AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 22 luglio 2019, n. 294
Interpello articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Articolo 2 TUIR – Residenza fiscale di un soggetto che abitualmente vive in Svizzera con famiglia residente in Italia
Quesito
Il signor X (di seguito, anche “Istante” o “Contribuente”) dichiara di essere residente in Svizzera e di volersi trasferire con la famiglia, di cui fanno parte la moglie e tre bambini, nella sua casa per le vacanze situata nella frazione Acquaseria di San Siro (CO), precisando che tale trasferimento avverrebbe a partire dal 2020 e per un periodo indefinito.
In particolare, l’Istante evidenzia che la moglie e i figli intendono trasferire la residenza in Italia, con l’iscrizione all’Anagrafe del Comune di San Siro.
Il Contribuente fa presente, inoltre, che nei prossimi anni i figli dovrebbero frequentare l’asilo a Menaggio e che la moglie non intende lavorare per i prossimi due o tre anni.
Tuttavia, l’Istante precisa che resterà in Svizzera come dipendente di un’azienda ivi stabilita e soggiornerà tre giorni lavorativi a settimana (dal mercoledì al venerdì) in Svizzera per motivi di lavoro e di studio.
Il Contribuente dichiara che il suo datore di lavoro svizzero gli consentirà di lavorare a distanza da casa. 2
In sostanza, l’Istante intende stare dal sabato al martedì con la famiglia e lavorare dalla casa per le vacanze a San Siro, evitando, tuttavia, di soggiornare per più di 183 giorni all’anno in Italia.
Ciò posto, il Contribuente chiede un parere in merito al trattamento fiscale applicabile al proprio reddito prodotto a partire dal 2020
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Sulla base del trattato contro le doppie imposizioni l’Istante ritiene che non diventerà residente fiscale in Italia, ma rimarrà residente fiscale in Svizzera, Stato dove attualmente vive.
Parere dell’agenzia delle entrate
In via preliminare, si evidenzia come l’accertamento dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale costituisca una questione di fatto che non può formare oggetto di istanza di interpello, ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000.
Si rammenta, infatti, quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, con cui sono state commentate le novità introdotte dal decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156 (di seguito D.lgs. n. 156/2015).
Nel suddetto documento di prassi la scrivente Agenzia, citando la relazione illustrativa al D.lgs. n. 156/2015 nella quale si legge che “l’interpello qualificatorio, al pari dell’interpello ordinario, non può comunque avere ad oggetto accertamenti di tipo tecnico. Non potrà, quindi, correttamente qualificarsi istanza di interpello quella tesa ad ottenere accertamenti di fatto (…) esperibili esclusivamente nelle sedi proprie”, precisa che, con tale passaggio, il legislatore ha inteso escludere dall’area dell’interpello le fattispecie “in cui, più che rilevare l’aspetto qualificatorio, rileva il mero appuramento del fatto (cd. 3 accertamenti di fatto)” tra le quali anche le problematiche collegate alla residenza delle persone fisiche, di cui all’articolo 2 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. del 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito TUIR).
Pertanto, il presente parere è diretto a fornire chiarimenti di carattere generale sugli aspetti giuridici concernenti la fattispecie rappresentata.
Al riguardo, si osserva, in primo luogo, che nell’ordinamento interno italiano, al fine di stabilire la residenza fiscale delle persone fisiche, occorre fare riferimento alla nozione contenuta nell’articolo 2, comma 2, del TUIR, in base al quale si considerano residenti “le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”.
Le tre condizioni sopra citate sono tra loro alternative, essendo sufficiente che sia verificato uno solo dei predetti requisiti affinché una persona fisica venga considerata fiscalmente residente in Italia e, viceversa, solo quando i tre presupposti della residenza sono contestualmente assenti nel periodo d’imposta di riferimento (cioè negli anni solari considerati) una persona fisica può essere ritenuta non residente nel nostro Paese.
Ciò implica che, indipendentemente dalla iscrizione nella anagrafe della popolazione residente, assume fondamentale importanza, ai fini della qualificazione fiscale del medesimo quale soggetto residente in Italia, la verifica della sussistenza di almeno uno dei restanti requisiti (residenza e domicilio).
In tal caso occorre rifarsi alle nozioni civilistiche di residenza e di domicilio.
La residenza è definita dal codice civile come “il luogo in cui la persona ha la dimora abituale”. Essa è determinata dall’abituale volontaria dimora di una persona in un dato luogo, sicché concorrono ad instaurare tale relazione giuridicamente rilevante sia il fatto oggettivo della stabile permanenza in quel luogo sia l’elemento soggettivo della volontà di rimanervi. Cosicché l’abitualità della dimora permane qualora il soggetto lavori o svolga altre attività al di fuori del comune di residenza (del territorio dello Stato), purché conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e mostri l’intenzione di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali (cfr. Circ. 14 marzo 1986, n. 1738).
Il domicilio di una persona, invece, coincide con “la sede principale dei suoi affari ed interessi” a prescindere dalla presenza effettiva in tale luogo. La locuzione in esame deve intendersi in senso ampio, comprensivo non solo di rapporti di natura patrimoniale ed economica ma anche morali, sociali e familiari (cfr. Circ. 26 ottobre 1968, n. 3586; Circ. 12 febbraio 1973, n. 435).
In merito ai citati requisiti si rammenta che la giurisprudenza italiana ha inteso dare particolare rilievo, quale criterio di individuazione della residenza fiscale di una persona fisica, al luogo nel quale sono prioritariamente localizzati gli interessi economici ed affettivi della persona, partendo dalla sfera delle relazioni personali, intese come vincoli familiari (cfr. inter alia Sentenze della Corte di Cassazione, Sezione V, n. 9723/2015 e n. 12311/2016).
Per completezza, si osserva che, in caso di contestuale residenza fiscale italiana e svizzera, in virtù dell’applicazione al caso di specie delle vigenti normative interne, si verrebbe a determinare un conflitto di residenza tra i due Paesi che deve essere risolto facendo ricorso alle disposizioni della Convenzione tra Italia e Svizzera per evitare le doppie imposizioni sul reddito, ratificata con legge 23 dicembre 1978, n. 943 (di seguito la Convenzione o il Trattato internazionale) che stabilisce come deve essere ripartito il potere impositivo fra i due Stati contraenti.
Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della Convenzione l’espressione “residente di uno Stato contraente” “designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato, a motivo del suo domicilio, della sua residenza (…) o di ogni altro criterio di natura analoga”. Pertanto, in base alla normativa convenzionale, ciascuno Stato individua i propri residenti fiscali in base alle leggi domestiche. 5
Ai sensi del successivo paragrafo 2 del citato articolo 4, qualora una persona fisica risulti residente di entrambi gli Stati, la stessa è considerata, innanzitutto, residente nello Stato in cui dispone di un’abitazione permanente e, in subordine (laddove disponga di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati), la residenza di una persona fisica è determinata secondo i seguenti criteri residuali disposti in ordine decrescente:
– ubicazione del centro degli interessi vitali (la persona fisica che dispone di un’abitazione principale in entrambi gli Stati sarà considerata residente nel Paese nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette);
– dimora abituale (ove non sia possibile individuare la residenza del contribuente in base ai due criteri sopra citati, una persona fisica sarà considerata residente dello Stato in cui soggiorna abitualmente);
– nazionalità della persona fisica (quando i primi tre criteri non sono dirimenti, il contribuente sarà considerato residente dello Stato contraente la Convenzione di cui possiede la nazionalità);
– quando, infine, una persona fisica ha la nazionalità di entrambi i Paesi o di nessuno di essi, gli Stati contraenti la Convenzione risolveranno la questione di comune accordo.
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