AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 09 maggio 2019, n. 136
Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018
Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente
Quesito
[ALFA] (di seguito istante), in sintesi fa presente di essere stata destinataria di un atto di recupero del credito IVA che era stato utilizzato, nel dicembre 2007, per definire in adesione gli avvisi di accertamento riferiti ai periodi d’imposta 2002, 2003 e 2004.
Detto atto di recupero è stato impugnato; la controversia, dopo due gradi di giudizio favorevoli all’istante, è pendente davanti alla Corte di cassazione.
Nelle more del giudizio di legittimità è entrata in vigore la definizione agevolata delle controversie tributarie prevista dall’articolo 11 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, alla quale l’istante ha aderito corrispondendo, tuttavia, i soli interessi da ritardata iscrizione a ruolo (oltre agli interessi da rateazione). A causa del mancato versamento anche degli importi indebitamente compensati, risultanti dall’atto di recupero del credito, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che la definizione agevolata non si fosse perfezionata. Pertanto, ha notificato il diniego della stessa, successivamente impugnato dinanzi alla Corte di cassazione, con giudizio ancora pendente.
Poste tali premesse, l’istante ritiene di poter definire in via agevolata la controversia concernente l’atto di recupero del credito IVA avvalendosi delle disposizioni previste dall’articolo 6 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, versando una somma pari al 5 per cento del valore della controversia. In caso di definizione, l’istante rinuncerebbe alla causa instaurata avverso il suddetto atto di diniego della definizione agevolata della controversia ai sensi dell’articolo 11 del decreto-legge. n. 50 del 2017.
A tal fine, chiede di sapere se sia possibile:
– scomputare dalle somme dovute la corrispondente parte delle somme versate in occasione della precedente definizione agevolata. Considerato che queste ultime sono maggiori rispetto all’importo lordo dovuto per la (nuova) definizione, non vi sarebbe alcun versamento da effettuare;
– ottenere il rimborso della differenza delle somme versate in occasione della precedente definizione agevolata della controversia.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, l’istante è dell’avviso che la definizione agevolata della controversia si perfezioni mediante il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della stessa, ai sensi del comma 2-ter del citato articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018.
Ritiene, inoltre, che le somme indebitamente versate in pendenza di giudizio per la definizione agevolata di cui all’articolo 11 del decreto-legge n. 50 del 2017, non perfezionatasi, possano essere scomputate dai corrispondenti importi dovuti per la (nuova) definizione agevolata, secondo quanto previsto dal primo periodo del comma 9 dell’articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018.
Infine, a parere dell’istante, le residue somme versate in occasione della precedente definizione non rientrano tra quelle che non possono formare oggetto di restituzione ai sensi del comma 9, secondo periodo, del citato articolo 6, trattandosi di importi che, per effetto del provvedimento di diniego della (precedente) definizione agevolata, sono da considerare a tutti gli effetti come indebitamente versati. Di conseguenza, ritiene possibile ottenerne la restituzione.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018, che disciplina la definizione agevolata delle controversie tributarie, al comma 1 dispone che “Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546”.
Il successivo comma 2-ter stabilisce a sua volta che “Le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, per le quali l’Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia”.
Sulla definizione agevolata sono stati forniti chiarimenti con la circolare del 1° aprile 2019, n. 6/E.
In particolare, in tale sede è stato precisato che sono definibili in via agevolata anche le controversie aventi ad oggetto atti di recupero dei crediti d’imposta indebitamente utilizzati. Si è ritenuto, infatti, “che gli atti di recupero dei crediti d’imposta indebitamente utilizzati rientrino nel novero degli atti impositivi e che, quindi, le relative controversie possano formare oggetto di definizione agevolata” (cfr. par. 2.3, nota 12, della circolare n. 6/E del 2019).
Posta, quindi, la definibilità delle controversie aventi ad oggetto gli atti di recupero dei crediti d’imposta, nel caso oggetto di interpello, in cui l’Agenzia delle entrate è – secondo quanto affermato dall’istante – integralmente soccombente in primo e in secondo grado e la controversia risulta pendente davanti alla Suprema Corte alla data di entrata in vigore della legge di conversione n. 136 del 2018 (19 dicembre 2018), l’istante può definire la controversia con il pagamento del 5 per cento del relativo valore, ai sensi del citato comma 2-ter dell’articolo 6 del decretolegge n. 119 del 2018.
Ciò detto, il comma 9 del citato articolo 6 dispone che dagli importi dovuti per la definizione “si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio” e, di conseguenza, si ritiene che l’importo versato dall’istante per la precedente definizione agevolata (ex articolo 11 del decreto-legge n. 50 del 2017), poi non perfezionata, sia scomputabile dall’importo lordo dovuto per l’attuale definizione.
Ammessa la detraibilità di cui si tratta, va applicato anche il principio dettato dal comma 9, secondo periodo, dell’articolo 6, secondo cui “la definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione”.
A seguito del perfezionamento della definizione della controversia ai sensi dell’articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018, il contribuente può rinunciare al ricorso avverso il diniego della precedente definizione oppure l’ufficio può chiedere la cessata materia del contendere essendo venuto meno l’interesse alla lite.
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