AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 30 settembre 2021, n. 637
Articoli 7-bis e 2, primo comma, DPR n. 633 del 26 Ottobre 1972 (cessione di beni autonoma in Italia); Articolo 40, primo comma, DPR n. 131 del 26 Aprile 1986 (Registrazione atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti ad imposta sul valore aggiunto).
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La Società ALFA (d’ora in avanti anche ristante” o la “Società”) è una società avente sede legale in un Paese X al di fuori dell’UE, appartenente al Gruppo BETA che si occupa della distribuzione dei prodotti del Gruppo a clienti stabiliti al di fuori del territorio di —, anche coinvolgendo società affiliate nell’erogazione di servizi di installazione, garanzia e post-garanzia nei confronti di tali clienti.
Nell’ambito di un processo di riorganizzazione del Gruppo BETA, la Società Istante intende cedere la propria azienda alla società GAMMA, società di un Paese Y extra UE.
Gli unici beni esistenti in Italia che saranno inclusi nel trasferimento dell’azienda sono delle rimanenze di magazzino (i.e., attrezzature per la lavorazione di semiconduttori e pezzi di ricambio).
Né l’Istante, né la società GAMMA hanno una stabile organizzazione in Italia.
La Società è registrata ai fini IVA in Italia dal 2003.
La società GAMMA è registrata ai fini IVA in Italia dal 2021.
Questioni oggetto di richiesta Quesito n.1
Considerato che le cessioni/conferimenti di complessi aziendali sono fuori dal campo dell’applicazione dell’IVA ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera b) del DPR n. 633 del 26 ottobre 1972, l’Istante chiede alla Scrivente se la cessione dei beni che formano le rimanenze di magazzino esistenti in Italia che saranno inclusi all’interno della cessione d’azienda che avverrà all’estero, precisamente nel Paese Y ), debba essere considerata:
– una parte integrante della cessione di azienda e dunque fuori dal campo di applicazione dell’IVA ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera b) del DPR n. 633 del 1972;
oppure
– una cessione di beni autonoma, soggetta ad IVA in Italia ai sensi dell’articolo 7-bis del DPR n. 633 del 1972.
Quesito n. 2
Inoltre, la Società chiede se sia dovuta l’imposta di registro nella misura del 3% per il trasferimento alla società GAMMA delle rimanenze di magazzino esistenti in Italia.
L’istante cita l’articolo 19, primo periodo, della Direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, ai sensi del quale “in caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento a una società di una universalità totale o parziale di beni, gli Stati membri possono considerare che non è avvenuta alcuna cessione di beni e che il beneficiario succede al cedente”.
Ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera b) del DPR n. 633 del 1972, che ha implementato il suddetto articolo 19 della Direttiva n. 2006/112/CE, non sono considerate cessioni di beni “le cessioni e i conferimenti in società o altri enti, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni, che hanno per oggetto aziende o rami di aziendd”.
Per comprendere la ratio di tale disposizione, secondo l’istante, occorre fare riferimento alle sentenze della Corte di Giustizia Europea “Abbey National” C-408/98 (in particolare, dalle conclusioni rese dall’Avvocato Generale – punti 23-24) e “Zita Models” C-497/01 che sostanzialmente, definiscono il primo periodo dell’articolo 19 della Direttiva n. 2006/112/CE come una norma semplificatoria volta ad agevolare i trasferimenti di impresa evitando di gravare la tesoreria del beneficiario di un onere fiscale smisurato.
Infatti, l’applicazione dell’IVA sulla cessione/conferimento di azienda comporterebbe un ingente esborso finanziario da parte del cessionario (in un momento delicato dell’ attività di impresa come il primo anno di attività) che sarebbe, in ogni caso, recuperato tramite la detrazione dell’IVA versata a monte.
Inoltre, come previsto dal primo periodo dell’articolo 19 della Direttiva n. 2006/112/CE, con il trasferimento di azienda si riscontra una continuità ai fini IVA: le posizioni vengono così trasferite al cessionario senza alcun “realizzo” o discontinuità soggettiva. Per tali motivi, non si verifica il presupposto oggettivo ed il cessionario subentra nella posizione del cedente senza soluzione di continuità.
L’istante rappresenta che ai fini fiscali non esiste una definizione di azienda. Occorre quindi fare riferimento alla definizione civilistica ed ai principi espressi dalla Corte di Cassazione, dall’Agenzia delle Entrate ed, ai fini IVA, anche dalle sentenze della Corte di Giustizia Europea.
Per azienda, ai sensi dell’articolo 2555 del Codice Civile, si intende “il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”.
Sul punto, è intervenuta, a più riprese, la giurisprudenza di legittimità la quale ha affermato che il trasferimento di una pluralità di beni costituisce trasferimento di azienda (o ramo di azienda) “laddove l’oggetto specifico sia costituito dalpassaggio dei beni intesi in senso unitario e funzionale, suscettibile di vedersi attribuita ex ante l’attitudine all’esercizio di impresa”. Si è, quindi, in presenza di un trasferimento di azienda non soggetto ad IVA quando “le parti non hanno inteso trasferire una semplice somma di beni, ma un complesso organico unitamente considerato, dotato di una potenzialità produttiva, tale da fare emergere ex ante la complessiva attitudine anche solo potenziale all’esercizio di impresa” (ex. multis, Corte di Cassazione, sentenza n. 24913/2008).
Gli stessi principi sono espressi dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea ” Schrievef C- 444/10, la quale ha affermato che ” affinché si configuri un trasferimento di un ‘azienda o di una parte autonoma di un ‘impresa [..] occorre che il complesso degli elementi trasferiti sia sufficiente per consentire la prosecuzione di un ‘attività economica autonoma”.
Infine, la menzionata sentenza C-497/01 ha precisato che, in caso di cessione di azienda, l’esclusione IVA opera quando il beneficiario del trasferimento ha intenzione di gestire l’azienda e non di liquidare immediatamente l’attività interessata (punti 44 e 46, sentenza C-497/01).
Quindi, alla luce della giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ormai consolidatasi, si è in presenza di una cessione di azienda quando ricorrono congiuntamente i seguenti elementi:
– l’oggetto specifico della cessione sia costituito da beni potenzialmente idonei ad esercitare (o a proseguire) l’attività di impresa;
– è nelle intenzioni delle parti di trasferire un complesso di beni che siano dotati di una potenzialità produttiva.
In merito ai beni da comprendere nel concetto di “azienda, a parere dell’istante, occorre fare riferimento ai principi espressi dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che sono stati ripresi, tra l’altro, anche dall’Agenzia delle Entrate.
In particolare, con la già più volte menzionata sentenza “Zita Models” C-497/01, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affermato che “il trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento ad una società di una universalità totale o parziale di beni deve essere interpretata nel senso che in essa rientra il trasferimento di un ‘azienda o di una parte autonoma di un ‘impresa, compresi gli elementi materiali e, eventualmente, immateriali che, complessivamente, costituiscono un ‘impresa, od una parte di impresa idonea a svolgere un ‘attività economica autonoma, ma non vi rientra la mera cessione di beni quale la vendita di uno stock di prodotti (punti 40 e 46, sentenza C-497-01). Tale sentenza è stata richiamata dalla Risoluzione n. 48/E/2006 a commento del trasferimento di un marchio unitamente ad una cessione di azienda tra due contribuenti. In tale contesto, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, laddove uno Stato Membro abbia implementato l’articolo 19 della Direttiva n. 2006/112/CE e quindi abbia escluso dal campo di applicazione dell’IVA la cessione di azienda (come l’Italia), non sussisterebbe alcuna possibilità di scorporo di taluni beni in sede di qualificazione dell’operazione.
In questo senso, si è espressa, con nota del 16 marzo 2006, anche l’Avvocatura Generale dello Stato, evidenziando che la disposizione contenuta nell’articolo 2, terzo comma, del DPR n. 633 del 1972, in quanto norma speciale, trova applicazione in tutti i casi in cui si realizza il trasferimento di un’azienda o di un ramo della stessa, a prescindere dai beni che la compongono.
In altre parole, come stabilito dalla stessa sentenza C-497/01 della Corte di Giustizia Europea e come confermato dalla prassi con la Risoluzione n. 48/E/2006, in presenza di cessione di azienda, così come definita dal primo periodo dell’articolo 19 della Direttiva n. 2006/112/CE e dall’articolo 2, terzo comma, del DPR n. 633 del 1972:
– devono essere inclusi tutti gli elementi materiali ed immateriali che complessivamente formano un’impresa idonea a svolgere un’attività economica; e
– non sussisterebbe alcuna possibilità di scorporo di taluni beni in sede di qualificazione dell’operazione.
Sulla base degli orientamenti di cui sopra, sembrerebbe, secondo l’istante, che, nel caso di cessione d’azienda, qualora il summenzionato primo periodo dell’articolo 19 della Direttiva n. 2006/112/CE sia stato implementato nello Stato Membro dell’Unione Europea interessato, tale trasferimento sia fuori dal campo di applicazione dell’IVA.
Tuttavia, questa interpretazione deve essere considerata alla luce degli assets effettivamente trasferiti in ciascuno Stato Membro dell’Unione Europea interessato.
Con la Risposta n. 633/E/2020 si è recentemente chiarito che la previsione normativa di cui all’articolo 2, terzo comma, lettera b) del DPR n. 633 del 1972 può essere applicata solamente in caso di beni “trasferiti non semplicemente “in occasione” di una data operazione di ristrutturazione aziendale, ma in modo funzionale alla medesima operazione” e che ” la qualificazione come azienda o ramo d’azienda del complesso dei beni conferiti o rimasti in capo ai soggetti coinvolti nell’operazione descritta nell’istanza, l’apprezzamento degli elementi materiali che qualificano una stabile organizzazione, l’esistenza in Italia delle stabili organizzazioni così come indicate nell’istanza costituiscono questioni di fatto”.
A tale riguardo, secondo l’interpretazione dell’istante, l’Agenzia delle Entrate sembrerebbe sostenere che la previsione normativa di cui all’articolo 2, terzo comma, lettera b) del DPR n.633 del 1972 sia applicabile solamente in caso di cessione/conferimento di azienda esistente in Italia e che, in linea di principio, una cessione/conferimento di azienda esistente in Italia non sia configurabile per società estere che non abbiano una stabile organizzazione in Italia in grado di attrarre i beni al regime d’impresa.
In materia di imposta di registro, l’istante cita l’articolo 2 del DPR n. 131/1986 (Testo Unico delle disposizioni concernenti l’Imposta di Registro) in base al quale “
Sono soggetti a registrazione, a norma degli articoli seguenti:
a) gli atti indicati nella tariffa, se formati per iscritto nel territorio dello Stato;
[■■■]■
b) gli atti formati all’estero [..] che comportano trasferimento della proprietà [..] su beni immobili o aziende esistenti nel territorio dello Stato [..]
Ai sensi della Tariffa, parte prima, articolo 2, gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni diversi dagli immobili e dalle navi ed imbarcazioni sono soggetti ad imposta di registro pari al 3%.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Quesito n. 1
In relazione al primo quesito, l’Istante ritiene che la cessione dei beni che formano le rimanenze di magazzino esistenti in Italia e che saranno inclusi nella cessione d’azienda che avverrà all’estero tra la Società istante e la società GAMMA, dovrebbe essere considerata una cessione di beni autonoma ai sensi dell’articolo 2, primo comma del DPR n. 633 del 1972 e non una parte integrante della cessione di azienda non soggetta ad IVA ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera b), DPR n. 633 del 1972, in quanto non esiste alcuna azienda in Italia poiché:
– solo i beni costituenti le rimanenze di magazzino e nessun altro asset esistente in Italia sarà incluso nel trasferimento dell’azienda all’estero; e
– la Società Istante e la società GAMMA non hanno una stabile organizzazione italiana idonea a configurare l’attrazione dei beni al regime d’impresa in Italia.
Pertanto, considerato che i beni sono esistenti in Italia e non saranno ceduti con trasporto all’estero e che la cessione avverrà tra due società non stabilite in Italia, la cessione delle rimanenze di magazzino in oggetto dovrebbe essere considerata territorialmente rilevante ai fini IVA in Italia ai sensi dell’articolo 7-bis del DPR n. 633 del 1972 e soggetta ad IVA in base all’aliquota applicabile per ciascun bene.
Quesito n. 2
In relazione al secondo quesito, l’Istante ritiene che l’atto in oggetto non sia soggetto a registrazione in quanto non si formerà in Italia.
L’articolo 2 del DPR n. 131/1986 stabilisce che sono soggetti a registrazione gli atti formati all’estero relativi a cessioni di aziende esistenti nel territorio dello Stato.
Di converso, ad opinione della Società, laddove non vi sia un’azienda nel territorio dello Stato, l’atto di cessione non deve essere assoggettato ad imposta di registro.
Nel caso di specie, la Società possiede solo rimanenze di magazzino (i.e. attrezzature per la lavorazione di semiconduttori e pezzi di ricambio) nel territorio dello Stato al momento della cessione. Tali beni, come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità (ex. multis, Corte di Cassazione, Sentenza n. 24913/2008), non possono, di per sé, essere considerati un’azienda in quanto non sono potenzialmente idonei ad esercitare l’attività di impresa.
In altre parole, l’Istante cederà un’azienda esistente in un Paese europeo extra UE (paese nel quale, eventualmente, verrebbe corrisposta l’imposta di registro o tassa equivalente).Pertanto, la Società ritiene che, nel caso di specie, non si debba applicare l’imposta di registro.
Parere dell’Agenzia delle entrate
L’articolo 19 della Direttiva n. 2006/112/CE, del 28 novembre 2006, in cui è stato rifuso l’articolo 5 n. 8 della Direttiva n. 77/388/CEE, del 17 maggio 1977, prevede che “In caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento a una società di una universalità totale o parziale di beni, gli Stati membri possono considerare che non è avvenuta alcuna cessione di beni e che il beneficiario succede al cedente”.
La norma in commento conferisce agli Stati membri UE la facoltà di prevedere l’irrilevanza, ai fini IVA, delle operazioni straordinarie (fusioni, scissioni, conferimenti) attraverso cui la società dante causa trasferisce alla avente causa il complesso dei rapporti attivi e passivi di cui ha la titolarità, realizzando una continuità dell’attività aziendale.
L’Italia si è avvalsa dell’opzione recependo tale indicazioni nell’articolo 2, terzo comma, lettere b) e f) del DPR n. 633 del 1972, a mente del quale non sono considerate cessioni di beni “le cessioni e i conferimenti in società o altri enti, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni, che hanno per oggetto aziende o rami di azienda” (lettera b) e “i passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni di società e di analoghe operazioni poste in essere da altri enti (lettera f).
La nozione di azienda rilevante ai fini in esame coincide con quella prevista dalla disciplina civilistica, anche alla luce dei numerosi contributi mutuati dalla giurisprudenza comunitaria e di legittimità.
Si ricorda, infatti, che l’articolo 2555 del codice civile qualifica l’azienda come ” il complesso dei beni organizzato dell’imprenditore per l’esercizio dell’impresd”.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza “Zita Models” C- 497/01, ha affermato che “il trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento a una società di una universalità totale o parziale di beni deve essere interpretata nel senso che in essa rientra il trasferimento di un’azienda o di una parte autonoma di un’impresa, compresi gli elementi materiali e, eventualmente, immateriali che, complessivamente, costituiscono un’impresa, o una parte di impresa idonea a svolgere un’attività economica autonoma, ma non vi rientra la mera cessione di beni quale la vendita di uno stock di prodotti (punto 40 sentenza C-497-01).
La Corte di Giustizia UE, inter alia, nella sentenza 10 novembre 2011, C-444/10, ha stabilito che: “la nozione di «trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento in una società di una universalità totale oparziale di beni» [….] costituisce una nozione autonoma del diritto dell’Unione che deve ricevere un ‘interpretazione uniforme in tutta l’Unione. In mancanza di una definizione di tale nozione nella sesta direttiva o di un espresso richiamo al diritto degli Stati membri, il suo senso e la sua portata devono essere ricercati tenendo conto del contesto della disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi”. [….] “Eproprio alla luce del contesto dell’art. 5 n. 8 della sesta direttiva e dello scopo perseguito da quest’ultima che la Corte ha ritenuto che la predetta disposizione è diretta a consentire agli Stati membri di agevolare i trasferimenti di imprese o di parti di imprese, semplificandoli ed evitando di gravare la tesoreria del beneficiario di un onere fiscale smisurato, che sarebbe, in ogni caso, recuperato ulteriormente mediante detrazione dell’IVA versata a monte”.
Pertanto, “…la regola della non avvenuta cessione enunciata all’art. 5 n 8 della stessa direttiva costituisce una nozione autonoma del diritto comunitario che mira ad evitare divergenze nell’applicazione da uno Stato membro all’altro del sistema dell’IVA” (punto 33 sentenza C-497-01).
In merito alla distinzione tra una cessione di azienda e una mera cessione di beni, i giudici comunitari ritengono che: “occorre effettuare una valutazione globale delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione di cui trattasi per determinare se essa rientri nella nozione di trasferimento di un ‘universalità di beni, ai sensi della sesta direttiva. In tale ambito deve essere accordata particolare importanza alla natura dell’attività economica che si intende proseguire”. (punto 32 sentenza C- 444/10)
I principi elaborati dalla Corte di Giustizia UE sono stati recepiti anche dalla Corte di Cassazione. In particolare, nella sentenza 10 ottobre 2008, n. 24913 è stato chiarito che si ha cessione d’azienda quando oggetto del trasferimento, anche nelle intenzioni delle parti, è un complesso organico unitariamente considerato, per il quale emerga ex-ante la complessiva attitudine anche solo potenziale all’esercizio di impresa, ovverosia quando “i beni strumentali ceduti siano atti, nel loro complesso e nella loro interdipendenza, all’esercizio di una impresa (anche se non si richiede che tale esercizio sia attuale, essendo sufficiente l’attitudine potenziale all’utilizzo per un ‘attività d’impresa, né che la cessione comprenda anche le relazioni finanziarie, commerciali e personali)”.
Con riferimento all’esatta qualificazione dell’operazione, la Corte, nella sentenza in commento, ha precisato che/ “a fini fiscali, per la qualificazione di un atto di trasferimento come cessione di azienda, non rileva la circostanza che i singoli beni aziendali siano stati ceduti globalmente o con più atti separati, né la circostanza che il cedente sia un soggetto non munito di autorizzazioni all’esercizio dell’attività dell’azienda, e nemmeno la circostanza che, al momento della cessione, l’azienda fosse concretamente esercitata, perché rileva unicamente la causa reale del negozio e la regolamentazione degli interessi effettivamente perseguiti dai contraenti: dette causa e regolamentazione, come ovvio, possono essere desunte esclusivamente dalla lettura delle conferenti disposizioni negoziali intervenute tra ipaciscenti. (fr., ex multis, Cassazione, sentenze n. 13580/2007, n. 9162/2010, n. 9575/2016, n. 33495/2018)
Con vari documenti di prassi, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che il riferimento al concetto di “azienda” va inteso in senso ampio, comprensivo cioè anche delle cessioni di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa. “Va precisato, comunque, che la cessione deve riguardare l’azienda o il complesso aziendale nel suo insieme, quindi quale universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico – economici suscettibili di consentire l’esercizio dell’attività di impresa e non i singoli beni che compongono l’azienda stessa” (così, testualmente, la Circ. Min. Finanze n. 320 del 19 dicembre 1997 e, in senso conforme, ex multis, le Risoluzioni 3 aprile 2006, n. 48/E, 13 dicembre 2007, n. 371/E, 31 ottobre 2008, n. 417/E, 10 aprile 2012, n.33/E).
La norma comunitaria postula che il complesso aziendale oggetto del trasferimento in conseguenza di una operazione straordinaria sia situato nel territorio di uno Stato membro e che tale Stato abbia optato per l’introduzione del regime di esclusione da IVA in commento.
Tale interpretazione è consequenziale alla natura opzionale del regime previsto dall’articolo 19 della Direttiva e ne conferisce anche un senso logico.
Anche nel caso in cui uno Stato si sia avvalso di tale opzione, il trattamento da riservare ai fini IVA è condizionato al fatto che siano verificati in via preliminare i presupposti oggettivo, soggettivo e territoriale richiesti dalla Direttiva n. 112 del 2006. La corretta verifica del requisito della territorialità implica che la norma sia applicata da ciascuno Stato membro (che abbia optato per l’introduzione del regime in commento) con riferimento alle operazioni che abbiano ad oggetto il trasferimento di una universalità totale o parziale di beni esistente nello Stato stesso.
Ciò premesso, dall’istanza emerge che l’operazione di cessione coinvolge due soggetti (cedente e cessionario) stabiliti in due diversi Paesi al di fuori della UE ed ha ad oggetto un complesso aziendale situato nel Paese del cedente.
Come riportato dall’Istante, gli unici beni esistenti in Italia che saranno inclusi nel trasferimento dell’azienda sono delle rimanenze di magazzino (i.e. attrezzature per la lavorazione di semiconduttori e pezzi di ricambio). Inoltre né la Società né la società GAMMA hanno una stabile organizzazione in Italia, che potrebbe consentire di attrarre i beni in questione nel regime d’impresa.
Se ne deduce, pertanto, che non è individuabile, in Italia, la sussistenza di un complesso aziendale ai sensi dell’articolo 19 della Direttiva IVA e che in relazione ai beni presenti in Italia trasferiti dall’istante alla società GAMMA, quale cessionaria del complesso aziendale situato in un Paese europeo non facente parte della UE, non possa ritenersi applicabile il regime di neutralità, previsto per la cessione d’azienda o di ramo d’azienda, di cui all’articolo 2, terzo comma, lettera b), del DPR n. 633 del 1972.
Come dichiarato dalla Società, infatti, i beni situati in Italia costituiscono un mero stock di magazzino privo di autonoma capacità produttiva.
In sintesi, pertanto:
– solo le rimanenze di magazzino e nessun altro asset esistente in Italia saranno coinvolte nel trasferimento dell’azienda all’estero;
– né l’Istante né la cessionaria GAMMA hanno una stabile organizzazione italiana idonea a configurare l’attrazione dei beni al regime d’impresa in Italia;
– i beni presenti in Italia non saranno ceduti con trasporto all’estero.
In base a tali considerazioni, la Scrivente ritiene che la cessione di tali beni alla società GAMMA da parte dell’Istante, ai sensi dell’articolo 7-bis) del DPR n. 633 del 1972 è da considerarsi territorialmente rilevante ai fini IVA in Italia come autonoma cessione di beni, ai sensi dell’articolo 2, primo comma del DPR n. 633 del 1972, secondo il quale “costituiscono cessioni di beni gli atti a titolo oneroso che importano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere”.
Con riferimento al quesito n. 2) relativo all’imposta di registro, si rappresenta che l’articolo 40, primo comma, del DPR 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito, “TUR”) prevede che: “Per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta si applica in misura fissa. Si considerano soggette all’imposta sul valore aggiunto anche le cessioni e le prestazioni tra soggetti partecipanti a un gruppo IVA, le cessioni e le prestazioni per le quali l’imposta non è dovuta a norma degli articoli da 7 a 7-septies del decreto del Presidente della Repubblica26ottobre 1972, n. 633 (..)”.
Tanto premesso, alla luce di quanto sopra delineato, alla prospettata operazione non trova applicazione l’imposta proporzionale di registro.
Nel caso di specie, si osserva inoltre che, secondo quanto precisato nell’istanza, l’atto di trasferimento non si formerà in Italia.
Con riferimento agli atti formati all’estero, in linea generale, occorre far riferimento all’articolo 2, lettera d) del TUR, secondo cui sono soggetti a registrazione: “d) gli atti formati all’estero, compresi quelli dei consoli italiani, che comportano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di altri diritti reali, anche di garanzia, su beni immobili o aziende esistenti nel territorio dello Stato e quelli che hanno per oggetto la locazione o l’affitto di tali beni. “
Nel caso di specie, tale ultima disposizione non può trovare applicazione dal momento che non è esistente in Italia alcun complesso aziendale.
Pertanto, l’atto in oggetto, formato all’estero, non è soggetto ad obbligo di registrazione ai fini dell’imposta di registro.
Al riguardo, occorre, però, rilevare anche che l’articolo 11 della Tariffa, Parte Seconda, allegata al TUR, che individua gli atti soggetti a registrazione solo in caso d’uso, prevede, per gli “atti formati all’estero diversi da quelli indicati alla lettera d) dell’art. 2 del Testo Unico: a) che se formati nello Stato sarebbero soggetti all’imposta fissa ai sensi dell’art. 40 del Testo Unico”, l’applicazione dell’imposta fissa di registro di Euro 200,00.
Conseguentemente, nel momento in cui si verifica il caso d’uso, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 6 del TUR, l’atto di cessione oggetto del quesito andrà registrato con l’applicazione dell’imposta fissa di registro.
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