L’Agenzia delle Entrate in risposta alla direzione del contenzioso, in tema imposta di registro per gli atti giudiziari, ha chiarito con la risoluzione n. 46/E del 5 luglio 2013 le modalità di determinazione della base imponibile dell’imposta di registro con riferimento agli atti giudiziari nei quali siano enunciati atti di assunzione di garanzie reali o personali formati per corrispondenza, consentendo così, agli uffici un corretto orientamento nella gestione delle controversie in esame.
Gli atti di garanzia, ai fini dell’imposta di registro, formati per corrispondenza ed enunciati in un provvedimento giudiziario richiesto dal creditore a tutela del proprio diritto di credito, devono essere tassati (con l’aliquota dello 0,50 per cento) limitatamente alla parte degli stessi che, non avendo ancora trovato esecuzione, sia ancora espressiva di attuale capacità contributiva. Tale importo coincide, con la parte di credito per la cui esecuzione è stato attivato il procedimento giudiziario e quindi, con il valore del credito il cui pagamento sia stato “ingiunto” al debitore e al fideiussore tramite l’atto giudiziario.
L’Agenzia delle Entrate ha fornito i chiarimenti a seguito delle diverse posizioni della giurisprudenza che, con alcune pronunce di merito e di legittimità aveva riconosciuto l’applicazione del tributo alla sola parte dell’atto enunciato non ancora eseguita, mentre con altre, aveva sostenuto che la base imponibile su cui calcolare l’imposta dovesse essere l’intera somma garantita (Cassazione, sentenza 6585/2005). L’Agenzia evidenzia che gli atti costitutivi di garanzie reali o personali a favore di terzi, ai sensi dell’art. 6 della tariffa, parte I, sono soggetti a registrazione in termine fisso e con l’applicazione dell’aliquota dello 0,50% sulla base imponibile rappresentata dalla somma garantita. Se però tali atti sono formati per corrispondenza, l’art. 2, comma 1, lett. a), della parte II della tariffa prevede l’obbligo di registrazione solo in caso d’uso, ferma l’applicazione dell’imposta predetta.
Quando l’atto è formato per corrispondenza, ma è enunciato in un atto dell’autorità giudiziaria, di regola un decreto ingiuntivo che condanna debitore principale e fideiussore al pagamento, trova ingresso l’art. 22, comma 3, del Tur, il quale stabilisce che se l’atto giudiziario enuncia un atto non soggetto a registrazione in termine fisso, la base imponibile va determinata considerando solo la parte dell’atto enunciato “non ancora eseguita”. La Corte costituzionale, in merito, con sentenza n. 7 del 21/1/1999, ha statuito che quest’ultima disposizione garantisce il necessario collegamento fra il momento dell’imposizione e l’attualità della capacità contributiva espressa dall’atto enunciato, assoggettando all’imposta, solo la parte dell’atto enunciato in giudizio che non sia ancora eseguita. A seguito di ciò, l’Agenzia conclude che si deve tassare solo la prestazione non ancora eseguita, ovvero, la parte di credito per la cui esecuzione è stato attivato il procedimento.
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