ”Contribuente”, o ”società italiana”) riferisce di essere residente nel territorio dello Stato italiano ed assoggettata ad imposizione ordinaria ai fini IRES, ai sensi dell’articolo 73, comma 1, lettera a), del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con DPR del 22 dicembre 1986, n. 917 (in breve, ”TUIR”). L’Istante specifica, altresì, di operare nel settore della fornitura di componenti industriali e dei connessi servizi di ingegneria (comprendenti la progettazione, la fabbricazione, l’approvvigionamento, l’imballaggio, l’installazione e la messa in servizio, la gestione e la manutenzione di detti componenti).
La XXX controlla la YYY (di seguito, ”controllata” o ”società tanzaniana”) società costituita nel territorio della Tanzania, ivi residente ed assoggettata ad imposizione ordinaria.
La Contribuente non possiede, invece, stabili organizzazioni né in Tanzania né nella confinante Uganda.
Nel corso dell’anno K XXX e YYY hanno siglato un accordo intragruppo (nel prosieguo, ”contratto I/C”) per la fornitura di servizi manageriali da parte dell’Istante nei confronti della controllata.
Il contratto I/C ha ad oggetto varie prestazioni di assistenza nei servizi di ingegneria di progetto, incluse le aree della pianificazione e rendicontazione, della logistica, della definizione del bilancio e della consulenza su questioni finanziarie, dei servizi di segreteria e di consulenza legale, della gestione dei finanziamenti, del reclutamento e della formazione del personale, della consulenza sull’investimento dei fondi in eccesso e delle pubbliche relazioni.
I pagamenti per i servizi resi dall’Istante alla controllata provengono dalla Tanzania.
La Contribuente segnala, inoltre, che, nell’anno K1, i Governi di Uganda e Tanzania hanno dato vita al progetto P, avente ad oggetto la costruzione di un oleodotto per l’esportazione del petrolio grezzo dall’Uganda alla Tanzania.
Il progetto ha portato alla creazione della società PUK, una special purpose company, costituita in conformità alla legislazione del Regno Unito, ove è fiscalmente residente ed assoggettata ad imposizione ordinaria.
La PUK ha due stabili organizzazioni in Uganda e Tanzania, allo scopo di perseguire le attività inerenti al citato progetto.
Il gruppo cui appartiene XXX è stato ingaggiato nell’ambito del progetto P, quale appaltatore di primo livello, nella fornitura di servizi di ingegneria, di approvvigionamento, di fornitura di prodotti e di lavoro.
Nello specifico XXX svolgerà servizi di ingegneria, gestione e approvvigionamento in Italia mentre le attività operative saranno svolte:
– in Tanzania dalla controllata locale YYY;
– in Uganda da parti terze come sub contractor.
Al fine di portare a termine la costruzione dell’oleodotto, l’Istante, di concerto con la controllata, ha siglato:
– un contratto Upstream con la società dei Paesi Bassi T (la quale ha una stabile organizzazione in Uganda);
– un contratto Midstream con la PUK.
Da quanto riferito in istanza, i servizi oggetto dei contratti Upstream e Midstream consistono nella:
– verifica di specifici documenti e del dossier di progetto;
– progettazione e preparazione del progetto commissionato, inclusa la preparazione della documentazione di progetto;
– presa in consegna, ispezione e conservazione di tutti i beni di T e di PUK;
– approvvigionamento, produzione di componenti e collaudo di tutti i componenti forniti e del progetto commissionato;
– effettuazione dei test qualitativi per la verifica della conformità del progetto commissionato alle specifiche tecniche richieste;
– fornitura della manodopera e prestazione di servizi e delle opere eventualmente necessarie.
I pagamenti per i servizi resi nell’ambito del contratto Upstream provengono dalla stabile organizzazione ugandese di T mentre quelli relativi al contratto Midstream provengono dalla stabile organizzazione tanzaniana di PUK.
La società italiana segnala che la normativa domestica vigente in Uganda e in Tanzania prevede, in linea di principio, una ritenuta del 15% sui pagamenti effettuati a soggetti non residenti. Tuttavia, in base rispettivamente ad una normativa interna speciale ugandese e ad un accordo siglato tra i responsabili del Progetto P ed il Governo tanzaniano, XXX avrebbe diritto a una ritenuta sui compensi ulteriormente ridotta al 5%, sia in Uganda (relativi ai servizi oggetto del contratto Upstream) che in Tanzania (relativamente al contratto Midstream).
Al riguardo, nella risposta alla richiesta di documentazione integrativa, l’Istante ha segnalato alla scrivente di essere stato informato dai consulenti fiscali locali che, con riferimento alle ritenute fiscali applicate nell’implementazione dell’Progetto P, la controparte ha scelto di adottare la ritenuta convenzionale del 10% in luogo di quella del 5%.
La ritenuta alla fonte, ai sensi della vigente normativa tanzaniana, si applicherà anche ai compensi erogati dalla società tanzaniana a XXX per i servizi resi in base al contratto I/C.
Ciò posto, l’Istante chiede alla scrivente di confermare che, nella fattispecie in esame, non trovi applicazione la ”lettura a specchio” di cui all’articolo 165, comma 2, del TUIR, in ragione dell’applicazione delle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni stipulate dall’Italia con Uganda e Tanzania, concernenti la ripartizione della potestà impositiva tra gli Stati.
La Contribuente chiede, in particolare, se:
in relazione alle ritenute che saranno applicate a titolo definitivo in Uganda, ai sensi della vigente normativa interna di tale Stato e dell’articolo 13 (compensi per servizi tecnici) della Convenzione tra Italia e Uganda per evitare le doppie imposizioni, ratificata con Legge del 10 febbraio 2005, n. 18 (di seguito anche la Convenzione o il Trattato internazionale con l’Uganda), sui compensi oggetto del contratto Upstream che, parimenti, sono assoggettati ad imposizione in Italia, concorrendo a formare la base imponibile IRES, spetti il credito d’imposta nel nostro Paese, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 2, dello stesso Trattato internazionale (primo quesito);
per le ritenute che verranno applicate a titolo definitivo in Tanzania, ai sensi della vigente normativa interna di tale Stato e dell’articolo 8 del Protocollo di modifica della Convenzione tra l’Italia e la Tanzania per evitare le doppie imposizioni, ratificata con Legge del 7 ottobre 1981, n. 667 (di seguito anche la Convenzione o il Trattato internazionale con la Tanzania), sugli emolumenti che sono, parimenti, assoggettati ad imposizione nel nostro Paese, spetti il credito d’imposta in Italia ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, lettera b), dello stesso Trattato internazionale (secondo quesito).
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante segnala, in primo luogo, che la definizione di redditi prodotti all’estero, recata dall’articolo 165, comma 2, del TUIR (cosiddetto criterio della lettura ”a specchio” dell’articolo 23 dello stesso Testo Unico), si rende applicabile solo nei casi in cui non sia in vigore una Convenzione per evitare le doppie imposizioni tra l’Italia e lo Stato della fonte del reddito.
In caso di vigenza di una Convenzione per evitare le doppie imposizioni viene riconosciuto il diritto al credito in riferimento a qualsiasi elemento di reddito che lo Stato della fonte ha assoggettato ad imposizione conformemente allo specifico Trattato internazionale applicabile (cfr. Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 5 marzo 2015 n. 9/E).
Nel caso di specie, XXX rileva come entrambe le Convenzioni in esame (con Uganda e Tanzania) obblighino l’Italia, quale Stato di residenza del Contribuente, a concedere il credito d’imposta, a nulla rilevando la definizione interna di reddito prodotto all’estero recata dal citato articolo 165, comma 2, del TUIR.
Ciò premesso, l’Istante osserva, per quel che concerne il primo quesito, che i pagamenti di fonte ugandese, corrisposti alla Contribuente a fronte dei servizi resi, rientrano nell’ambito applicativo dell’articolo 13 della Convenzione tra l’Italia e l’Uganda, in quanto ricompresi nei ”compensi per servizi tecnici”, come definiti dalla stessa disposizione convenzionale, con conseguente assoggettamento ad imposizione concorrente di tali corrispettivi in Italia (Stato di residenza del beneficiario effettivo degli stessi emolumenti) ed in Uganda (Stato della fonte del reddito) la cui potestà impositiva non può, peraltro, eccedere il 10% dell’ammontare lordo dei compensi per i servizi sopra citati.
XXX ritiene, pertanto, concorrendo i suddetti elementi di reddito alla formazione della base imponibile in Italia, di avere diritto, in relazione alle ritenute operate in Uganda a titolo definitivo che non eccedono la misura del 10% dell’ammontare lordo dei compensi, al credito d’imposta previsto dall’articolo 24, paragrafo 2, della Convenzione Italia Uganda, compatibilmente con le disposizioni contenute nell’articolo 165 del TUIR.
Analogamente, per quel che concerne il secondo quesito, l’Istante ritiene di avere diritto al credito d’imposta estero, di cui all’articolo 22, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione tra Italia e Tanzania, per le ritenute a titolo definitivo, operate sui redditi in esame nel citato Stato estero, nel rispetto delle norme recate dall’articolo 165 del TUIR.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
Si rileva, in primo luogo, per quel concerne la fattispecie in esame, che l’articolo 3, comma 1, del Testo Unico delle imposte sui redditi (di seguito TUIR), approvato con DPR del 22 dicembre 1986, n. 917, prevede che sono soggetti ad imposizione in Italia i redditi ovunque prodotti da parte dei contribuenti considerati fiscalmente residenti nel territorio dello Stato italiano, incluse le società residenti nel nostro Paese.
L’eventuale doppia imposizione che viene a crearsi in presenza di redditi assoggettati a imposizione in capo al medesimo soggetto sia in Italia (Stato di residenza) che nel Paese in cui lo stesso reddito è prodotto (Stato della fonte) viene risolta nell’ordinamento interno italiano mediante il credito d’imposta di cui all’articolo 165 del TUIR.
Ai sensi del comma 2 dell’articolo 165 del TUIR, ”i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato”.
L’ordinamento accoglie, pertanto, il menzionato criterio della lettura ”a specchio”, secondo cui i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base dei medesimi criteri di collegamento enunciati dall’articolo 23 del TUIR per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato.
Nello specifico, in applicazione di tale criterio, il reddito d’impresa si considera prodotto all’estero se derivante da attività ivi esercitate mediante stabili organizzazioni.
Nel caso in esame, l’Istante dichiara di non avere né in Tanzania né in Uganda una stabile organizzazione, con la conseguenza che i redditi derivanti da tali Paesi non si considerano prodotti all’estero ai fini dell’articolo 165 del TUIR.
Tuttavia, come chiarito nella citata circolare n. 9/E del 2015, la definizione interna di ”reddito prodotto all’estero” si rende applicabile solo nei casi in cui non sia in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e lo Stato della fonte del reddito.
Il principio della prevalenza del diritto convenzionale sul diritto interno è, difatti, pacificamente riconosciuto nell’ordinamento italiano e, in ambito tributario, è sancito dall’articolo 169 del TUIR e dall’articolo 75 del D.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600, oltre ad essere stato affermato dalla giurisprudenza costituzionale.
Nella fattispecie in esame si fa specifico riferimento ai citati Trattati internazionali per evitare le doppie imposizioni in vigore con la Tanzania e con l’Uganda.
Le disposizioni normative contenute nell’articolo 7, paragrafo 1, di entrambi i suddetti Trattati internazionali prevedono la tassazione esclusiva degli utili percepiti da un’impresa nello Stato di residenza della stessa, a meno che tali utili siano attribuibili ad una stabile organizzazione dell’impresa situata nell’altro Stato contraente la Convenzione.
Nell’ipotesi in cui, secondo quanto rappresentato dall’Istante (qui assunto acriticamente), la società italiana non abbia alcuna stabile organizzazione in Tanzania ed in Uganda, i redditi d’impresa in trattazione dovrebbero, pertanto, essere assoggettati ad imposizione esclusiva in Italia, Stato di residenza della Contribuente.
Si osserva, tuttavia, che, in deroga a tale principio della tassazione esclusiva dei redditi d’impresa nello Stato di residenza, il paragrafo 7 del citato articolo 7 di entrambi i Trattati prevede la prevalenza, sulle disposizioni recate da detto articolo, di quelle contenute in altri articoli delle Convenzioni, allorquando gli utili comprendono elementi di reddito ivi considerati separatamente.
Al riguardo, si rileva che la Convenzione con la Tanzania prevede, all’articolo 21, paragrafo 2, così come sostituito dall’articolo 8 del Protocollo di modifica dello stesso Trattato internazionale, la tassazione concorrente in Italia e in Tanzania dei compensi manageriali pagati in uno Stato contraente ad un residente dell’altro Stato contraente.
Il successivo paragrafo 3 chiarisce che l’espressione ”compensi manageriali” designa le remunerazioni di ogni tipo corrisposte ad una persona che non sia alle dipendenze della persona che effettua i pagamenti, come corrispettivo di consulenze industriali o manageriali, di attività di carattere dirigenziale o tecnico o di attività analoghe ma essa non include le remunerazioni corrisposte in dipendenza dell’esercizio di libere professioni di cui all’articolo 14 della Convenzione.
L’articolo 13, paragrafo 1, della Convenzione con l’Uganda prevede, a sua volta, la tassazione concorrente dei compensi per servizi tecnici provenienti da uno Stato contraente (Stato della fonte) e pagati ad un residente dell’altro Stato.
Tuttavia, il paragrafo 2 dello stesso articolo 13 limita la potestà impositiva nello Stato della fonte, allorquando la persona che percepisce tali compensi ne è l’effettivo beneficiario, al 10 per cento dell’ammontare lordo degli stessi.
Il successivo paragrafo 3 prevede che l’espressione ”compensi per servizi tecnici” designa i compensi di qualsiasi natura corrisposti ad una persona diversa da un proprio dipendente in relazione a qualsiasi servizio di carattere amministrativo, tecnico, gestionale o di consulenza.
Ciò posto, si rileva che, per quel che concerne la fattispecie rappresentata dall’Istante, occorre verificare se gli emolumenti corrisposti alla Contribuente possano rientrare nell’ambito applicativo delle citate disposizioni convenzionali.
Al riguardo occorre, in particolare, stabilire se:
a) le attività sopra descritte di XXX rientrino, rispettivamente, tra i compensi manageriali, come definiti dall’articolo 21, così come sostituito dal paragrafo 3 dell’articolo 8 del Protocollo di modifica della Convenzione con la Tanzania e tra i compensi per servizi tecnici, così come definiti dall’articolo 13, paragrafo 3, della Convenzione con l’Uganda (primo requisito);
b) se, rispettivamente, i compensi manageriali siano stati pagati in Tanzania e quelli per servizi tecnici provengano dall’Uganda (secondo requisito).
Al riguardo, in merito al requisito sub a), in base a quanto rappresentato in istanza (la cui veridicità e completezza non è accertabile in sede di interpello), si rileva che le attività svolte dalla Contribuente nell’ambito dei contratti Upstream e Midstream, non paiono tutte riconducibili, rispettivamente, ai compensi per servizi tecnici di cui alla Convenzione con l’Uganda e a quelli manageriali di cui alla Convenzione con la Tanzania.
Da quanto riferito in istanza e da quanto si evince dalla documentazione allegata, le prestazioni rese in virtù dei due contratti Upstream e Midstream includono per una parte significativa (se non addirittura prevalente) anche servizi di tipo industriale (con particolare riferimento alla produzione delle componenti), logistico (con particolare riferimento alla presa in consegna e alla conservazione) e di approvvigionamento (quali, la fornitura di manodopera e di materiali) che esulano:
sia dalla nozione di ”consulenze industriali o manageriali, di attività di carattere dirigenziale o tecnico o di attività analoghe”, di cui alla Convenzione con la Tanzania;
sia dalla nozione di ”servizio di carattere amministrativo, tecnico, gestionale o di consulenza”, di cui alla Convenzione con l’Uganda.
I relativi compensi, quindi, sono riconducibili nell’ambito dell’articolo 7 delle Convenzioni in esame, con conseguente assoggettamento a imposizione esclusiva in Italia.
Nella definizione di compensi manageriali e di compensi per servizi tecnici di cui rispettivamente agli articoli 21 della Convenzione con la Tanzania e 13 della Convenzione con l’Uganda si ritiene rientrino, invece, le remunerazioni corrisposte a fronte di prestazioni che presuppongono lo sfruttamento delle conoscenze tecniche di XXX per attività di natura consulenziale, quali la progettazione e la preparazione del progetto e la verifica dei relativi documenti.
La valutazione dell’ammontare delle remunerazioni riconducibili a tali attività, tuttavia, non può essere operata in questa sede, poiché estranea alla funzione propria dell’istituto dell’interpello, volto a chiarire un dubbio inerente alla normativa tributaria.
Tale valutazione è rimessa, quindi, all’Istante, sulla base di parametri oggettivi, fermo restando l’ordinario potere di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Per quel concerne il requisito sub b), si osserva che, in base a quanto dichiarato in istanza, con particolare riferimento alle indicazioni recate negli allegati alla medesima, emerge la provenienza dei redditi in esame dalla Tanzania o dall’Uganda.
In entrambi i Trattati, infatti, in maniera irrituale rispetto all’approccio generalmente adottato nelle Convenzioni concluse dall’Italia (che ricalcano il Modello OCSE), per determinare lo Stato della fonte del reddito non sia ha riguardo al soggetto pagatore ma alla circostanza che i redditi siano genericamente:
”pagati in uno Stato contraente”, nel Trattato con la Tanzania;
”provenienti da uno Stato contraente”, nel Trattato con l’Uganda.
Da quanto precede, si ritiene che, limitatamente alle remunerazioni qualificabili come compensi manageriali e compensi per servizi tecnici, trovino applicazione le disposizioni contenute, rispettivamente, nell’articolo 21, così come modificato dall’articolo 8 del Protocollo di modifica della Convenzione tra Italia e Tanzania e nell’articolo 13 della Convenzione tra Italia e Uganda, con conseguente tassazione concorrente dei redditi di fonte tanzaniana ed ugandese.
Per quanto concerne, inoltre, il contratto I/C, si ritiene che XXX svolga nei confronti della controllata servizi manageriali, nel senso prima chiarito, trattandosi di attività tipicamente consulenziale, con conseguente potestà impositiva concorrente di Italia e Tanzania ai sensi dell’articolo 21 del relativo Trattato.
Pertanto, qualora la società italiana dovesse, come sopra indicato, effettivamente subire a proprio carico le ritenute d’imposta a titolo definitivo sui redditi per i quali la scrivente ha ritenuto integrata la nozione di servizi manageriali e di servizi tecnici, rispettivamente in Tanzania e in Uganda, la conseguente doppia imposizione può essere eliminata in Italia, Stato di residenza di XXX, mediante l’applicazione delle disposizioni contenute nell’articolo 22, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione Italia Tanzania e nell’articolo 24, paragrafo 2, della Convenzione Italia Uganda, con le modalità previste dall’articolo 165 del TUIR.
Ciò nel presupposto che ricorrano tutte le condizioni indicate nella menzionata circolare n. 9/E del 2015, asseverate dalla relativa documentazione.