AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 20 febbraio 2020, n. 70
Articolo 7 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34 – Applicazione dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 200 ciascuna per i trasferimenti di interi fabbricati, a favore di imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA SGR S.p.A. (di seguito “SGR”), fiscalmente residente nel territorio dello Stato ed autorizzata dalla Banca di Italia alla gestione patrimoniale di fondi comuni di investimento immobiliare, rappresenta che, a seguito della partecipazione (in data xx/yy/2019) ad un’asta pubblica per l’acquisto di taluni fabbricati (di seguito, il “Complesso Immobiliare”) di proprietà del Comune di Beta, è risultata aggiudicataria.
La stipula dell’atto di compravendita vedrà quale parte acquirente la SGR, in qualità di società di gestione e per conto del fondo comune di investimento alternativo immobiliare (FIA) riservato ad investitori professionali Fondo Gamma (di seguito, “Fondo”), ed il Comune quale parte venditrice.
Entro dieci anni dalla data di efficacia dell’atto di compravendita, la SGR, per conto del Fondo, intende alienare tutti o alcuni dei fabbricati acquistati (di seguito, “Fabbricati da Rinnovare”) dopo aver realizzato sugli stessi, tramite imprese terze appaltatrici e sulla base di un progetto che verrà definito in seguito, rilevanti interventi edilizi.
Tali interventi consisteranno (in alternativa o congiuntamente): (i) nella demolizione e ricostruzione di tali fabbricati, e/o (ii) in interventi edilizi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere b) (“interventi di manutenzione straordinaria”), c) (“interventi di restauro e di risanamento conservativo”) e/o d) (“interventi di ristrutturazione edilizia”) del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (di seguito, “TUE”). Inoltre, i suddetti interventi edilizi saranno realizzati in conformità alla normativa antisismica e con il conseguimento della classe energetica “NZEB”, “A” o “B”.
L’istante evidenzia che, ai sensi dell’articolo 7 del d.l. 34 del 2019 è prevista, sino al 31 dicembre 2021, l’applicazione dell’imposta di registro e delle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 200 ciascuna, in relazione all’acquisto di “interi fabbricati” da parte di “imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare” a condizione che l’acquirente, entro i dieci anni successivi all’acquisto, provveda (conformemente alla normativa antisismica e con il conseguimento di una delle classi energetiche “NZEB”, “A”, “B”) alla demolizione ed alla ricostruzione del fabbricato ovvero alla realizzazione degli interventi edilizi di cui all’articolo 3, comma1, lettere b), c) e/o d) sopra citati nonché alla alienazione di almeno il 75 per cento del volume del fabbricato stesso.
Ciò posto, la SGR chiede se, ai fini della tassazione in materia di imposte indirette, la descritta alienazione determini l’applicazione:
– dell’imposta di registro proporzionale in misura pari al 9 per cento ai sensi dell’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito, “TUR”);
– delle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 50 ciascuna ai sensi dell’art. 10, comma 3, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23.
Più precisamente, chiede di confermare se il Fondo predetto si possa qualificare impresa di “costruzione o di ristrutturazione immobiliare” ai sensi e per gli effetti dell’articolo sopra citato e dunque, se nel caso di specie sussistano le altre condizioni affinché l’acquisto dei Fabbricati da Rinnovare sia ammesso a fruire dell’agevolazione ivi prevista.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La SGR evidenzia che, in linea con la Relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del d.l. n. 34 del 2019, il regime di tassazione agevolato contenuto nell’articolo 7 avrebbe la finalità di limitare l’incidenza del prelievo fiscale nell’ambito di determinate transazioni immobiliari “allo scopo di rendere economicamente sostenibili le operazioni di scambio del vecchio con il nuovo fabbricato e una effettiva rigenerazione del territorio”.
Sebbene l’art. 7 del d.l. n. 34 del 2019 preveda che l’agevolazione sia applicabile ai soli trasferimenti di interi fabbricati a favore di “imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare”, secondo l’istante, si dovrebbe accogliere un’interpretazione estensiva della nozione di “imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare” per includere anche i fondi immobiliari tra i soggetti che possono rendersi acquirenti ai fini dell’applicazione dell’agevolazione in esame.
Secondo la SGR, posto che la norma intende incentivare la riqualificazione del patrimonio edilizio mediante la sostituzione di fabbricati esistenti con altri di nuova costruzione ovvero, con le modifiche introdotte in sede di conversione, tramite determinati interventi edilizi, non può che intendersi che tale incentivo debba applicarsi con riferimento a tutti gli operatori del settore, ivi inclusi i fondi immobiliari.
L’Istante, inoltre, ritiene opportuno richiamare quanto affermato, ai fini IVA in materia di locazioni e cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato di cui all’art. 10,comma 1, nn. 8), 8-bis) e 8-ter), d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nelle circolari n. 22/E del 28 giugno 2013 e n. 20/E del 18 maggio 2016, ed ai fini delle imposte dirette, in alcune risposte ad istanze di interpello in tema applicazione dell’articolo 16-bis del TUIR (n. 279 del 19 luglio 2019 e n. 956-1602/2018 dell’11 ottobre 2018).
Per i motivi esposti, l’Istante ritiene corretto qualificare il fondo immobiliare alternativo Gamma, come impresa di “costruzione o di ristrutturazione immobiliare” ai sensi e per gli effetti dell’art. 7 del d.l. n. 34 del 2019.
Parere dell’agenzia delle entrate
In via preliminare, si ricorda il divieto di analogia sancito dall’art. 14 delle disposizioni preliminari al Codice civile, secondo cui per le leggi che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi, le norme che dispongono agevolazioni od esenzioni sono di stretta interpretazione, nel senso che “i benefici in esse contemplate non possono essere estesi oltre l’ambito di applicazione come rigorosamente identificato in base alla definizione normativa” (Corte di Cassazione sentenza n. 11106 del 2008).
Ciò premesso, l’articolo 7 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34 (“Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi”), convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, prevede che: “Sino al 31 dicembre 2021, per i trasferimenti di interi fabbricati, a favore di imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare, anche nel caso di operazioni ai sensi dell’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che, entro i successivi dieci anni, provvedano alla demolizione e ricostruzione degli stessi, anche con variazione volumetrica rispetto al fabbricato preesistente, ove consentita dalle vigenti norme urbanistiche, o eseguano, sui medesimi fabbricati, gli interventi edilizi previsti dall’articolo 3, comma 1, lettere b), c) e d), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in entrambi i casi conformemente alla normativa antisismica e con il conseguimento della classe energetica NZEB, A o B, e procedano alla successiva alienazione degli stessi, anche se suddivisi in più unità immobiliari qualora l’alienazione riguardi almeno il 75 per cento del volume del nuovo fabbricato, si applicano l’imposta di registro e le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 200 ciascuna.
Nel caso in cui le condizioni di cui al primo periodo non siano adempiute nel termine ivi previsto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sanzione pari al 30 per cento delle stesse imposte. Sono altresì dovuti gli interessi di mora a decorrere dalla data di acquisto del fabbricato di cui al primo periodo”.
Tale disposizione prevede, quindi, che le imposte di registro, ipotecaria e catastale siano dovute nella misura fissa di euro 200 ciascuna ove ricorrano le seguenti condizioni:
– l’acquisto deve essere effettuato entro il 31 dicembre 2021 da imprese che svolgono attività di costruzione o ristrutturazione di edifici;
– l’acquisto deve avere come oggetto un “intero fabbricato” indipendentemente dalla natura dello stesso.
Il soggetto che acquista l’intero fabbricato, inoltre, entro 10 anni dalla data di acquisto deve provvedere:
– alla demolizione e ricostruzione di un nuovo fabbricato anche con variazione volumetrica, ove consentito dalle normative urbanistiche ovvero,
– ad eseguire interventi di manutenzione straordinaria, interventi di restauro e risanamento conservativo o interventi di ristrutturazione edilizia individuati dall’art. 3, comma 1, lettere b), c) e d) del d.P.R. n. 380 del 2001.
In entrambi i casi (ricostruzione o ristrutturazione edilizia) il nuovo fabbricato deve risultare conforme alla normativa antisismica e deve conseguire una delle classi energetiche “NZEB” (“Near Zero Energy Building”), “A” o “B”;
– all’alienazione delle unità immobiliari il cui volume complessivo superi il 75 per cento del volume dell’intero fabbricato.
Qualora non siano rispettate le condizioni sopra richiamate, in base alle quali è stata concessa l’agevolazione in sede di acquisto del fabbricato, le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute nella misura ordinaria con l’applicazione della sanzione del 30 per cento delle stesse imposte.
Ai fini dell’applicabilità del beneficio fiscale di cui trattasi agli atti di trasferimento d’immobili che confluiranno nel patrimonio del fondo immobiliare chiuso (FIA) occorre, in primo luogo, verificare se il fondo comune d’investimento(acquirente) possa essere equiparato ai soggetti destinatari della norma agevolativa di cui trattasi, ossia le imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare.
A tal fine, si fa presente che l’art. 1, comma 1, lettera j) del decreto legislativo 24febbraio 1998, n. 58 (di seguito TUF), definisce il fondo comune d’investimento come “l’Oicr [Organismo di investimento collettivo del risparmio] costituito in forma di patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte”.
Ai sensi del successivo articolo 36, comma 4, del medesimo d.lgs. n. 58 del 1998″ciascun fondo comune di investimento, o ciascun comparto di uno stesso fondo, costituisce patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti dal patrimonio della società di gestione del risparmio e da quello di ciascun partecipante, nonché da ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società”. Per quanto attiene ai fondi italiani immobiliari, oggetto del quesito, si evidenzia che l’articolo 1, del decreto ministeriale 5 marzo 2015, n. 30 – emanato dal Ministro dell’economia e delle finanze in attuazione dell’art. 39 del TUF – definisce i predetti organismi d’investimento collettivo del risparmio come “fondi (…) che investono in beni immobili, diritti reali immobiliari, ivi inclusi quelli derivanti da contratti di leasing immobiliare con natura traslativa e da rapporti concessori, partecipazioni in società immobiliari, e parti di altri FIA immobiliari, anche esteri”.
L’articolo 12 del medesimo decreto stabilisce, inoltre, che i “FIA italiani immobiliari sono istituiti in forma chiusa” e che il patrimonio degli stessi “è investito nei beni di cui all’articolo 4, comma 1, lettera d), [beni immobili, diritti reali immobiliari, ect.] in misura non inferiore ai due terzi del valore complessivo lordo, corrispondente al valore totale dell’attivo del FIA”.
Per quanto concerne l’attività di gestione dei FIA, il Regolamento sulla gestione collettiva del Risparmio (provvedimento della Banca d’Italia del 19 gennaio 2015), Sezione V, paragrafo 2, nell’individuare dei divieti di carattere generale applicabili ai “FIA chiusi non riservati a investitori istituzionali”, prevede che “nella gestione del FIA chiuso non è consentito svolgere diretta attività di costruzione di beni immobili”.
La Corte di Cassazione, con due successive pronunce (sentenza n. 16605 del 15 luglio 2010 e n. 8 maggio 2019 n. 12062), ha analizzato parte della normativa di settore, sopra illustrata, pervenendo a delle conclusioni in merito alla qualificazione giuridica dei FIA.
In particolare, con la sentenza n. 16605 del 2010, la Corte ha affermato il seguente principio secondo cui “I fondi comuni di investimento costituiscono patrimoni separati della società di gestione del risparmio che li ha istituiti”.
Tale principio è stato di recente ribadito nella sentenza n. 12062 del 2019, secondo cui “i fondi comuni d’investimento (nella specie, fondi immobiliare chiusi), disciplinati nel T.u.f. (d.lgs. n. 58 del 1998, e successive modificazioni), sono privi di autonoma soggettività giuridica, costituendo patrimoni separati della società di gestione del risparmio. Tanto questa Corte ha già affermato ulteriormente sottolineando che, in caso di acquisto nell’interesse del fondo, l’immobile acquistato deve essere intestato alla società promotrice o di gestione la quale ne ha la titolarità formale ed è legittimata ad agire in giudizio per far accertare i diritti di pertinenza del patrimonio separato in cui il fondo si fabbricato deve risultare conforme alla normativa antisismica e deve conseguire sostanzia. A tale orientamento va data continuità, non essendo prospettate serie ragioni a esso contrarie (cfr. Cass. n. 16605-2010)”.
A parere della Suprema Corte, dunque, “in caso di acquisto nell’interesse del fondo l’immobile acquistato deve essere intestato alla società promotrice o di gestione la quale ne ha la titolarità formale ed è legittimata ad agire in giudizio per far accertare i diritti di pertinenza del patrimonio separato in cui il fondo si sostanzia.”
In base all’indirizzo interpretativo espresso dai giudici di legittimità, il fondo immobiliare, configura un patrimonio separato della società di gestione del risparmio la quale, nello svolgimento dell’attività di valorizzazione del predetto patrimonio immobiliare, non può, per espresso divieto, esercitare direttamente l’attività di costruzione di beni immobili.
Si osserva, inoltre, che quando il legislatore ha emanato disposizioni riguardanti i fondi comuni di investimento immobiliare (a titolo esemplificativo e non esaustivo il decreto legge 25 settembre 2001, n. 351) ha sempre utilizzato una terminologia diretta ad individuare in maniera puntuale i fondi comuni di investimento.
Si evidenzia, infine, che nei documenti di prassi richiamati a sostegno della tesi interpretativa sostenuta dall’istante (Circ. 22/E del 28 giugno 2013, Circ. 20/E del 18 maggio 2016, Interpello n. 279 del 19 luglio 2019 e Interpello n. 956-1602/2018 del 11 ottobre 2018), l’Agenzia ha equiparato alle imprese costruttrici altre imprese ovvero quelle di “ripristino” o c.d. “ristrutturatrici” che hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell’edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. In sostanza, è stata operata una equiparazione, nell’ambito di soggetti appartenenti alla medesima categoria di “imprese”; in particolare, alle “imprese” che eseguono i lavori di costruzione/ristrutturazione direttamente sono state equiparate altre “imprese” che, pur potendo astrattamente realizzare i lavori, di fatto li effettuano tramite imprese appaltatrici.
Per le suesposte considerazioni, non si condivide la soluzione interpretativa prospettata dal contribuente e si ritiene che nel caso in esame non può trovare applicazione la norma agevolativa di cui al citato articolo 7 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34.