La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 25701 del 15 novembre 2013 intervenendo in tema imponibilità IVA ha affermato che i compensi percepiti dagli associati in partecipazione per le prestazioni lavorative non sono imponibili ai fini IVA.
La vicenda ha avuto origine a seguito di un processo verbale di constatazione, ricevette un avviso di accertamento col quale l’Agenzia delle Entrate gli contestò di non aver emesso fatture per operazioni imponibili e di non aver presentato la dichiarazione annuale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto in relazione alle attività da lui svolte in favore di una s.p.a. in esecuzione di un contratto di associazione in partecipazione, irrogandogli altresì le relative sanzioni.
Il contribuente impugnò l’atto impositivo con ricorso inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale i cui giudici respinsero le doglianze del ricorrente. La società impugno la sentenza del giudice di prime cure dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale che accoglieva l’appello dei ricorrenti.
L’Amministrazione Finanziaria avverso la decisione della CTR propone ricorso, basandolo su un unico motivo di censura, alla Corte Suprema. In particolare l’Agenzia delle Entrate si duoleva della violazione degli articoli 1 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972, degli articoli 44 e 53 del decreto del Presidente della Repubblica numero 917 del 1986 e dell’articolo 5 del decreto legge numero 282 del 2002, sostenendo che siano assoggettate ad IVA tutte le prestazioni di lavoro fomite come unico apporto dall’associato in partecipazione prima dell’entrata in vigore dell’articolo 5 del decreto legge numero 282 del 2002, al quale non può essere assegnata efficacia retroattiva.
Gli Ermellini ribadiscono che , anche nel regime antecedente all’interpolazione dell’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972, dovuta all’articolo 5, comma I bis, del decreto legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, numero 27, non era possibile reputare assoggettabile ad iva la quota di utili percepita dall’associato chiamato a prestare attività lavorativa in seno al contratto di associazione in partecipazione e ciò in ragione dell’assimilazione della prestazione dell’attività lavorativa dell’associato al conferimento in associazione, equiparabile sotto il profilo fiscale, alla distribuzione degli utili fra i soci.
Pertanto l’associato non è tenuto ai relativi adempimenti, quali emissione di fatture e dichiarazione annuale. La soggettività passiva ai fini Iva è esclusa in forza della considerazione che il rischio d’impresa è in capo all’associante e non all’associato e quindi non si configura attività imprenditoriale e professionale.
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